PANSA, Alberto
PANSA, Alberto. – Nacque a Torino l’8 febbraio 1844 da Giuseppe e da Carolina Pirondi, originaria di Reggio nell’Emilia, figlia dell’esule Prospero e sorella del medico-patriota Siro Pirondi.
Laureatosi il 24 novembre 1863 in giurisprudenza presso l’Università di Torino, Pansa fu ammesso al ministero degli Affari esteri con la qualifica di volontario, in seguito a concorso, nel febbraio 1865.
Entrato al ministero durante gli anni ‘fiorentini’, quando venne progressivamente meno il nucleo storico della diplomazia cavourriana, soprattutto nella carriera interna, Pansa fu tra quei giovani diplomatici reclutati per concorso che si collocarono nel cerchio ristretto dell’amministrazione, mantenendosi legati alla tradizione diplomatica della Destra storica.
In stretti rapporti con Giacomo Malvano fin dagli anni scolastici, Pansa fu subito segretario di Emilio Visconti Venosta nel periodo del secondo mandato di questi come ministro degli Esteri, dal giugno 1866 all’aprile 1867. Ebbe poi modo di proseguire il suo percorso formativo in seno al nucleo storico della diplomazia piemontese e moderata. Con l’arrivo della Sinistra al governo (1876), Pansa fu vicino a quei funzionari che garantirono continuità nelle linee di politica estera, come Giuseppe Tornielli Brusati di Vergano e Carlo Alberto Maffei di Boglio. Negli anni in cui questi due funzionari si alternarono nella carica di segretario generale del ministero degli Affari esteri, la carriera di Pansa conobbe una svolta decisiva: fu infatti trasferito nella carriera diplomatica con il grado di segretario di legazione, ruolo con il quale nel maggio 1879 fu inviato a Bucarest. Nel dicembre dello stesso anno svolse la funzione di incaricato d’affari a Belgrado, sede in cui trovò come capo missione Tornielli, con il quale fu anche a Bucarest nel 1881.
Dal gennaio a giugno di quell’anno Pansa fu incaricato presso l’ambasciata a Berlino durante i lavori della conferenza di Costantinopoli per gli affari in Grecia. In quell’occasione ebbe modo di farsi apprezzare da Edoardo de Launay, il decano della diplomazia italiana, e di conoscere Luigi Corti, che ritrovò a Costantinopoli, sede raggiunta per la prima volta nel 1883.
Quella di Costantinopoli si trasformò in un’esperienza oltremodo formativa anche per le numerose assenze del capo missione, afflitto da problemi di salute, di cui fu il più stretto collaboratore.
Nel 1884 Pansa sposò la contessa Maria Gigli Cervi (1867-1960), figlia del ciambellano del duca di Parma, che dedicò le sue memorie di ‘ambasciatrice’ al figlio Mario, anch’egli entrato nella carriera diplomatica, suggellata nel 1937 dal matrimonio con la statunitense Jane Sanford (erede del ricco uomo d’affari e membro del Congresso John Sanford), ma interrotta bruscamente da un incidente in mare che gli costò la vita nel 1946.
Dopo una breve esperienza come reggente del consolato di Budapest, promosso nel gennaio del 1888 consigliere di legazione, nel novembre del 1889 Pansa fu a Pechino con il grado di inviato straordinario e ministro plenipotenziario. La nuova destinazione ebbe carattere ‘punitivo’, appartenendo Pansa al fronte moderato della diplomazia italiana particolarmente inviso a Francesco Crispi, di cui facevano parte anche Malvano – non a caso inviato anche lui in Estremo Oriente, a Tokyo, sebbene non raggiungesse mai la sede – e Luigi Corti, un altro dei maestri di Pansa, rimosso da Londra.
Nel febbraio del 1892, durante il breve periodo di lontananza di Crispi dal potere, Pansa fu promosso inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe. Di seguito, nell’ottica di pacificazione tra sfere governative e alta diplomazia che caratterizzò l’ultimo gabinetto Crispi, fu destinato dal ministro Alberto Blanc prima al Cairo come console generale nella delicata fase che precedette la disfatta di Adua del 1896, e poi con credenziali da ambasciatore nel 1895 a Costantinopoli, sede in cui rimase fino al 1901. Qui ebbe modo di affermarsi come uno dei più apprezzati diplomatici d’Europa, nel momento in cui già si scorgeva evidente la crisi irreversibile dell’Impero ottomano. Fu testimone delle stragi cristiane a Candia, quindi della questione di Creta e del conflitto turco-greco del 1897, nonché dei massacri perpetrati nei confronti della comunità armena.
Pansa fece parte con ruolo attivo di quel gruppo di diplomatici delle grandi potenze che fecero pressioni sulla Sublime Porta per una politica di riforme capace di garantire il ripristino dell’ordine interno allo scopo di mantenere lo status quo. Alla fine della sua missione, il 3 aprile 1901 espose in un lungo rapporto al ministro Giulio Prinetti la situazione interna dell’Impero ottomano, non nascondendo il rischio degli effetti di una sua deflagrazione sullo scacchiere europeo. In particolare, raccomandava all’allora responsabile degli Affari esteri che l’Italia avrebbe dovuto «evitare quegli atti che sia pure indirettamente possono contribuire a menomare ciò che resta dell’antico prestigio dell’Impero Ottomano» (I documenti diplomatici italiani, s. 3, V, 1896-1907, Roma 1979, p. 103).
Dopo che il suo nome era circolato come quello di possibile ministro degli Esteri, Pansa fu destinato da Prinetti a Londra nel marzo 1901 con credenziali di ambasciatore, e nell’agosto fu promosso inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe. La prestigiosa sede gli era già stata offerta da Visconti Venosta qualche anno prima, ma Pansa, sfidando il disappunto del vecchio maestro, aveva rifiutato per non ostacolare l’amico Tornielli, al quale tuttavia fu poi preferito Francesco De Renzis. La destinazione londinese si spiegava alla luce del fatto che Pansa aveva fatto parte del nucleo di diplomazia della Destra storica, in particolare sintonia con Tornielli, che si era semplicemente adattato alla realtà della Triplice alleanza, in realtà mai amata.
Come Visconti Venosta, Pansa condivideva la necessità per l’Italia di recuperare buoni rapporti con la Francia, anche dopo lo ‘schiaffo’ di Tunisi del 1881, e con la Gran Bretagna, che, alla fine della sua missione londinese, scrivendo il 20 marzo 1906 al ministro Francesco Guicciardini definì «la sola nazione straniera dove esiste una naturale e disinteressata simpatia pel nostro Paese» (Roma, Ministero degli Affari esteri, Arch. stor. diplomatico, Carte A. P., b. 5).
Pansa lavorò con grande mestiere, e si dimostrò l’uomo giusto per conseguire la cosiddetta ‘intesa mediterranea’, di cui atto importante fu lo scambio di note fra Prinetti e lord Henry Lansdowne del 12 marzo 1902 con cui la Gran Bretagna riconosceva il diritto dell’Italia a occupare eventualmente la Tripolitania, condizionandolo a un impegno non ostile nel Mediterraneo.
Quando la politica estera di Giovanni Giolitti conobbe un cambio di marcia in direzione più espansionistica, la presenza di Pansa a Londra fu considerata non più confacente agli scopi. Fu giudicato troppo filoinglese negli ambienti politici che puntavano a una maggiore influenza italiana in Africa, rimanendo ancora in sospeso le trattative sull’Etiopia, sulle quali egli non si era, in effetti, impegnato. Mentre Giolitti nel 1905 lo nominava senatore, emerse una netta divergenza di vedute con Tommaso Tittoni, che lo sostituì come ambasciatore a Londra nel marzo del 1906 e si impegnò proprio sulla questione etiopica. La sostituzione di Pansa, avvenuta senza essergli stata preannunciata, destò sorpresa negli ambienti governativi inglesi, ma si spiegava con il suo permanere su una linea di prudenza e di moderazione, scettica nei confronti di improvvisate fughe in avanti. Dopo la sua partenza, fino al 1910, la sede di Londra fu blindata dall’elemento politico, succedendo in quella sede Antonino Paternò Castello di San Giuliano a Tittoni, con il quale Pansa fu ugualmente in divergenza di vedute.
Chiese di andare a riposo già nel 1910, ma la spinta decisiva gli fu offerta dalla decisione di entrare in guerra contro la Turchia per la conquista di Tripoli, cui si oppose, coerente a quanto scritto nella memoria a Prinetti dell’aprile 1901.
Collocato a riposo alla fine di novembre del 1912, Pansa si ritirò con la moglie nell’amata residenza reggiana di Ca’ del Vento, dove nel 1883 aveva rilevato dal Comune di Viano un vasto appezzamento per costruirvi una villa signorile, che ospitava una vasta raccolta di album fotografici e di oggetti preziosi acquistati da lui e dalla consorte, appassionati collezionisti, durante i loro numerosi viaggi e spostamenti per il mondo.
Pansa non abbandonò, tuttavia, la vita pubblica. Fu assiduo alle riunioni del Senato, rimanendo sempre vicino a Giolitti, rifiutandosi di votare i pieni poteri al governo di guerra presieduto da Antonio Salandra nel maggio 1915 e poi denunciando l’illegalità del fascismo.
Morì a Roma il 4 aprile 1928.
Fonti e Bibl.: Roma, Ministero degli Affari esteri, Arch. storico diplomatico, Personale, A. P.; Carte A. P., Diari, bb. 1-2; Carteggio, bb. 3-8; Ambasciata d’Italia a Londra, 1901-1906. La biblioteca e la raccolta di fotografie di Alberto e Maria Pansa sono conservate presso la Biblioteca Antonio Panizzi di Reggio Emilia (Collezione Pansa), e gli oggetti d’arte sono depositati presso i Musei civici della città. Inoltre: I documenti diplomatici italiani, s. 3, I-IV, 1896-1907, Roma 1953-1979, ad ind.; F. Tommasini, L’Italia alla vigilia della guerra. La politica estera di Tommaso Tittoni, III, Bologna 1937, ad ind.; E. Serra, L’intesa mediterranea del 1902. Una fase risolutrice nei rapporti italo-inglesi, Roma 1957, ad ind.; F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari 1965, pp. 254, 476, 554, 565, 601; La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915). Repertorio bio-bibliografico dei funzionari del ministero degli Affari esteri, Roma 1987, ad vocem; F. Grassi Orsini, Il ministero degli Esteri: la diplomazia, in Le riforme crispine, I, Amministrazione statale, Milano 1990, ad ind.; E. Serra, Diplomatici del passato. A. P., in Affari Esteri, XXIII (1991), 91, pp. 532-552; M. Pansa, In viaggio con una ambasciatrice. Ricordi e testimonianze della Belle époque, a cura di E. Serra, Milano 1992; F. Grassi Orsini, La diplomazia italiana agli inizi del secolo XX, in Verso la svolta delle alleanze. La politica estera dell’Italia ai primi del Novecento, a cura di M. Petricioli, Venezia 2004, pp. 112, 121 s., 124, 126 s., 132, 136 s.; Repertorio biografico dei senatori dell’Italia fascista, a cura di E. Gentile - E. Campochiaro, IV, Napoli 2004, ad vocem; G. Nicolosi, Diplomazia (età liberale), in Dizionario del liberalismo italiano, I, Soveria Mannelli 2011, pp. 332-338.