MORAVIA, Alberto
Pseudonimo dello scrittore Alberto Pincherle, nato a Roma il 22 novembre 1907. Esordì giovanissimo nella rivista 900 di M. Bontempelli; ma la fama gli venne improvvisa dal romanzo Gli indifferenti (Milano 1929; 3ª ed., ivi 1933), salutato dalla critica e dal pubblico, pur fra dissensi e polemiche, come la rivelazione di un temperamento singolare di scrittore. Ad esso sono seguiti una raccolta di racconti, La bella vita (Lanciano 1935), un romanzo, Le ambizioni sbagliate (Milano 1935), e un altro volune di racconti o "romanzi brevi", L'imbroglio (ivi 1937). Ha collaborato a molte riviste e giornali, anche stranieri.
Un senso di diffuso grigiore; un modo caustico, a volte crudele di considerare i vizî e gli errori umani; un interesse acuto, quasi morboso per i contrasti dialettici, per le situazioni scabrose, per l'irritato giuoco delle passioni; un sadico piacere di smascherare ambizioni e ipocrisie, di sbrogliare i viluppi più intricati, di spingere alle estreme conseguenze certe premesse; una sensualità, una voluttà che cercano continuamente di superarsi o frenarsi attraverso la scomposizione critica e moralistica di sé stesse, sono alla radice della narrativa del M. La quale, movendo dai grandi modelli dell'Ottocento, soprattutto russi, e dalla letteratura psicologica e di costume del Settecento francese, abbandona, di volta in volta, l'iniziale verismo e psicologismo per tendere - in un'ansia di autoricerca e di illuminazione interiore che il M. divide con gli scrittori più giovani, e secondo le esperienze e il gusto della letteratura contemporanea, dal Proust al Pirandello, dallo Svevo al Tozzi, al Bontempelli - a creare, intorno a quell'opera di denudamento e di scavo, e intorno a quei personaggi, a quegli ambienti, a quegli sfondi, ritratti a tagli crudi di luci e ombre, un'atmosfera di arcana aspettazione, di magica avventura, di allucinato oblio. Certo, il contrasto fra l'unità di tempo e di luogo, imposta spesso alla vicenda per accentuarne la drammaticità, e la necessità di moltiplicarne le risonanze interiori; il contrasto fra la veemenza delle passioni, colte già nella loro acme, e la lentezza delle analisi e delle soluzioni; o, ancor più, il contrasto fra quella pungente autobiografia e l'obiettività, il distacco della narrazione in terza persona, conferiscono talvolta al racconto, e più al romanzo del M. (cfr. Le ambizioni sbagliate) un che di marionettistico, di fumistico, di spettacolare. Ma lo studio e lo svolgimento del M. è stato ed è nel senso di sempre meglio accordare l'esterno ritmo drammatico con l'intimo ritmo lirico della narrazione, la varietà della tecnica con la costanza del tono, in una scrittura che, liberatasi via via dalle approssimazioni e sciatterie discorsive, e dalle scorie naturalistiche, sia - pur nella semplicità e sprezzatura richieste dall'ispirazione - vigilata, intensa, numerosa.
Bibl.: G. A. Borgese, in Corriere d. sera, 21 luglio 1929; P. Pancrazi, Scrittori ital. del Novecento, Bari 1934; id., in Corriere d. sera, 21 marzo 1935, 16 giugno 1937; G. De Robertis, in Pan, maggio 1935; A. Momigliano, Storia d. lett. italiana, Messina-Milano 1936, pp. 702-03.