Moravia, Alberto
Pseudonimo di Alberto Pincherle, scrittore, nato a Roma il 28 novembre 1907 e morto ivi il 26 settembre 1990. Autore di decisivi romanzi come Gli indifferenti (1929), Agostino (1945), L'amore coniugale (1949), La noia (1960), L'uomo che guarda (1985), M. è stato uno dei protagonisti della letteratura italiana del Novecento e ha avuto con il cinema una frequentazione intensa e non marginale, non soltanto nella funzione di critico. Non si può dimenticare quanto la ricchezza della narrativa moraviana, per spunti drammaturgici, definizione di caratteri, capacità di lettura delle dinamiche sociali del ceto medio italiano abbia contato in un'ideale rubrica di riferimento per il cinema tra gli anni Quaranta e Sessanta. Proprio ciò chiamò lo scrittore a svolgere una peculiare attività critica che individuò con un tocco sempre infallibile un cinema divenuto immediatamente esemplare sul piano non solo europeo. Oltre ad avere collaborato alla stesura di varie sceneggiature, M. fece un'unica esperienza come regista con il cortometraggio Colpa del sole (1950).
La certezza del valore conoscitivo dell'arte e dunque la reciprocità di cinema e letteratura furono per M. un fatto di piena consapevolezza: "Io sono prima di tutto un narratore, poi uno scrittore. Anzi la mia carriera è cominciata come narratore, non come scrittore. Sono diventato scrittore e sono nato narratore. Tant'è vero che mi raccontavo le storie a me stesso quando ero ragazzo. Il cinema in sostanza era narrazione. E perciò rispondeva a un enorme mio bisogno interiore. Era congeniale a ciò che io realmente ero" (in M. Monicelli, Cinema italiano: ma cos'è questa crisi, 1979, p. 105). Conseguenza logica, dunque, fu la precisa definizione di un gusto: un cinema da distinguere fra commerciale e d'autore (con una preferenza confessata per il secondo, perché capace di profondità espressiva: "non farei una divisione tra registi e autori, piuttosto tra autori e non autori", p. 105); un cinema visto da un uomo di 'cultura', senza gabbie specialistiche, in piena libertà, contro i manierismi, come una rappresentazione morale, politica, ideologica e insieme simbolica e fantastica della realtà. "Il giudizio di M. era sempre guidato dal rintracciare una coerenza o una pertinenza al nucleo ispirativo, al sistema di idee o di intuizioni plastiche che stimava avessero generato il film: fuori di quella coe-renza il film gli sembrava perdere i colpi" (E. Siciliano, in Moravia al/nel cinema, 1993, p. 9). La sua attività di critico cinematografico fu intensa; iniziò nel 1944 per il settimanale romano "La nuova Europa" (1944-1946) e per il quotidiano "Libera stampa" (1944-1946), proseguendo per "L'Europeo" (1950-1954) e poi dal 1955 per "L'Espresso": circa 1800 pezzi, molti riuniti in una raccolta (Al cinema, 1975) ai quali si debbono aggiungere altri saggi teorici apparsi su varie testate ("Cinema nuovo", "Corriere della sera", "Nuovi argomenti"). In questa lunga esperienza di recensore, oltre a una "volontà quasi ostinata di chiarezza divulgativa" (Aprà, Parigi, in Moravia al/nel cinema, 1993, p. 13), si riconosce il più classico metodo della lettura di M.: ogni film era un'occasione per dibattere un tema morale o politico; persino l'analisi di un personaggio risultava l'analisi di un giudizio morale preesistente nella ricezione collettiva (e i casi delle interviste di M. a Claudia Cardinale e a Sophia Loren sono modelli insuperati). Venivano privilegiati perlopiù un interesse verso il cinema non americano e l'attenzione rigorosa per alcuni autori italiani con i quali M. sentiva di condividere un percorso intellettuale comune: Michelangelo Antonioni, Bernardo Bertolucci, Federico Fellini, Marco Ferreri, Roberto Rossellini, Luchino Visconti; in primo luogo Pier Paolo Pasolini. Il lavoro di M. soggettista e sceneggiatore è rintracciabile in circa diciassette film, tra i quali Centomila dollari (1940) di Mario Camerini; Ossessione (1943) di Visconti; La lupa (1953) di Alberto Lattuada; La donna del fiume (1954) di Mario Soldati; Una domenica d'estate (1962) di Giulio Petroni. Collaborò inoltre a film tratti da alcuni dei suoi romanzi o racconti come La romana (1954) di Luigi Zampa; Racconti romani (1955) di Gianni Franciolini; La giornata balorda (1960) di Mauro Bolognini; La noia (1963) di Damiano Damiani; Le ore nude (1964) di Marco Vicario. Comparve sullo schermo nella parte di sé stesso in Monastero di Santa Chiara (1949) di Mario Sequi; Alberto Moravia (1959) di Paolo e Vittorio Taviani; Comizi d'amore (1965) di Pasolini; Umano, non umano (1971) di Mario Schifano. M. scrisse inoltre i commenti, sovente leggendoli personalmente, per L'Italia non è un paese povero (1960) di Joris Ivens, Gli Elmòlo (1975) di Dacia Maraini e il documentario Intervista persiana (1977) di Gianni Barcelloni. Altri film furono tratti dalle sue opere come, per es., La provinciale (1953) di Soldati; Peccato che sia una canaglia (1954) di Alessandro Blasetti; L'imbroglio (1959) di G. Vaccari; La ciociara (1960) di Vittorio De Sica; Agostino (1962) di Bolognini; Le mépris (1963; Il disprezzo) di Jean-Luc Godard; Gli indifferenti (1964) di Francesco Maselli (e in seguito nella versione televisiva del 1989 diretta da Mauro Bolognini); Il conformista (1970) di Bertolucci; L'amore coniugale (1970) di D. Maraini e i film per la televisione Le ambizioni sbagliate (1982) di Fabio Carpi e Giuseppe D'Avino e La ciociara (1988) di Dino Risi. Il suo cortometraggio Colpa del sole, del quale firmò anche il soggetto e la sceneggiatura, ha il tempo spietato di un racconto fra E. Hemingway e G. de Maupassant. Un uomo e una donna sono seduti in salotto, quasi non si parlano: anzi si disprezzano. Dalla finestra vedono in giardino una coppia che sembra di amanti felici, invece l'uomo estrae una pistola e uccide la ragazza. La casuale testimonianza dell'omicidio di una donna rivela tragicamente l'orrore esistenziale a cui i due amanti, in salotto, sono arrivati. Loro non fanno niente. Lo stile del film è sorprendentemente sicuro, specie nel ritmo serrato di montaggio e nell'uso delle inquadrature, volte a segnare l'inquietudine di un evento (il fondo noir del film) e il cinismo, la caduta morale a cui i due amanti testimoni sono consapevoli di appartenere. Un esempio unico di cinematografia: ma del miglior M. drammatico.
Moravia al/nel cinema, a cura di A. Aprà, S. Parigi, Roma 1993.