MARTINI, Alberto
– Nacque a Oderzo (Treviso) il 24 nov. 1876, da Giorgio, pittore e professore di disegno, e da Maria dei conti Spineda de’ Cattaneis, di antica nobiltà trevigiana.
Nel 1879 si trasferì con la famiglia a Treviso dove il padre insegnava disegno all’istituto tecnico Iacopo Riccati; e sarà il padre, suo unico maestro, ad avviarlo allo studio dal vero e alla copia dei capolavori del passato.
Le sue prime opere, datate al 1892-93, sono disegni e schizzi di soggetto botanico e animalista o paesaggi della campagna trevigiana, come i disegni Fiori e Cavallo conservati nella Pinacoteca di Oderzo o l’olio su cartone intitolato Sagrado, fiume Isonzo (Milano, collezione privata: ripr. in Bellini, tav. I). Il dipinto intitolato Antica gualchiera trevigiana del 1895 (Ibid., collezione R. Morganti), raffigurante un macchinario tessile per la lavorazione della lana in uso nel Veneto, così come l’acquerello Villaggio di operai (Ibid., collezione privata: ripr. in Ballini, tav. II), testimoniano una successiva apertura alle tematiche sociali e al mondo del lavoro operaio ispirata all’arte di J.-F. Millet e G. Segantini, come rivela anche la tecnica pittorica memore del divisionismo e attenta agli effetti luministici.
Nel 1895 il M. avviò la sua attività grafica di illustratore di opere letterarie, che costituirà da allora in poi l’ossatura portante della sua produzione artistica, dando vita a un primo ciclo di illustrazioni per il Morgante maggiore di L. Pulci (Gizzi, p. 12).
I disegni a inchiostro di china si caratterizzano per un bianco e nero elegante, ma ancora molto descrittivo e non privo di durezze, legato al mondo anche fiabesco di W. Crane e G. Doré. Questo primo ciclo sarà quasi subito interrotto per intraprendere l’illustrazione della Secchia rapita di A. Tassoni. A questo testo il M. lavorò per diversi anni, costituendo un corpus di 130 disegni di cui presentò i primi alle Biennali veneziane del 1901, 1903 e 1905. Un cospicuo gruppo venne poi esposto a Modena nel 1934, per il centenario di Tassoni e in quella occasione i disegni furono acquistati dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Il tono comico-grottesco si accompagna in queste illustrazioni a un segno incisivo e minuzioso che risente dell’ammirazione del M. per A. Dürer, evidente anche nell’uso di un monogramma analogo a quello düreriano, e dell’influsso dell’illustratore tedesco J. Sattler. Tra le illustrazioni più note si ricorda l’Armatura del conte di Culagna del 1903, che comparve anche nell’articolo di V. Pica su The Studio (1905) che segnò l’avvio della fama europea del Martini. L’opera fu pubblicata a Modena nel 1935.
Ben presto alla giovanile ispirazione satirica si sostituì la vena più macabra e morbosa, già presente nella serie di 14 chine acquerellate del 1896-97 raccolte sotto il titolo Albo della morte, ancora colme di suggestioni nordiche e rinascimentali, seguite negli stessi anni da un gruppo di 30 illustrazioni raccolte sotto il titolo Le corti dei miracoli. Queste ultime sono ispirate alle visioni di miseria e abiezione urbana dei romanzi di V. Hugo, ma sono debitrici anche della grafica di J. Callot con i suoi tipici ritratti di laceri mendicanti. Con 14 di esse partecipò nel 1897 alla Biennale veneziana, alla quale sarebbe stato presente con continuità fino alla fine degli anni Venti. Nel 1898 un breve soggiorno a Monaco gli consentì di approfondire la sua conoscenza dello Jugendstil e del simbolismo e di collaborare in qualità di illustratore alle riviste Decorative Kunst e Jugend. Nello stesso anno presentò all’Esposizione internazionale di Torino un gruppo di 9 disegni a china intitolato il Poema del lavoro, in cui riprendeva la tematica sociale già affrontata in precedenza, ma aggiungendovi una sensibilità di stampo simbolista più vicina alle opere di G. Previati. In quella occasione venne notato da V. Pica, allora anche segretario della Biennale di Venezia, che gli dimostrò una immediata stima e che diventerà il suo principale sostenitore. L’anno seguente presentò il Poema del lavoro alla Biennale; e Pica gli propose di collaborare ai periodici da lui diretti Emporium e Attraverso gli albi e le cartelle.
Nel 1901, sempre grazie all’intervento di Pica, il M. prese parte al concorso promosso da V. Alinari a Firenze per una edizione illustrata della Divina Commedia di Dante, a cui parteciparono numerosi artisti italiani già affermati tra i quali A. De Carolis, A. Sartorio, D. Cambellotti.
Ai primi disegni a penna acquerellata eseguiti per il concorso Alinari e oggi conservati presso la Pinacoteca di Oderzo seguirono numerose altre illustrazioni ispirate dal poema dantesco fino al 1943. A quella data il M. aveva realizzato circa 271 disegni e alcune incisioni. I disegni danteschi del M. seguirono una evidente trasformazione nel corso degli anni: più naturalistici e vicini alla tradizione di G. Doré e al gusto liberty quelli dei primi anni, incisivi, sintetici, aspri, quelli degli anni Venti, fino agli ultimi, negli anni Quaranta, in cui il disegno minuzioso riprende il sopravvento, ma carico di un espressionismo macabro mediato anche dalla ispirazione visionaria di E.A. Poe, autore che nel frattempo aveva assunto per il M. un ruolo primario.
Nel 1904 espose a Londra alcuni disegni del Poema del lavoro (A. M. surréaliste…, pp. 40, 137) e fu a Parigi per un primo soggiorno; in questo stesso torno di tempo eseguì 86 disegni a inchiostro di china acquerellata per il ciclo La lotta per l’amore e iniziò anche la serie di dieci illustrazioni per La parabola dei celibi. Entrambe le serie sono caratterizzate da un gusto più decadente e teatrale in cui si intrecciano satira e malinconia, spesso venate da perversione e da soggetti macabri raffigurati con precisione virtuosistica. Quasi naturalmente quindi il M. si volse alla illustrazione dei Racconti di Poe (Gizzi, p. 14), di cui eseguì una prima serie tra il 1905 e il 1908, ma che continuerà fino al 1930 circa, arrivando a realizzare 136 tavole.
Tra i primi esempi, il Ritratto del Re Peste (1905: Pinacoteca di Oderzo), un disegno a penna con inchiostro di china, in cui il sardonico profilo del macabro personaggio si staglia sul fondo nero con un raffinato effetto di contrasto luministico.
Nel 1905 fu pubblicata a Milano un’edizione italiana delle Commedie di Terenzio, con «maschere» disegnate dal Martini.
In questi anni, oltre che a Treviso, il M. risiedette sempre più spesso anche a Milano e a Venezia, ampliando la sua cerchia di conoscenze culturali e mondane, tra cui la marchesa Luisa Amman Casati, nota animatrice della vita artistica, che divenne un’amica e mecenate preziosa della quale eseguirà nel corso degli anni numerosi ed eccentrici ritratti e che frequenterà nelle sue diverse residenze: il palazzo veneziano, il castello di Soncino e, tra il 1928 e il 1930, la residenza francese di Vesinet. Grazie alla marchesa Casati, sempre nel 1905, conobbe F.T. Marinetti per il quale nel 1906 disegnò la copertina dei nn. 9-12 (1906-07) della rivista Poesia. Negli stessi anni incontrò Margherita Grassini Sarfatti, già impegnata come critica d’arte, che gli manifestò un iniziale interessamento, destinato a spegnersi nel corso degli anni.
Nel 1907 fu invitato a Londra dall’editore W. Heinemann ed espose alla Leicester Gallery (A. M. surréaliste…, p. 137); l’editore gli commissionò le illustrazioni per The raven di Poe, organizzò per lui una mostra presso la galleria Goupil di Londra e lo mise in contatto con il critico belga O. Maus. Del 1907 sono tre dipinti a olio di impronta decisamente simbolista: La diavolessa, Notturno, Nel sonno (Pinacoteca di Oderzo), gli ultimi due esposti alla Biennale veneziana dello stesso anno, con preziose cornici eseguite dallo stesso artista i cui riflessi dorati sottolineavano i soggetti misteriosi e suggestivi dei quadri.
I rapporti internazionali si intensificarono e il M. avviò un contatto epistolare con lo scrittore russo V. Brjusov di cui illustrò Asse terrestre, raccolta di novelle ripubblicata a Mosca nel 1910. Negli stessi anni illustrò anche il libro di novelle di P. Landon, Raw edges. Studies and stories of these days (London 1908), eseguì i primi disegni per le prose di S. Mallarmé e le prime illustrazioni per il Macbeth e l’Amleto di W. Shakespeare. Sempre nel 1910 espose a Roma, in una sala personale alla mostra della Società degli amatori e cultori, le illustrazioni ispirate ai Racconti di Poe (47 tavole fuori testo e 42 finali di capitolo) con presentazione di Pica. Dopo la morte del padre, si ritirò per alcuni anni a vivere con la madre nel romitorio di S. Zeno a Treviso, fino alla morte di quest’ultima nel 1914.
Un suo celebre Autoritratto del 1911 (Pinacoteca di Oderzo), eseguito a inchiostro di china, sottolinea l’attitudine di funereo dandy da lui adottata in quegli anni ed evidenzia la sua passione di illustratore, poiché è rappresentato in uno studio colmo di libri mentre dalle sue dita affusolate fuoriescono bizzarre figure che vanno ad animare i fogli bianchi intorno all’artista, sottolineandone il ruolo di misterioso evocatore di creature immaginarie.
Espose ancora a Londra, alla galleria Goupil, nel 1914 (A. M. surréaliste…, pp. 40, 138), dove presentò i disegni ispirati da Poe e alcune illustrazioni shakespeariane; ma gli anni del primo conflitto mondiale lo videro impegnato nella propaganda irredentista. Eseguì a questo scopo 54 piccole litografie raggruppate sotto il titolo di Danza macabra europea (Treviso 1915-16), con caricature antigermaniche, che vennero distribuite sotto forma di cartoline alle truppe italiane (Bellini, p. 144). Del 1914-15 è anche il poema grafico I misteri, una serie di sei litografie illustranti in altrettante cupe e nere evocazioni simboliche i «misteri» della vita stampate dalle edizioni di Bottega di poesia (Milano 1923); di questa tematica si ricordò G. D’Annunzio quando lo definì «Alberto Martini de’ Misteri» (A. M. e Dante, p. 423). Innovative nel linguaggio pittorico, sintetico e attento alle rarefazioni atmosferiche, assai vicino ad alcune composizioni di O. Redon, le litografie La bocca e Il bacio, del 1915, conservate come le precedenti alla Pinacoteca di Oderzo. Nel 1916 espose alla Leicester Gallery di Londra; e nel 1917-18, arruolatosi, attese a Bologna di essere chiamato al fronte. Tra il 1915 e il 1920 eseguì anche alcune delicate raffigurazioni di donne-farfalla di gusto tipicamente liberty, vicine allo stile di Erté (Romain de Tirtoff), come Felina della Pinacoteca di Oderzo, e le miniature a inchiostro acquerellato ispirate alle Orientales di V. Hugo (Paris 1920). Nel 1919 ebbe una mostra personale alla galleria Pesaro di Milano, ideando e disegnando i costumi di un balletto intitolato Il cuore di cera (Balbi, p. 22; Lorandi, 1990, p. 12).
Negli anni Venti risiedette soprattutto a Milano, dove ebbe lo studio al n. 25 di via Solferino e dove entrò in contatto con la Bottega di poesia, galleria d’arte, libreria antiquaria e casa editrice, condotta da Walby Toscanini ed E. di Castelbarco, con cui il M. pubblicò nel 1924, dopo la serie dei Misteri, le Trentuno fantasie bizzarre e crudeli e il Tetiteatro.
Il Tetiteatro è costituito dal progetto e dalle scenografie per un teatro galleggiante sull’acqua, che il M. ideò con lo scopo di organizzarvi rappresentazioni di opere wagneriane, concerti sinfonici e allestimenti di spettacoli teatrali, di cui intendeva curare le scene e i costumi. Forse ispirata dal suo amore per Venezia, questa fantasia acquatica rifletteva anche l’idea di un teatro totale assai vicina alle idee sceniche di Otto Wagner e Adolphe Appia. Il progetto venne tradotto anche in altre lingue ed ebbe un discreto successo internazionale.
Nel 1925 espose a Parigi, alla galleria Siot-Decauville, con la presentazione di R.-L. Doyon. Il 10 nov. 1927 sposò a Milano Maria Petringa, modella prediletta che compare in numerosi lavori eseguiti a pastello fin dal 1924, nei quali la sua eterea bellezza bruna veste gli abiti di diversi personaggi, dal semplice vestito di Maria Petringa del 1924, al bianco mantello mariano della Madonna del sonno del 1926, alla sofisticata acconciatura alla moda della Signora con le piume rosa del 1927 (tutte opere conservate presso la Pinacoteca di Oderzo).
Nel 1927 si adoperò notevolmente per organizzare con artisti e letterati, tra i quali anche D’Annunzio, le celebrazioni in onore di Pica, che culminarono in una mostra alla galleria Scopinich di Milano nel febbraio del 1928. In questi anni, nonostante l’attività grafica sempre intensa, il M. cominciò a soffrire di un senso di esclusione dall’ambiente artistico milanese che si andava sempre più strutturando intorno al movimento del Novecento sostenuto da Margherita Sarfatti: fu questa una delle ragioni che lo spinsero a trasferirsi a Parigi, convinto com’era di trovare all’estero una maggior comprensione per la sua arte.
Stabilitosi a Parigi nel 1928 ebbe modo di confrontarsi direttamente con l’ambiente dei surrealisti; ma pur ritenendosi un vero precursore di quel movimento non volle mai farne parte ufficialmente né partecipare alle mostre del gruppo, frequentando piuttosto la cerchia del famoso critico simbolista G. Kahn. Intensificò in questi anni la produzione pittorica a olio che lui stesso definì «pittura poliedrica e pittura psichica», suddividendola in una prima fase definita «maniera nera» e una seconda definita «maniera chiara» (Bellini, p. 30).
In queste opere, in cui volti, piante, paesaggi, oggetti si intersecano e si sovrappongono secondo un linguaggio evocativo di stampo surreale basato su linee di contorno decise e tinte pastello, si fa palese l’interesse per l’esoterismo e il misticismo (si vedano Métempsychose plastique e Amore, entrambi del 1930, conservati nella Pinacoteca di Oderzo), già peraltro adombrato anche in diverse opere giovanili.
Nel 1930 illustrò anche il libro Cuore di E. De Amicis (Anderloni) e continuò a produrre opere grafiche ispirate alla poesia di Ch. Baudelaire, A. Rimbaud e S. Mallarmé. Cominciò quindi a illustrare l’Aurélia di G. de Nerval, opera in armonia con i suoi interessi esoterici, i cui disegni del 1934 si distinguono per il segno sintetico e le forme più bidimensionali, assai vicine ai dipinti coevi di stampo surrealista. Negli anni Trenta si dedicò anche a una produzione di gusto déco di statuine in vetro e di disegni per tessuti, confermando il suo interesse per le arti decorative (ibid.).
Tornato a Milano nel 1934, ebbe studio al n. 3 di via Vigoni e cercò di reinserirsi nell’ambiente artistico cittadino partecipando alla Triennale milanese con l’opera Battaglia d’uomini e demoni. Nel 1939-40 redasse alcuni appunti di carattere autobiografico intitolati Vita d’artista (pubblicati a Milano nel 1946) ed espose alla galleria Dedalo di Milano (1940); ma la sua attività di illustratore satirico e polemista per il periodico Il Perseo, testimonia del suo atteggiamento critico verso l’ambiente novecentista. Negli anni Quaranta continuò a illustrare l’Aurélia di Nerval ed eseguì le illustrazioni per la Vita di Cristo (Milano 1946), un’opera per la quale scrisse anche i testi e nella quale il linguaggio si fa più diretto e comunicativo, a tratti veristico e minuzioso, benché con un tratto incisivo quasi espressionistico. Negli stessi anni illustrò anche la Vita della Vergine di R.M. Rilke (ibid. 1945) con una serie di litografie a colori. Del 1947 è invece la cartella composta da 12 puntesecche edita a Milano con il titolo Miti, dove le illustrazioni ispirate alla mitologia classica sono realizzate con un linguaggio lineare e sintetico e un’impronta ancora surrealista, seppure venata di ironia. Accanto all’attività grafica il M. continuò anche l’attività pittorica sia con opere di carattere surrealista sia con quadri di impronta verista come La partita a poker (1945: Pinacoteca di Oderzo). Nel 1952 partecipò alla Biennale di Venezia con due disegni a inchiostro e pastello, La realtà e i sogni di gloria e La finestra di Psiche nella casa del poeta (Ibid.).
Quest’ultima è una grande composizione di dimensioni insolite per un’opera grafica che evoca lo studio dell’artista, con i suoi libri e i suoi oggetti, nel quale irrompe, sotto le spoglie di un’apparizione femminile, la sua immaginazione poetica e artistica.
Del 1954 sono le illustrazioni per il Pinocchio di C. Lorenzini (Collodi) pubblicato a Bergamo. Merita infine una menzione la ricca produzione grafica «minore» del M., fatta di ex libris, biglietti da visita, e simili, a volte confezionati per personaggi illustri, come gli ex libris per A. Fogazzaro e per V. Pica e per le tante signore del bel mondo da lui frequentato (Fragonara - Fedeli).
Il M. morì a Milano l’8 nov. 1954.
Alcuni anni dopo si costituì a Oderzo una pinacoteca a lui intitolata in cui si conserva un nucleo importante delle sue opere grafiche e pittoriche, a partire dalla donazione della vedova e degli eredi (Benvenuti, 1969; Bellini, 1988).
Fonti e Bibl.: V. Pica, Deux dessinateurs italiens: Alfredo Baruffi e A. M., in Le Studio, XXXIV (1905), 144, pp. 23-29; G. Papini, Disegnatori italiani. A. M., in Vita d’arte, I (1908), 1, pp. 21-32; G.E. Woodberry, The life of Edgar Poe, I, Boston-New York 1909, ad ind.; V. Pica, in Catalogo della mostra individuale di A. M., Società degli amatori e cultori, Roma 1910; Id., Mostra individuale di A. M., Milano s.d. [ma 1919]; Id., in U. Thieme - F. Becker Künstlerlexikon, XXIV, Leipzig 1930, pp. 174-176; G. Balbi, Un mago del bianco e nero: A. M., Milano 1945; C. Belloli, Il surrealismo di A. M., Brescia 1954; G. Marchiori, A. M. (catal.), Oderzo 1967; Pinacoteca A. M., a cura di A. Benvenuti, Padova 1969; A. M.: mostra antologica (catal., Oderzo), a cura di P. Bellini, Susegana 1988; A. M. e Dante (catal.), a cura di C. Gizzi, Milano 1989; F. Meloni, L’opera grafica di A. M., Milano 1989; M. Lorandi, A. M.: il Tetiteatro (catal.), Milano 1990; Disciplina e trasfigurazione. A. M. e il teatro (catal.), a cura di M. Lorandi, Milano 1992; M. Fragonara - L. Fedeli, A. M.: catalogo degli ex-libris, Milano 1993; Un’affettuosa stretta di mano. L’epistolario di V. Pica ad A. M., a cura di M. Lorandi, Monza 1994 (con un articolo di M. Sarfatti alle pp. 79-94); S. Simi De Burgis, in The Dictionary of art, XX, London-New York 1996, p. 503; A. M. e Dante. E caddi come l’uom che ’l sonno piglia (catal.), a cura di P. Bonifacio, Treviso 2004; A. M. surréaliste (catal.), a cura di M. Lorandi - O. Ponessi, Bergamo 2004; G. Anderloni, A. M. precursore del surrealismo ed anticipatore nel ’900 (catal.), Bologna 2004; F. Matitti, in Visionari primitivi eccentrici. Da A. M. a Licini, Ligabue, Ontani (catal.), a cura di L. Gavioli, Venezia 2005, pp. 26, 34, 169.