Alberto I d'Asburgo (Alberto Tedesco)
Re di Germania e imperatore più volte citato da D. ( Pg VI 97-117, Pd XIX 115-117, Cv IV III 6), che vede in lui il traditore di quegli ideali di dignità e santità che erano propri dell'Impero. A., disinteressandosi dell'Italia, viene meno a quelli che sono gl'inderogabili doveri di ogni imperatore: assicurare cioè, nella sfera del temporale, la giustizia e la pace a tutta l'umanità. D., quindi, attribuisce ad A. la responsabilità del disordine e dei torbidi che travagliano la penisola e non esita a scagliare contro di lui una maledizione: giusto giudicio da le stelle caggia / sovra 'l tuo sangue, e sia novo e aperto, / tal che 'l tuo successor temenza n'aggia! (Pg VI 100-102). La morte improvvisa del figlio di A., Rodolfo, avvenuta nel 1307 e la stessa fine dell'imperatore, avvenuta per mano omicida, avrebbero dovuto indicare al suo successore l'errore e la giusta via.
A., nato nel 1248, governò, per volontà del padre Rodolfo re di Germania, i possedimenti della propria casa e, dal 1281, in qualità di luogotenente regio, i paesi austriaci. Ebbe anche in feudo i ducati di Austria e Stiria nella Germania sudorientale (1283). Ottimo amministratore, A. dovette, tuttavia, combattere con successo la nobiltà e le città dei suoi domini, che cercavano di mantenere una certa qual autonomia, conquistata nel periodo di transizione, che comprometteva l'unità del principato. Il possesso dell'Austria e della Stiria, da tempo economicamente assai legate ai regni di Boemia e di Ungheria, spinse gli Asburgo verso una politica espansionistica e di conquista in quella direzione. Rodolfo I, infatti, forte della dignità imperiale (era stato eletto nel 1273, ma non ottenne mai la consacrazione papale) cercò di accaparrarsi nel 1291, investendone A., il regno di Ungheria, travagliato dalla lotta di due componenti della famiglia nazionale degli Arpadi, ma dovette rinunziare al proposito per le ferme proteste del papa Niccolò IV (1288-1292), che riaffermò l'autorità della Chiesa sulla corona ungherese. Morto nello stesso 1291 Rodolfo, fu eletto re Adolfo di Nassau (v.). A., approfittando della discordia fra questi e i principi dell'impero, lottò lungamente e infine sconfisse il suo avversario nella battaglia di Göllheim (2 luglio 1298). Fu eletto re (27 luglio 1298) all'unanimità, ma ottenne il riconoscimento imperiale da parte di Bonifacio VIII (v.) soltanto nel 1303. Anche come re A. dimostrò le sue ottime doti di amministratore e di riformatore e condusse con mano ferma la repressione dei duchi elettori del Reno (1301-1302). Sempre attento alle vicende dei regni di Ungheria e Boemia, pur rinunciando al regno magiaro in cui si erano estinti gli Arpadi per non creare complicazioni col papa, quando nel 1305 finì la dinastia boema dei Przemyslidi, investì del regno il figlio Rodolfo. Quest'ultimo, però, morì nel 1307 e l'assemblea del regno proclamò re di Boemia Enrico di Carinzia-Tirolo. A. cercò di riconquistare il regno con le armi, ma fu assassinato il 1° maggio 1308 presso il fiume Reuss dal nipote Giovanni di Svevia, detto il Parricida, al quale aveva tolto alcune terre spettantigli.
La linea politica tenuta da A. spiega l'appassionata apostrofe di Sordello, ma dobbiamo riconoscere che quella politica, pur coi suoi vari insuccessi, aveva una piena validità in quel contesto storico: infatti ebbe il merito di mostrare alla dinastia asburgica le direttrici della propria espansione.
Bibl. - T. Linder, Deutsche Geschichte unter den Habsburgen und Luxemburgen (1237-1437), Stoccarda 1883 e 1893; H. Hantsch, Geschichte Österreichs, I, Innsbruck 1937 (con ampia bibl.); H. Hessel, Jahrbücher des Deutschen Reichs unter König Albrecht I von Habsburg, Monaco 1931; G. Gentile, Il canto VI del Purgatorio, in " Nuova Antologia " LXXIV (1939) 121-133; A. Roncaglia, Il canto VI del Purgatorio, in "Rass. lett. ital." LX (1956) 409-426.