GIOVANNINI, Alberto
Nacque a Milano il 9 ott. 1912 da Giovanni e da Estella Cicognani. Il G. si mise in luce nell'ambiente giornalistico e politico di Bologna, dirigendo dal 1935 al 1938, il periodico L'Assalto.
Il foglio, settimanale, era, all'epoca, espressione del Gruppo universitario fascista (GUF) e manifestava l'inquietudine di giovani operanti nel regime, tuttavia non privi di vene anticonformiste e di fermenti critici, tali da non mettere comunque in dubbio le fondamenta autoritarie dello Stato e miranti piuttosto a rivendicare una sorta di movimentismo "rivoluzionario" ispirato al primo Mussolini. Fu quella una fucina in cui si formarono molti esponenti locali della cultura e del giornalismo, che in seguito ebbero ruoli rilevanti a livello nazionale.
Contemporaneamente il G. diresse la rivista Meridiani, tendente ad approfondire in particolare tematiche culturali, e collaborò con altri giornali, tra i quali Il Popolo d'Italia; si trasferì quindi a Mogadiscio, dove gli fu affidato il quotidiano Somalia fascista (1938-40). Rientrato in Italia, dopo l'occupazione della Jugoslavia ottenne la direzione del Giornale di Dalmazia di Zara, assumendo, quindi, responsabilità che lo ponevano in primo piano nel sostegno alla politica fascista in una zona tormentata da conflitti etnici e politici.
Dopo l'8 sett. 1943 aderì alla Repubblica sociale italiana, in favore della quale svolse attività pubblicistica, cercando di riprendere e utilizzare motivi della democrazia risorgimentale; fu, quindi, direttore a Milano del settimanale in rotocalco L'Ora, pubblicato da Mondadori e, presso lo stesso editore, figura tra gli autori inseriti in Il tesoretto. Almanacco letterario Mondadori 1945, apparso nei primi mesi dell'anno, con l'articolo 1944. Considerazioni sulla vita italiana.
Riferì, in seguito, di aver incontrato Mussolini il 25 apr. 1945, sostenendo presso di lui l'esigenza, per i fascisti, di porsi su una linea di convergenza verso i socialisti.
Al termine della guerra si trasferì a Roma, dove numerosi reduci dall'esperienza di Salò cercavano, in vario modo, di trovare un proprio spazio. In questo ambito il G. prese posizione contro operazioni di tipo clandestino, avviate a opera di nuclei velleitari, e tenne a distinguersi manifestando un'opinione relativamente autonoma: conclusa, com'era, definitivamente l'esperienza del fascismo - affermava il G. -, coloro che in esso avevano confidato e creduto non dovevano sentirsi impegnati in una linea univoca legata al passato, ma dovevano scegliere secondo collocazioni connesse a distinte opzioni in materia sociale. Sollecitò, pertanto, un profondo ripensamento politico e, nuovamente, un avvicinamento all'area socialista.
A seguito di alcuni interventi di I. Silone sull'Avanti! e alla radio - nei quali si dichiarava la volontà di "comprendere il comportamento dei giovani che avevano militato nel fascismo e l'esigenza di "superare fascismo e antifascismo" -, incontrò l'esule, allora un simbolo dell'antifascismo, e manifestò l'intento, condiviso dal suo interlocutore, di promuovere una formazione composta da ex fascisti, decisi a inserirsi nella nuova realtà democratica. Il progetto, inizialmente non contrastato, fu poi rifiutato dalla dirigenza del Partito socialista italiano di unità proletaria.
Durante la campagna per il referendum istituzionale si pronunciò a favore della repubblica, mentre gran parte di quanti avevano seguito il suo stesso cammino appoggiavano la monarchia, ritenendola fattore di coesione nazionale. Nell'estate 1946 il G. riuscì, poi, a ottenere da un industriale romano i mezzi per pubblicare un settimanale, Rosso e nero, rivolto ad affermare i convincimenti da lui più volte espressi. Il periodico, uscito a fine luglio, guadagnò subito la ribalta non tanto per l'originalità delle posizioni sostenute - giacché vi erano altri gruppi e giornali fautori di analoghe iniziative (come quella promossa dal deputato riformista T. Zaniboni, a suo tempo attentatore di Mussolini) - quanto perché nel primo numero comparve una lettera del giornalista socialista U. Zatterin che dette luogo a una vivace polemica.
Zatterin, ricordate le proprie origini israelite e quindi le misure restrittive cui era stato sottoposto durante il regime, metteva in rilievo il significato e il valore della presa di posizione di ex fascisti che, rifiutando almeno in parte la loro ideologia, dichiaravano di riconoscersi nell'ordinamento repubblicano e nelle ragioni della libertà. La lettera fu aspramente criticata dalla dirigenza socialista e il suo autore sospeso per vari mesi dalla redazione dell'Avanti!, dalla quale decise poi di ritirarsi.
Il settimanale del G. fu subito sequestrato per apologia del fascismo e il G. denunciato e assegnato per alcuni mesi al confino di polizia, scontato in Abruzzo, a Civitella del Tronto; alla fine del 1947 riprese, per pochi numeri, la pubblicazione del suo settimanale (il n. 3, febbraio 1948, contiene Vera storia di Rosso e nero) chiamandovi a collaborare vari intellettuali, tra cui C.E. Oppo. Era ormai evidente, però, il carattere irrealistico dei tentativi da lui avviati ed egli stesso non tardò a rendersene conto: si orientò, infatti, verso il Movimento sociale italiano (MSI), il partito della destra ex fascista nato nel dicembre 1946, che venne gradualmente assorbendo la maggior parte di quanti intendevano richiamarsi al passato regime.
Tra le varie polemiche di cui il G. continuò a essere al centro in questo periodo si ricorda in particolare la campagna intesa a sollecitare un'applicazione più ampia del decreto di amnistia per gli ex fascisti firmato dal guardasigilli P. Togliatti.
Inseritosi nel MSI, mantenne comunque posizioni e atteggiamenti eterodossi che, nel 1948, lo indussero a pronunziarsi per un'alleanza strategica con il Movimento nazionalista di democrazia sociale, guidato dal deputato alla Costituente E. Patrissi; e, nel 1954, a proporre, senza successo, insieme con il prof. E. Massi, l'astensione nella votazione per il primo governo monocolore di A. Fanfani (poi battuto in Parlamento).
L'astensione era stata richiesta dallo stesso presidente del Consiglio, quale avvio di una possibile collaborazione basata sull'appartenenza a una medesima travagliata generazione, e nell'intento di rendere possibile una maggioranza costituita non esclusivamente dai partiti che avevano fatto parte del Comitato di liberazione nazionale.
In seguito il G. svolse prevalente attività di collaborazione con i giornali di destra a più larga diffusione, in particolare con il quotidiano romano d'informazione Il Tempo, presso il quale lavorò dagli inizi degli anni Cinquanta, per un periodo quale redattore stabile e, quindi, come collaboratore esterno.
Una sua rubrica di note politiche e di costume "Lettera della domenica", firmata "Un medico condotto", ebbe largo successo; notevole risonanza, inoltre, suscitò, il 19 febbr. 1959, una lettera aperta alla figlia Marzia, in polemica con una coeva trasmissione televisiva, rivolta a spiegare la sua visione degli eventi del 1943-45.
Nel frattempo, fedele al radicalismo di destra che aveva sempre coerentemente professato, si era avvicinato alle nuove leve di quella che amava definirsi "destra sociale"; poi, dal 1957, aveva assunto prima la direzione del quotidiano di Napoli Roma, di proprietà dell'armatore A. Lauro, che conservò sino al 1967, quando, su sollecitazioni di ambienti imprenditoriali, passò a dirigere Il Giornale d'Italia (sino al 1975), per riprendere ancora la guida del Roma sino al 1977. Alla fine degli anni Settanta G. Almirante gli affidò la direzione de Il Secolo d'Italia, organo del MSI.
In questa veste il G. s'impegnò per dare al quotidiano un carattere di più ampio dibattito, in particolare sulla cultura del periodo fascista in cui intervennero, fra gli altri, E. Giudici e N. Tripodi.
Durante un breve periodo di sospensione del giornale per prepararne il rilancio, il G. morì a Roma il 28 ott. 1984.
Si ricordano del G. le seguenti pubblicazioni: Vita di C. Pisacane, Milano 1944; Presenza di Mazzini. Scritti di G. Mazzini, Milano-Venezia 1944, da lui curati e con una sua premessa; le prefazioni a M. Tedeschi, Fascisti dopo Mussolini, Roma 1950, e a E. Sterpa Gli ultimi italiani(motivi della mia battaglia), ibid. 1954; fu anche tra i compilatori di Repubblica sociale italiana. Storia, ibid. 1959.
Fonti e Bibl.: La stampa italiana del neocapitalismo, a cura di V. Castronovo - N. Tranfaglia, Roma-Bari 1976, pp. 50, 68; G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l'apertura a sinistra. La DC di Fanfani e di Moro, Firenze 1977, p. 30; N. Tripodi, Intellettuali sotto due bandiere, Roma 1981, ad indicem; P. Nenni, Diari, a cura di G. Nenni - D. Zucaro, Milano 1982-83, I, p. 587; II, p. 552; III, pp. 224, 229, 232; E. Massi, Nazione sociale. Scritti politici1948-1956, a cura G. Rossi, Roma 1990, pp. 301, 521; U. Zatterin, Al Viminale con il morto. Tra lotte e botte l'Italia di ieri, Milano 1996, pp. 149-158; P. Neglie, Fratelli in camicia nera. Comunisti e fascisti dal corporativismo alla CGIL (1928-1948), Bologna 1996, ad indicem; P. Ignazi, Il polo escluso. Profilo storico del Movimento sociale italiano, Bologna 1998, pp. 26, 83; A. Baldoni, La Destra in Italia 1945-1969, Roma 1999, ad indicem; G. Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Bologna 2000, pp. 318, 327, 329, 345, 365.