DALLOLIO (Dall'Ofio), Alberto
Nacque a Bologna il 28 genn. 1852, da Cesare - liberale minghettiano: sindaco di Pianoro (Bologna), deputato all'Assemblea costituente delle Romagne nel 1859, consigliere provinciale di Bologna dal 1860 fino alla morte avvenuta nel 1868 - e da Adelaide Bersani, stretta congiunta di Carlo Berti Pichat.
Ottenuta la laurea in giurisprudenza nell'università di Bologna, secondo la tradizione delle più cospicue famiglie borghesi liberal-moderate della città e seguendo le orme paterne, cominciò ad occuparsi dei problemi amministrativi del territorio. Consigliere comunale e sindaco di Pianoro, il 13 giugno 1875 venne eletto (con 968 voti) consigliere comunale di Bologna. Rimase in Consiglio senza interruzione per ventisette anni, fino al 1902, confermato in tutte le successive consultazioni elettorali amministrative: del 1876 (1.067 voti), 1879 (1.740 voti), 1884 (1.299 voti), 1889 (5.138 voti), 1890 (2.412 voti), 1891 (3.540 voti), 1895 (4.127 voti). Dall'11 ag. 1884 fece parte anche del Consiglio provinciale di Bologna, rimanendovi fino al 14 dic. 1913.
Tra i principali esponenti, anche nell'ambito culturale e finanziario, della classe dirigente moderata bolognese che si riconosceva nell'Associazione costituzionale delle Romagne fondata da M. Minghetti, e in seguito nel Comitato liberale permanente e nell'Unione monarchico liberale, ne fu, con G. Tacconi, l'interprete più rappresentativo in campo cittadino nell'ultimo quarto dell'Ottocento.
Dal 1876 al 1891, cioè dagli inizi della giunta Tacconi fino al suo termine, e nelle due brevi esperienze amministrative rette da L. Tanari (1889) e da C. Carli (marzo 1890 - gennaio 1891), fu assessore all'Istruzione.
Insieme con Giovanni Zoboli, nel 1877, scrisse la Relazione sulle modificazioni proposte alla deliberazione consigliare 3 dicembre 1874intorno alla nuova denominazione delle piazze e vie della città (23 giugno 1877), la quale "rappresentò un notevole passo avanti rispetto a tutte le precedenti conclusioni dell'Amministrazione... un ricupero di cultura e di serietà", nonostante contenesse affermazioni che, "anche per allora, non erano dimostrazione di soverchia perspicacia e di comprensione del problema culturale" (Fanti). Seguì con vivo interesse lo sviluppo delle strutture educative pubbliche bolognesi. "Le scuole comunali di Bologna, per la qualità degli insegnanti e la convenienza igienica e didattica delle sedi, erano lodate fra le migliori del Regno; ai corsi elementari, si aggiungevano, per munificenza rara del Comune, un Ginnasio, una Scuola tecnica, una Scuola superiore femminile, un Istituto d'arti e mestieri, egualmente curati e condotti al più alto livello possibile di rendimento" (Federzoni). Sugli istituti di istruzione del Comune di Bologna, in particolare sulle scuole inferiori, il D. pubblicò nel 1892, a conclusione del lungo periodo di assessorato e all'inizio del mandato sindacale, un'ampia e circostanziata relazione-resoconto, che sottolineava l'opera compiuta dalla pubblica amministrazione in questo campo nell'arco di un trentennio, dal 1859 al 1889.
Mutuando contenuti, finalità e metodi da esperienze svizzere e francesi, presenti dal 1881 anche a Milano, fondò nel 1889, con il sostegno della Società degli insegnanti della quale era presidente, le colonie scolastiche estive. Guidò la commissione amministrativa dell'istituzione per ventisei anni, fino al 1914, continuando fino alla morte ad occuparsene assiduamente. Ne finanziò il consolidamento, lo sviluppo e la diffusione anche tramite La Strenna delle Colonie scolastiche bolognesi, una pubblicazione periodica annuale, che ebbe tra i collaboratori molte delle personalità della cultura bolognese, ideata nel 1898 e diretta da G. Federzoni, quindi dallo stesso D., edita da Zanichelli e distribuita agli "offerenti", l'elenco dei quali venne puntualmente stampato in coda ad ogni fascicolo. Sull'istituzione, in occasione dei venticinquesimo anniversario della fondazione, il D. pubblicò un ampio profilo: Le colonie scolastiche bolognesi. Note e ricordi, Bologna 1913.
Dopo avere, alla fine degli anni Ottanta, condiviso la prospettiva moderata della "grande Bologna", culminata, in occasione dell'VIII centenario della fondazione dello Studio nel 1888, con una serie di iniziative espositive - quali quella regionale di agricoltura e commercio, quella internazionale di musica, quella nazionale di belle arti - e con l'inaugurazione di vari monumenti e la visita dei sovrani, fu la personalità in grado di assicurare alla sua parte politica - in coincidenza con il cambiamento di rotta attuato da G. Carducci - un ulteriore periodo di guida della città, soprattutto sulla base dell'appoggio garantito gli dai cattolici.
Non poté evitare per questa opzione, non subita ma nemmeno contrattata, l'irrisione dei periodici umoristici bolognesi. Venne chiamato "Dall'Ofio Santo", mentre il Consiglio comunale che lo elesse divenne il "primo concistoro": "le campane suonano a distesa, e le melodie dell'organo moderato continuano tuttora ad accompagnare trionfalmente l'esaltaziopie. E cosi, fra i sindaci di Bologna, oggi si conta un esaltato in più". Si pubblicò una "vita di San Luigi Daliolio, patrono di Bologna" (Cristofori).
Rimase sindaco di Bologna dal giugno 1891 al luglio 1902, contribuendo, in modo decisivo, ad avviame lo sviluppo e a determinamela trasformazione, specialmente urbanistica.
"Attuò la sistemazione delle aree adiacenti alla Cassa di Risparmio; eresse la scalea della Montagnola e l'edificio scolastico di Porta Galliera; introdusse i tram elettrici; operò il riscatto dell'Azienda del gas dalla Società ginevrina; concluse la convenzione universitaria" (Bignardi); fece costruire il mercato bestiame; completò la via dell'Indipendenza; iniziò i lavori del quartiere Eritrea; attuò il "rimboschimento" della città. "Ma il fatto amministrativo di specialissima importanza, che fu studio e azione [sua] personale e l'abbattimento delle antiche mura e l'allargamento della cinta daziaria: grande concezione rispetto al tempo e all'ambiente, e che fu veramente l'alba di una vita nuova per la città .... I cultori di ricordi medioevali con rispettabile culto di storiche memorie insorsero contro la demolizione delle mura: i mercanti e i bottegai insorsero numerosi e agguerriti a difesa di un interesse di ben altra e diversa natura .... La riforma passò e da allora in virtù di essa Bologna si rinnovò: le mura abbattute migliorarono immensamente l'igiene e l'edilizia, mentre il più largo ed equo gettito del tributo daziario incrementò la pubblica economia. Ma il sindaco Dallolio cadde ... alle prime elezioni parziali" (Nadalini).
Sulla questione della cinta daziaria, in effetti, il D. impose al Consiglio comunale il proprio punto di vista. Nelle elezioni parziali amministrative del 25 giugno 1899 i moderati, eliminata l'ipoteca costituita dai cattolici, sfruttando la congiuntura politica nazionale, tentarono di far passare alla chetichella, senza riuscirvi, la riforma dei tributi e l'allargamento della cinta daziaria. Tutte le opposizioni, ritenendo il progetto una palese ingiustizia sociale a scapito delle classi più disagiate, montarono una polemica che coagulò la protesta di molteplici gruppi sociali in qualche modo lesi nei loro interessi.
"I sobborghi di Bologna - scriveva il prefetto - in questi ultimi anni ebbero largo sviluppo. Vi sorsero e sono popolatissime molte costruzioni private e veri importanti opifici. È facile comprendere quindi che tanti proprietari di case, industriali e privati cittadini vedendosi lesi nei loro interessi, si agitino per impedire il temuto allargamento della cinta daziaria. Oltre a ciò il progettato aumento dei dazi, e specialmente quello delle uve e vini produsse malcontento nelle classi meno abbienti. Gli antichi oppositori dell'amministrazione Dallolio da una parte, i clericali e i sedicenti partiti popolari dall'altra, profittano largamente di tale agitazione nella speranza di poter abbattere l'amministrazione stessa, e segnatgmente si agitano i socialisti sempre pronti a trarre vantaggio da ogni avvenimento che appassioni le masse".
La questione finì per dividere anche il partito moderato: il 26 genn. 1900, dopo una settimana di discussione, il Consiglio comunale accettò il progetto di riforma tributaria presentato dalla giunta, ma soltanto con 32 voti favorevoli su 52 votanti. La nuova cinta daziaria venne inaugurata nell'agosto 1901, ancora tra le proteste e le polemiche, che determinarono la sconfitta dei moderati nelle elezioni parziali del 29 giugno 1902. Il D., quale maggiore responsabile della crisi moderata, non venne rieletto.
Abbandonata la guida dell'amministrazione comunale, il prestigio e l'influenza del D., collegati alla sua presenza nelle istituzioni culturali ed economiche bolognesi, dopo un breve periodo durante il quale rimase in disparte, non cessarono. Eletto il 21 febbr. 1905 presidente dei Consiglio provinciale, mantenne la carica fino al 14 dic. 1913, cioè fino alla conclusione della gestione liberalmoderata. Inoltre, il 3 giugno 1908 venne nominato senatore.
In particolare svolse un ruolo importante, dopo le elezioni politiche del 1913, nel tentativo di contrastare ai socialisti la conquista dell'amministrazione comunale di Bologna. Con E. Pini, G. Tanari, E. Nadalini, E. Fusconi e A. Muzzi, fece parte della commissione, proposta dal prefetto E. Dallari ad A. Salandra, che ebbe l'incarico di "prendere l'iniziativa della formazione della lista comune ai vari gruppi", dando "solide assicurazioni ai rappresentanti dei gruppi economici più notevoli, si che tutti i vari interessi, minacciati da un avvento al potere dei socialisti, possano avere garanzia che la nuova amministrazione costituzionale darebbe tranquillo affidamento di rispetto per gli interessi medesimi". Fallito questo primo tentativo, con Pini e Tanari, venne di nuovo incaricato dall'Unione liberale di preparare una lista costituzionale, contenente la "rappresentanza di tutte le classi", frutto dell'intesa "con altre frazioni del partito liberale", con l'esclusione di "alleanze con altri partiti". Si sarebbe trattato, in sostanza, di comporre una lista formata dai liberali dell'Unione monarchica, da quelli della Associazione liberale, dal gruppo dell'on. Alfonso Marescalchi, dai cattolici e dai nazionalisti. Come il precedente, questo tentativo non ebbe esito positivo, anche per il modo con il quale i tre condussero le trattative, ritenendo "più utile tener celata ogni loro intenzione circa la composizione della lista" (Onofri, La grande guerra ...).
Partecipò assiduamente ai lavori del Senato, contribuendo in molteplici occasioni a sostenere gli interessi della provincia e città di Bologna. Seguì particolarmente la realizzazione della direttissima Firenze-Bologna. Più in generale, si occupò di problemi economico-finanziari, tributari e di beneficenza.
Interventista attivo, fu dopo il conflitto su posizioni nazionaliste. Sostenne speciali provvedimenti in favore dei soldati mutilati e invalidi. Dopo avere preso parte alle dimostrazioni per Fiume, sulla base delle esperienze compiute in ambito bolognese, propugnò "un indirizzo politico di potenziamento nazionale" e salutò "con entusiasmo l'avvento del fascismo al governo", appoggiando "poi fedelmente e cordialmente, l'opera rigeneratrice di Mussolini" (Atti... Senato, 18 marzo 1935).
Tra i suoi interventi, solitamente concisi e concernenti argomenti specifici, si distingue quello per dichiarazione di voto del 15 febbr. 1925 sulla riforma elettorale. Difese il sistema proporzionale, sottolineando di essere - a ragione del suo studio Relazione intorno alla rappresentanza proporzionale... . Assoc. Costituzionale delle Romagne, Bologna 1887 - "il più antico proporzionalista del Senato", per affermare subito dopo che, rendendosi" conto delle necessità Aell'ora che volge", avrebbe dato il proprio voto favorevole al disegno di legge presentato dal governo, che al contrario reintroduceva il collegio uninominale senza ballottaggio. "Frequentatore del cenacolo carducciano", collaborò col poeta all'edizione del volume Prose scelte. Con N. Malvezzi, "promosse ... quelle munificenze regali che onorarono il poeta e tornarono a decoro imperituro della nostra Bologna" (necrol. in Rass. stor. d. Risorg.). Curò anche il primo saggio dell'epistolario carducciano. Presidente tra l'altro, del consiglio d'amministrazione della casa editrice Zanichelli, operò a sostegno degli studi di storia del Risorgimento.
Per sua iniziativa venne fondato il Civico Museo del Risorgimento di Bologna. Fautore della Società nazionale per la storia del Risorgimento, fondò nel 1908 il comitato romagnolo della società, del quale fu presidente fino, al 1927; diresse l'VIII congresso nazionale nell'ottobre 1913; fu vicepresidente nazionale dal 1914 al 1923, in seguito membro del Consiglio centrale fino al 1932 e proclamato, infine, socio onorario. Egli stesso si dedicò a studi di letteratura e di storia, con "uno stile, piacevole e discorsivo, spigliato ed arguto, anche in materia di non facile esposizione" (ibid.). I suoi lavori di maggior respiro, alcuni dei quali tuttora utilizzati, sono dedicati ad argomenti concernenti la storia del Risorgimento bolognese. "A metterlo su questa strada ... era stata l'Esposizione Emiliana del 1888", alla quale "il R. Archivio di Stato di Bologna ... aveva esposto una ingente copia di atti preziosi dal 1796 al 1859" (ibid).
Donò alla biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna i suoi libri e opuscoli (1640). Morì a Bologna il 27 genn. 1935.
Oltre gli scritti citati si ricordano: Per l'inaugurazione del monumento a M. Minghetti in Bologna, Bologna 1896; a cura di M. Minghetti, Scritti vari, ibid. 1896; Per la consegna della bandiera offerta dagli italiani alla città di Torino. ibid. 1898; Una pagina di storia del Consiglio comunale di Bologna, in Le otto giornate di Bologna. 8-15 marzo 1849, numero unico, ibid. 1899; Un viaggio in Oriente alla fine del sec. XVII, in L'Arckginnasio, II (1907), pp. 73 ss.; I ritratti dei papi in San Michele in Bosco, ibid., III (1908), pp. 77 ss.; rec. a U. Pesci, Il generale C. Mezzacapo e il suo tempo, ibid., III (1908), pp. 66 ss.; Le vicende di un restauro in S. Petronio, ibid., IV (1909), pp. 22 ss.; I segni convenzionali nei passaporti dello Stato Pontificio dal 1849 al 1859, in Il Risorgimento italiano, II (1909), estratto; Relazione della commissione incaricata di proporre il sistema di numerazione e la denominazione delle strade nell'antico territorio forese del Comune [diBologna], Bologna 1909; La spedizione dei Mille nelle memorie bolognesi, ibid. 1910; Cospirazioni e cospiratori (1852-1856), ibid. 1913; pref. e cura di L. De Buoi, Informazioni confidenziali a Monsignor Gaspare Grassellini Commissario straordinario per le quattro Legazioni. 1852-1856, Bologna 1913; A commemorazione di P. Inviti, ibid. 1913; A. Mariani e la direz. del Liceo mus. di Bologna, in L'Archiginnasio, VIII (1913), pp. 37 ss.; rec. a R. Mondini, Spigolando tra medaglie e date (1848 -1870-71), in Rass. stor. d. Risorg., I (194), 6, pp. 964 s.; Intorno alla "Societá della Morte o degli Intrepidi", in L'Archiginnasio, X (1915), pp. 74 ss.; La difesa di Venezia nel 1848 nei carteggi di Carlo Berti Pichat e di Augusto Aglebert, Bologna 1919; prefazione e cura di I moti del 1820 e 1821 nelle carte bolognesi, ibid. 1921; Minuzzoli di storia del, Risorgimento, I-IX, in Strenna delle Colonie scolastiche bolognesi, XXIXXXXVII (1926-1934); Il Collegio Comelli in Bologna, Bologna 1932; Bologna nel 1859, ibid. 1933; In memoria del marchese G. Tanari, ibid. 1934; Le colonie scolastiche bolognesi, resoconti annuali fino al 1934 in Strenna delle Colonie scolastiche bolognesi.
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