ALBERTO da Vercelli, santo
Nacque da nobile famiglia - ma non è documentata la sua appartenenza agli Avogadro - nel territorio della diocesi parmense. I necrologi cosiddetti eusebiani, che sono la migliore fonte narrativa su A., precisano che nacque "de Castro Gualterii", a cui possono corrispondere oggi con eguale probabilità le due località di Gualtieri nella diocesi di Guastalla o di Gualtirolo nella diocesi di Reggio Emilia (cfr. Rationes Decimarum Italiae. Aemilia, a cura di A. Mercati, E. Nasalli-Rocca, P. Sella, Città del Vaticano 1933, pp. 363, 382).
Dopo studi letterari e giuridici entrò fra i canonici regolari di S. Croce nel convento di Mortara, di cui divenne priore verso il 1180. Eletto, ma non consacrato vescovo di Bobbio, fu subito trasferito alla sede di Vercelli nel 1185. In questa città, dopo aver ottenuto dal papa Urbano III che prendesse la diocesi sotto la sua protezione, assunse un notevole rilievo per i buoni rapporti che riuscì a stabilire (come del resto aveva fatto con Federico Barbarossa a Bobbio) con Enrico VI, da cui vide confermati il 30 nov. 1191 i beni della sua Chiesa. Accanto all'imperatore rimase anche più tardi, sottoscrivendo un diploma imperiale per la Chiesa di Novara il 9 ag. 1196 e seguendolo poi subito dopo nell'Italia meridionale, a Taranto, ove Enrico VI andava ammassando uomini e mezzi per una crociata.
Durante questo viaggio A. ebbe da Enrico VI l'importante incarico di guidare un'ambasceria di alti dignitari, con pieni poteri per trattare ed eventualmente concludere un accordo col papa Celestino III su tutte le questioni relative ai rapporti tra Papato ed Impero.
L'ambasceria, che fu inviata, secondo quanto sembra più probabile, verso il marzo del 1197, non giunse però a conclusione per l'insurrezione nel Mezzogiorno d'Italia, e poi per la malattia e la morte di Celestino III e dello stesso imperatore. A. tornò quindi a Vercelli nel novembre del 1197.
A. non era stato meno attivo nel governo e nell'amministrazione della sua diocesi, fissando nel 1185 il cerimoniale per il primo ingresso dei vescovi in Vercelli e tenendo nel 1191 un sinodo diocesano. Ci sono poi giunti di lui numerosi documenti, che lo indicano abile ed accorto nel disbrigo degli affari, per cui riuscì a ricuperare molti beni malamente alienati dai suoi predecessori. Va di lui anche ricordata la decisione di mantenere nel capitolo tre maestri, un teologo, un grammatico ed uno "scriptor ", che insegnassero gratuitamente.
Incaricato da Innocenzo III di varie e delicate mansioni, A. vide pienamente riconosciuti i suoi meriti quando fu eletto dai canonici regolari del S. Sepolcro a patriarca di Gerusalemme in sostituzione di Soffredo, cardinale prete del titolo di S. Prassede e legato pontificio. A., che vide confermata la sua elezione da Amalrico II, re di Gerusalemme e da Pietro, patriarca di Antiochia, fu consacrato il 17 febbr. 1205, ricevendo il pallio e la nomina a legato pontificio per quattro anni. Prima ancora di partire per la Terra Santa, A. veniva esentato dalla visitatio ad limina e riceveva altre facilitazioni per il migliore svolgimento della sua missione. Giunto in Terrasanta nei primi mesi del 1206 e posta la sua residenza a S. Giovanni d'Acri - Gerusalemme dal 1187 era nelle mani dei Turchi - A., validamente sorretto da Innocenzo III, acquistò ben presto un grandissimo rilievo, anche per i suoi meriti di uomo di chiesa e di diplomatico. Nell'intento di arginare la pressione turca e nell'interesse della cristianità, A. si sforzò prima di tutto di mantenere la pace fra i principi crociati, spingendoli anche ad un'unione coi principi locali. Intervenne perciò presso Boemondo IV, conte di Tripoli, per ottenere la liberazione del patriarca d'Antiochia, Pietro, secondo quanto aveva chiesto il papa nella sua lettera del 13 febbr. 1208; nel 1211 si preoccupò perché fosse rigorosamente rispettato in tutta la Palestina il decreto di scomunica contro il re d'Armenia, Leone II, per le sue azioni contro i templari, ottenendo l'approvazione del papa, che intervenne anche, in favore di A., presso il patriarca d'Antiochia e gli altri prelati di Terrasanta; nello stesso anno ebbe, ancora dal papa, l'incarico di esaminare la regolarità dell'elezione dell'arcivescovo di Nicosia e di riconciliare tra loro Ugo I di Cipro e Gualtieri di Montbéliard, connestabile del Regno di Gerusalemme. Per interessamento del pontefice, si preoccupò, nei primi mesi del 1213, di ottenere la liberazione dei cristiani prigionieri ad Alessandria.
Morta nel 1213 Maria di Monferrato unica erede del Regno di Gerusalemme, che lo stesso A. aveva unito in matrimonio il 14 sett. 1210 con Giovanni di Brienne, A. riuscì ad ottenere che i principi crociati rimanessero uniti intorno a Giovanni.
A. non ha meno rilievo ed importanza per la vita religiosa della Palestina: a lui si deve la redazione della regola destinata agli eremiti sparsi sul Monte Carmelo (confermata poi, il 30 genn. 1226, da Onorio III), donde ebbe origine il monachesimo carmelitano, che considera perciò a ragione A. da Vercelli suo legislatore.
Controversa è la data della compilazione della regola: scartata quella insostenibile del 1171, indicata dal documento, perché A. giunse in Palestina solo nel 1206, gli studiosi tendono oggi a collocarla appunto tra il 1206 ed il 1209.
Dopo aver vanamente tentato d'ottenere una restituzione di Gerusalemme mediante negoziati -- ed appoggiò anche una delegazione pontificia a Seif-ed-Din Malik al-Muazzam --, mentre si disponeva a ritornare in Italia, per prender parte al concilio ecumenico indetto da Innocenzo III per il novembre 1215, ove si doveva discutere anche la grave situazione della Terrasanta, A. da Vercelli fu assassinato il 14 sett. 1214, nella chiesa di S. Croce in S. Giovanni d'Acri, da un chierico (probabilmente piemontese, di Caluso, Ivrea), che egli aveva deposto, per indegnità, dalla sua carica di maestro dell'ospedale dello Spirito Santo.
Il culto di A., assai antico nell'ordine carmelitano, venne approvato dalla Congregazione dei riti, il 20 giugno 1609; la sua festa già celebrata nell'ordine l'8 aprile in ricordo della data di consegna della regola, è stata recentemente trasferita al 16 settembre per i carmelitani dell'osservanza ed al 25 dello stesso mese per quelli scalzi, mentre il patriarcato latino di Gerusalemme ne celebra l'ufficio il 26 settembre e la diocesi di Vercelli l'8 aprile.
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