ESTE, Alberto d'
Quinto di questo nome, nacque a Ferrara nel 1347 dal marchese Obizzo (III) signore di Ferrara e di Modena. Figlio naturale, fu poi legittimato; già nominato in investiture papali e imperiali, fin da quelle che nel 1352 regolarono la successione estense dopo la scomparsa del padre, dovette però attendere la morte dei fratelli maggiori Aldobrandino (III; 1361) e Niccolò (II; 26 marzo 1388), per assumere defacto, e con pienezza, il potere, favorito anche dalla prematura fine, nel 1370, del fratello Ugo, di tre anni più anziano.
Di indole assai diversa da quella di Niccolò e di propensioni pie, l'E. si recò nel marzo 1382 a Bologna, dove venne ricevuto con solennità, per assolvere un voto a S. Maria in Monte. Il 3 maggio 1385 fu invece coinvolto, con Niccolò (II), nella drammatica insurrezione di popolo che ebbe luogo in Ferrara. La folla. che assediava la Cancelleria di corte, chiedeva ai marchesi la consegna dei giurisperito Tommaso da Tortona, che si era reso ispiratore di una gravosissima politica fiscale. Al termine di una giornata contrassegnata dalle esitazioni dei signori cittadini, a sera, Niccolò (II) e l'E. consegnarono Tommaso ai Ferraresi.
I primi atti di governo autonomi dell'E., a partire dalla morte del fratello , sovvertirono totalmente le linee direttive della più recente politica ferrarese. Se L. A. Muratori (1740) attribuisce l'avvicinamento estense a Milano alla consuetudine che si era da tempo venuta a creare tra l'E. e Giangaleazzo Visconti, bisogna però anche considerare come quest'ultimo fosse venuto ad assumere, in seguito al crollo dello Stato scaligero nel 1387, una posizione di egemonia in quell'area padana dove si concentravano gli interessi estensi. Fatto sta che il 25 apr. 1388 l'E. si recò a Pavia per conferire con il Visconti e si accordò con lui per i comuni interessi. In quest'occasione infatti si concordò una lega anticarrarese, tra le cui clausole v'era quella che stabiliva la restituzione agli Estensi del territorio di Este, una volta che questo fosse stato conquistato.
Il cambiamento d'alleanza generò una acuta crisi intema. Istigato dai vecchi soci della signoria, fiorentini e in primo luogo padovani, il nipote dell'E. Obizzo (IV), figlio del fratello Aldobrandino (III), preparò una congiura per spodestarlo. Il tentativo finì sul nascere, al momento della sua preparazione. A fame le spese furono lo stesso Obizzo e la di lui madre Beatrice di Rizzardo da Camino, che finirono decapitati, e un numero imprecisato di coniplici che vennero uccisi. Il 20 giugno 1388 l'E. e i suoi discendenti vennero ascritti al patriziato veneziano; l'8 settembre successivo si unì in matrimonio a Giovanna, figlia di Cabrino de' Roberti da Reggio, uno dei suoi ciambellani.
Scoppiava intanto il conflitto con i Carraresi padovani: come nelle previsioni, la poderosa lega che riuniva gli Estensi ai Visconti, ai Veneziani e ai Gonzaga, ebbe la meglio. Il 30 ag. 1389 Giangaleazzo Visconti cedette in investitura feudale Este all'E., contraddicendo sostanzialmente la clausola dell'accordo stipulato solo pochi mesi prima che prescriveva invece la cessione a pieno titolo del luogo. Il marchese estense accettò comunque la concessione ed il 17 ottobre successivo fece ingresso nella cittadina riconquistata.
Il 3 ott. 1389, su iniziativa del signore pisano Pietro Gambacorta, si formò l'ennesima lega finalizzata a debellare le compagnie di ventura che si aggiravano per l'Italia. L'E. vi aderì insieme con circa trecento signori e Comuni dell'Italia centrosettentrionale. L'iniziativa non sortì alcun esito se non quello di rinfocolare la rivalità tra Giangaleazzo Visconti e i Fiorentini. Si preparava così un nuovo conflitto tra Stati italiani.
Le ostilità si aprirono nella primavera del 1390. A contrapporsi ai Fiorentini, tra le fila dei quali era anche Francesco Novello da Carrara, erano i Visconti, i Senesi, le truppe ferraresi e quelle dei signori di Mantova. Gli Estensi, nel quadro delle operazioni, mossero contro Bologna, ma l'iniziativa delle forze rivali guidate da Francesco Novello da Carrara, che assaltarono il possesso ferrarese di Lendinara, spinse l'E. ad abbandonare l'alleato milanese e ad avvicinarsi al signore padovano che si era intanto reimpadronito della propria città. Il Carrara, per compensare l'E. del mutamento di parte, gli riconobbe le acquisizioni territoriali ottenute nel recente passato ai suoi danni. Il 7 nov. 1390 l'E. entrò ufficialmente nella lega antiviscontea (la guerra così continuava, e solo nel gennaio 1392 le pose fine una pace che lasciava tutto com'era al momento).
Fu su un campo diverso da quello militare che l'E. seppe cogliere i suoi maggiori successi. Nel febbraio 1391 si recò in Roma, in abito da penitente, e con numerosa scorta di cavalieri. Da papa Bonifacio IX il "pellegrino" ottenne una serie importantissima di privilegi.
Anzitutto la cancellazione del debito estense verso la Camera apostolica per annualità censuarie precedentemente non pagate, quindi il rinnovo dell'investitura di vicariato sul proprio dominio e la legittimizzazione di Niccolò, suo figlio naturale. Il successo maggiore fu comunque quello che riguardò quei beni secolari che nel Ferrarese si trovavano a vario titolo vincolati a chiese o luoghi pii. L'E. sensibilizzò il pontefice sulla delicata situazione che rischiava di trasformare gradualmente il patrimonio secolare in ecclesiastico. Il successo, l'anno successivo, fu pieno. La bolla bonifaciana del 1392 disponeva infatti la libertà di commercio, di contrattazione e successione per i beni della città e del territorio ferraresi sottoposti ad un qualsiasi diritto ecclesiastico; quanto ai titolari di contratti di livello o enfiteutici veniva riformata a loro vantaggio la materia della restituzione - per debiti o canoni non pagati - ai legittimi proprietari (per la maggior parte chiese e monasteri) delle terre godute in concessione. Veniva naturalmente fatto salvo ogni diritto di dominio diretto da parte di enti o persone ecclesiastiche. Altro risultato utile del viaggio romano dell'E., oltre al conferimento da parte di Bonifacio IX della Rosa d'oro, fu la bolla pontificia del 4 marzo 1391 con cui si decretava la fondazione dell'università ferrarese: il nuovo Studium ebbe privilegi analoghi a quelli bolognesi e parigini, e l'università iniziò la sua attività il 18 ottobre successivo.
I cittadini ferraresi, per premiare il marchese di un successo così pieno, provvidero, lui vivo, ad erigergli una statua sulla facciata del duomo nella quale era raffigurato con quegli abiti da penitente con i quali si era recato a Roma.
La signoria dell'E. si differenziò così sostanzialmente da quelle dei suoi predecessori. La sua iniziativa, nel quadro delle continue crisi politiche tra Stati che caratterizzarono la vita dell'Italia centrosettentrionale del tempo, fu incessante, ma non riverso in essa ogni ambizione, e conseguì con un pellegrinaggio il proprio trionfo. Questa diversità dell'E., o, meglio, questa sua consapevolezza dei limiti del piccolo dominio ferrarese, della debolezza economico-militare di questo di fronte a colossi quale quello visconteo, è pure dimostrata dalle sue imprese tese a trasformare il volto della città di Ferrara. Con lui iniziò quella politica estense tesa a sopperire con il fasto e la magnificenza ad altre mancanze, che avrebbe caratterizzato a lungo l'azione dei suoi successori. Ferrara diveniva centro di rinascenza. Durante il suo dominio venne così iniziata la costruzione dei palazzi del Paradiso, di Schifanoia. e della villa di Belfiore, nel borgo di S. Leonardo. L'immagine della città migliorava, ma era soprattutto il prestigio del signore mecenate ad accrescersi con essa.
Dalla sua unione con la moglie Giovanna de' Roberti l'E. non ebbe figli; dalla relazione con Isotta Albaresani nacque Niccolò, che dopo aver fatto legittimare, come si è detto, da Bonifacio IX, volle creare cavaliere il 24 luglio 1393, di fronte al consesso dei propri cortigiani.
Una tradizione generata ad arte nella seconda metà del XVI secolo voleva che l'E. avesse sposato l'amante Isotta nei suoi ultimi momenti di vita per assicurare al figlio Niccolò la legittimazione e insieme la successione nello Stato. Ma se da una parte la regolarizzazione della posizione del figlio era già avvenuta due anni prima, al tempo del pellegrinaggio romano, è anche da considerare che Giovanna de' Roberti era in quel tempo al suo fianco ed era anzi ancora viva nel 1425.
L'E. morì a Ferrara il 30 luglio 1393.
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