CENCELLI, Alberto
Nacque dal conte Giuseppe e da Albina Polidori il 21 apr. 1860 a Fabrica di Roma (Viterbo), dove la famiglia aveva una proprietà fondiaria, di lì a poco accresciuta con acquisti di beni dell'asse ecclesiastico in seguito all'estensione al Lazio (19 giugno 1873) della legge liquidatrice. Dopo studi di giurisprudenza, si dedicò alla gestione della proprietà, curando però anche interessi di agronomia, e saggi storico-sociali e amministrativi, e affiancandovi una attività di pubblicista - Bollettino agrario romano, Nuova Antologia, Tribuna - e politica di amministratore, e poi anche di parlamentare.
Tra i suoi scritti agronomici si ricordano: Contributo agli studi sulla fabbricazione deivini spumanti, Conegliano 1882; Sistema diviticultura speciale adatto alla coltivazionedella vite americana, ibid. 1885,e il manuale sulle Macchine agricole, Milano 1889.Tra i saggi di carattere giuridico-sociale: Affrancazione dei diritti d'uso nelle provincie ex pontificie (2fasc.), Roma 1885 e 1887; La formadel catasto ed i suoi effetti sull'economia agrariadello Stato, ibid. 1885; Le Camere d'agricoltura, ibid. 1886; La proprietà collettiva inItalia. Le origini. Gli avanzi. L'avvenire, ibid. 1890; Ordinamenti dei domini collettivinelle provincie ex pontificie, ibid. 1894; Il socialismo e la costituzione della proprietà: demanie terre incolte, ibid. 1894. Ancora su questioni tecniche e giuridiche tornerà con altri scritti tra il 1913 e il 1920.
Gli scritti giuridico-sociali del C., fondamentalmente sui temi della proprietà collettiva e degli usi civici, si collocano nell'ambito della lunga preparazione e del dibattito, non ristretto solo alle commissioni parlamentari, intorno a una legge organica per la liquidazione degli usi civici. Di contro agli agrari settentrionali che chiedevano una legge drastica e sollecita, i proprietari laziali (tra i quali prevaleva la grande e grandissima proprietà latifondistica, dal carattere parassitario) rivelavano prudenza, e perplessità. Il C., proprietario e tecnico, e più tardi dirigente degli agrari romani, nel Bollettino agrario romano del 1885 indicava i pericoli contenuti in un provvedimento apertamente anticontadino: "non sapremmo prevedere a quali conseguenze si arriverebbe, ora specialmente che le teorie, molto pratiche, del socialismo, vanno facendo molta strada anche nelle campagne". Su posizioni di conservatorismo illuminato, sosteneva la salvaguardia dei diritti acquisiti; nei casi più complessi di condominio, tra direttario e utilista l'affrancazione spettava alla parte che esercitava sul fondo la maggior somma di diritti. Considerazioni di giustizia, e più ancora di prevenzione di turbamenti, lo spingevano a sostenere la salvaguardia e la ricostituzione sui beni comunali delle proprietà collettive, o comunanze, di cui delineava il profilo storico e l'originaria natura giuridica. Davanti alla concentrazione fondiaria in atto e al processo di espansione capitalistica nelle campagne, davanti al peggioramento delle condizioni e all'aggravato sfruttamento del lavoro bracciantile, difendeva la funzione equilibratrice della piccola proprietà, cui poteva affiancarsi, sui fondi demaniali e comunali, la proprietà collettiva resa inalienabile.
Di fronte alle ricorrenti ondate del movimento contadino ed alle agitazioni nelle campagne, che toccarono anche Fabrica, e che erano venute elaborando una forma particolare di lotta di massa, l'occupazione delle terre (dando più tardi un impulso decisivo al decreto Visocchi del 1919 sull'assegnazione ai contadini delle terre incolte), e di fronte a certe conduzioni dei proprietari, il C. ammetteva (La Tribuna, 1° febbr. 1914) "che i contadini hanno il diritto di ribellarsi e di insorgere".
Eletto nel 1892 consigliere provinciale di Roma nel mandamento di Civita Castellana, il C. conservò sempre la carica nelle successive elezioni; fece parte di commissioni consiliari, e dal 1905 al 1914 fu presidente della Deputazione. Recependo la denuncia delle dure condizioni contadine, come le iniziative umanitarie e sociali che allora promoveva un Comitato sostenuto da G. Cena, Sibilla Aleramo, A. Marcucci, A. Celli ed altri, il C. promosse l'istituzione di ambulatori di pronto soccorso in comuni privi di ospedale, e nel quadro della lotta antipellagrosa fece introdurre le opportune modifiche agli acquedotti delle zone laziali infette (cfr. Nuovi studi inuove teorie sulla pellagra, in Nuova Antologia, 16 dic. 1914, pp. 582-89); realizzò il nuovo ospedale psichiatrico provinciale nella zona di S. Onofrio presso Monte Mario, inaugurato nel 1914 (cfr. del C. l'articolo Un manicomio moderno, con la storia del vecchio istituto alla Lungara e poi al Gianicolo, e i criteri seguiti per il nuovo, in Nuova Antologia, 16maggio 1914, pp. 277-300). Con l'avvento del governo fascista, fece parte della Regia Commissione straordinaria della provincia di Roma.
Nominato senatore nel 1909, partecipò ai lavori parlamentari trattando, tra l'altro, della questione degli usi civici (tornata del 2 giugno 1909), della devoluzione alle province delle tasse sugli autoveicoli in considerazione dell'aumento di spesa per la manutenzione stradale (29 dic. 1909), della difesa del patrimonio forestale e contro l'abuso di tagli (29 apr. 1910), della facoltà per le province di imporre tasse sui beni mobili (8 giugno 1911). Fece parte di varie commissioni, e dal 1918 al 1921 fu segretario dell'ufficio di presidenza del Senato.
Morì a Fabrica di Roma il 16 luglio del 1924.
Fonti e Bibl.: Oltre alle carte dell'arch. famil. a Roma, gli atti del Cons. provinc. di Roma per gli anni 1892-1921, i verbali della Dep. provinciale di Roma per il 1923, e i verbali della Regia Commiss. straordinaria per la provincia di Roma del 1924, si vedano Atti parlamentari. Senato. Discussioni, legislature XXIII-XXVII, ad Indices; A.De Gubernatis, Dict. intern. des écrivains du monde latin, Rome 1905, p. 306; Il conte-A. C. nominato senatore, in L'Universo, II(1909), p. 4; In mem. del conte A.C., senatore del regno, s.l. né d.; A. Caracciolo, Ilmovim. contadino nel Lazio, Roma 1952, pp. 43, 131, 145, 165, 206; M. Signorelli, Le famiglie nobili viterbesi nella storia, Genova 1968, p. 187; G. Lo Cascio-C. Citterio, L'ospedale di S. Maria della Pietà e l'assistenza psichiatrica in Roma, in Amministrazione provinciale di Roma, Studiin occasione del centenario, s.l. [ma Milano] 1970, II, pp. 337-361; per un quadro generale, oltre Caracciolo cit., si veda, T. M. Scardozzi, La bonifica dell'Agro romano nei dibattiti e nelle leggi dell'ultimo trentennio dell'Ottocento, in Rassegna storica del Risorgimento,LXIII (1976), pp. 181-208.