ALBERTI, Alberto
Figlio di Tancredi "Nontigiova" di Alberto, conte di Mangona, combatté lungamente contro i Fiorentini per il possesso di Semifonte.
Il 9 luglio 1162, insieme con i conti della Gherardesca e Aldobrandesca, con i consoli di Lucca, Pisa, Firenze e Pistoia, si incontrò a San Genesio con Rainaldo di Dassel, gran cancelliere e legato imperiale, venuto a risolvere i problemi politici toscani, in ossequio alla volontà di pace di Federico I di Svevia. Due anni dopo, il 28 sett. 1164, il Barbarossa fece importanti concessioni all'A., così come al conte Ildebrando e a Guido Guerra, in funzione della sua politica di potenziamento delle forze feudali nella Toscana; nel diploma sono enumerati anche i castelli sui quali si estendeva l'autorità degli A. di Vernio. Fedele al suo orientamento politico ghibellino, l'A. fu presente tra i soldati di Cristiano di Magonza dinanzi ad Alogna, il 3 giugno 1165, e nel 1170 è ricordato come uno dei più valorosi alleati dei Pisani, avendo partecipato in prima schiera al combattimento di Motrone. Il 4 luglio 1171 i Pisani, stipulando una lega bifensiva e difensiva con Firenze, lo esclusero espressamente, come loro alleato, dal numero di coloro contro i quali si impegnavano ad aiutare i Fiorentini. Il conflitto con questi ultimi era inevitabile, a motivo della estensione e della posizione geografica dei territori dominati dall'A. (nel Bolognese, nel Pistoiese, nel Senese ed intorno a Prato; ne erano potenti capisaldi i castelli di Vernio, Mangona, Capraia, Certaldo e Pontorme) e per il suo atteggiamento ghibellino. Nel 1182 A. diede inizio alla costruzione della rocca di Semifonte e si pose, quindi, in aperta guerra contro il Comune di Firenze. Assediato nel castello di Mangona, dové arrendersi, il 28 ott. 1184, permettendo che i suoi vassalli si dessero ai Fiorentini e giurando (29 novembre 1184) fedeltà ai vincitori, insieme con i figli di primo letto, avuti da Imilia, sorella di Guido, e con la seconda moglie, Tabernaria. I patti della resa furono duri, perché implicavano la distruzione del castello di Pogna e delle torri di Certaldo e di Capraia, impedivano la ricostruzione di Semifonte ed imponevano la cessione dei proventi delle gabelle percepite sui castelli e terre degli Alberti posti tra Arno ed Elsa. I vassalli degli Albeni in quella zona avrebbero dovuto, inoltre, impegnarsi a far pace o guerra secondo il volere di Firenze. Questi patti furono annullati nel 1185 dalle disposizioni emanate da Federico I di Svevia, intese a restituire ai feudatari l'antica giurisdizione, e l'A. poté ricostruire Semifonte con il favore imperiale. Cercò di accrescere la propria potenza mediante il matrimonio tra la figlia Adelaita ed Ezzellino Il da Romano (circa il 1188); contrasse anche un'alleanza con Scorcialupo di Monterano e Sinibaldo Scolaio di Montebuoni (1188) ed un accordo con Gerardo, vescovo di Bologna, in base al quale egli acquistava in quella città un palazzo per farvi rifugiare la famiglia in caso di guerra. Ben presto, però, i Fiorentini diedero l'assalto al castello di Semifonte che gli abitanti, fedeli al conte, difesero a lungo (1198-1202). Non altrettanto fedele fu l'A. il quale, per quattrocento libbre, cedette ai Fiorentini, tramite il vescovo Ildebrando, i suoi diritti sulla città assediata (12 febbr. 1200), impegnandosi a non esigere tasse dai mercanti di Firenze che attraversavano i suoi possedimenti, ad abitare in città per un mese all'anno insieme ai figli, e rinnovando i patti giurati nel 1184. Promise, inoltre, di impedire che attraverso i suoi domini di Celle e Certaldo arrivassero soccorsi ai difensori di Semifonte e, forse, si accordò anche per aiutare Firenze a combattere i suoi antichi vassalli. Privo di aiuto, Semifonte si arrese il 3 apr. 1202. All'inizio dell'anno seguente morì l'A., nominando i consoli di Firenze tutori del figlio minore di Tabernana, al quale lasciava i possedimenti sulla destra dell'Arno ed i beni posti nel comitato e nella città di Bologna. La moglie Tabernania ebbe l'usufrutto di questi beni, mentre ai figli di primo letto, Mainardo e Rainaldo, toccarono i possessi a mezzogiorno dell'Arno. Si suddivise in tal modo un vasto e potente complesso feudale, a tutto vantaggio di Firenze che, vincitrice e tutrice al tempo stesso, si avviò a porre fine alla potenza degli Alberti di Vernio.
Fonti e Bibl.: P. Santini, Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze, I, Firenze 1895, pp. 5, 25, 27, 30, 38, 48, 51, 53, 57, 58, 143, 211, 375; F.T. Perrens, Histoire de Florence, I, Paris 1877, pp. 145, 151, 165-167; P. Santini, Studi sull'antica costituzione del Comune di Firenze, in Arch. stor. ital., s. 5, XXV (1900), pp. 25-86; ibid.. XXVI (1900), pp. 3-80; R. Davidsohn, Storia di Firenze. Le origini, Firenze 1956, pp. 711, 726, 735, 766, 769, 838-840, 844-846, 862, 879, 916, 932, 941-945, 950, 955.