BOTTONI, Albertino
Nacque nella prima metà del Cinquecento a Padova da Pietro di nobile famiglia trasferitasi da Parma. Nella città natale compì gli studi, conseguendo precocemente la laurea in filosofia e medicina. Dal 1555 nell'ateneo patavino insegnò successivamente logica, medicina teorica straordinaria, medicina pratica e infine medicina teorica ordinaria. Esercitò anche la professione medica e, sull'esempio del bolognese Iacopo Carpense, introdusse a Padova l'uso del mercurio nella cura della lue, ricavandone un grande guadagno, che gli consentì la costruzione di una dimora di grande magnificenza, riprodotta in una medaglia d'oro coniata in suo onore. Nel 1591 fece parte di una commissione di cinque medici dello Studio di Padova, costituita dal duca di Urbino col compito di combattere un'epidemia, scoppiata nel territorio di Pesaro, di "febbri pestilenziali" (espressione con la quale venivano allora indicate, presumibilmente, differenti forme infettive acute, quali l'ileotifo e la febbre malarica). I membri della commissione furono di pareri discordi e ne nacque una vivace disputa. Contro Ercole Sassonia, che consigliava una cura con mezzi revulsivi, come i vescicanti e la teriaca, e contro Fabrizio d'Acquapendente ed Emilio Campolongo, favorevoli ai vescicanti ma contrari alla teriaca, il B. e Alessandro Massaria suggerivano l'uso di salassi, convinti che le febbri pestilenziali, contrariamente all'apparenza di languore, fossero dovute a un eccesso di vigore morboso, onde soltanto il salasso potesse ristabilire l'equilibrio naturale. Pare, però, che nella disputa l'atteggiamento del B. fosse da attribuire, almeno in parte, a rivalità accademica contro il Sassonia, al quale aveva impedito, fin dal 1582, di tenere pubbliche lezioni all'università di Padova, costringendolo a svolgere il suo insegnamento in forma privata. Il B. morì il 1º dic. 1596 e fu seppellito nella chiesa degli eremitani di Padova.
Il B. si occupò specialmente delle funzioni dirette alla conservazione dell'individuo e della specie, cioè nutrizione, crescita e generazione, che definì "tria suprema naturae munera". Allo studio del processo nutritivo è dedicato il De vita conservanda, pubblicato nel 1582. Secondo il B., la nutrizione è la trasmutazione degli alimenti nella sostanza dell'essere vivente, operata da una "facultas" nutritiva, funzione dell'anima vegetale, che si vale di una serie di "facultates inservientes", esaminate una per una: l'attrazione dell'alimento idoneo mediante il movimento delle fibre oblique dello stomaco, che trattiene l'alimento durante il processo di chilificazione; la trasformazione dell'alimento in chilo, che comincia nello stomaco e si conclude nell'intestino; l'eliminazione delle sostanze inutili; e infine la trasformazione del chilo in sangue e carne, che avviene rispettivamente nel fegato e nelle singole membra. Il B. conclude la sua opera esponendo la sua concezione sull'intimo meccanismo del processo nutritivo: attraverso le successive cotture ("coctiones") l'alimento viene ridotto dal calore naturale sotto forma di vapore, che raggiunge attraverso le vene capillari le varie parti del corpo, condensandosi e trasformandosi nella sostanza sulla quale si deposita.
La seconda opera del B., De morbis mulieribus, mostra un più vivo interesse per la patologia; vi sono descritte le malattie delle donne e proposti i mezzi curativi. Il primo libro si occupa delle malattie che impediscono la normale funzione dell'utero, quali la cessazione dei mestrui o la loro abbondanza, la gonorrea, ecc. Nel secondo libro sono esaminate le malattie che impediscono la concezione o la maturazione del feto, come la sterilità, il parto mostruoso, l'aborto, il parto difficile. Il terzo libro, infine, passa in rassegna le affezioni delle mammelle.
Opere: De vita conservanda, Patavii 1582; De morbis muliebribus libri tres, Patavii 1585, ristampata a Venezia nel 1588 e inclusa da G. Wolf nella raccolta Gynecia,sive de mulierum affectibus commentarii diversorum, Basileae 1586, Argentinae 1597; Methodi medicinales duae,in quibus legitima medendi ratio traditur,propositae in Academia Patavina a Nobilissimis viris Professoribus D. A. B.,et Aemilio Campolongo, Francofurti 1595: si tratta di lezioni universitarie raccolte e pubblicate da L. Susenbeck; di origine analoga lo scritto postumo De modo discurrendi circa morbos,eosdemque curandi tractatus, inserito da J. G. Schenck in Pandectarum sive partitionum medicinalium liber quartus, Francofurti 1607, pp. 505-11. Il nome del B. compare infine fra quelli dei "praestantissimi Italiae medici" autori dei Consilia medicinalia raccolti da J. Lautenbach, Francofurti 1605.
Bibl.: N. C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, p. 335; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1902-04; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, III, Napoli 1845, pp. 287, 387, 415, 569; E. Morpurgo, Lo Studio di Padova,le epidemie ed i contagi durante il governo della Repubbl. Veneta (1405-1797), in Mem. e doc. per la storia dell'Univ. di Padova, I, Padova 1922, p. 149.