BARISONI, Albertino
Figlio di Marcello, nacque a Padova il 7 sett. 158. 7Non deve pertanto confondersi con l'omonimo zio, che fu vicario di Mirano nel 1595, e in onore del quale si leggeva una iscrizione nella chiesa degli Eremitani di Padova.
D'ingegno vivace, il B. compì a Padova i primi studi letterari e filosofici in cui venne perfezionandosi a Roma, frequentando dotti ambienti ecclesiastici. Sempre a Roma abbracciò lo stato sacerdotale, ma nel gennaio 1605 era di ritorno in patria ove si addottorò "magno applauso", appena diciassettenne, con pubblica difesa di vari suoi Theoremata peripatetica.(Questi ultimi - benché i biografi ne tacciano - ci sono pervenuti a stampa: Patavii 1605; un esemplare se ne conserva alla Marciana di Venezia, segn. Misc. 888, 10). A Padova continuò felicemente gli studi, con particolare applicazione a quelli di diritto.
Eletto a soli ventitrè: anni canonico della cattedrale della propria città (di cui sarà detto "uno dei maggiori lumi"), diede tosto prova di matura sagacia nel disbrigo degli affàri concernenti la carica, tanto da essere designato dal suo capitolo per recarsi a Roma, insieme con mons. Paolo Gualdo, per appianare talune divergenze sorte con la curia papale. Vi si trattenne, con favorevoli risultati, tra il luglio e l'ottobre 1614, facendovisi altresì apprezzare come "dotto e leggiadro poeta". Ancora a Roma si recò su invito del duca di Mantova Ferdinando Gonzaga, che gli affidò spinosi negozi in aiuto del suo ambasciatore Cesare Gambara.
Ritornato con nuovo onore a Padova, iniziò il suo primo decennio di docente in discipline giuridiche presso quell'università, passando dalla cattedra di feudi (dal 4 apr. 1628) a quella delle Pandette (dal 4 febbr. 1631, succedendo a Giovanni Boato), sempre con decorosi stipendi, afflusso di uditori e pubblico plauso.
Rientrato dal 1631 tra i canonici della cattedrale di Padova e nominato arciprete (per conferimento del papa Urbano VIII), fu eletto il 27 apr. 1636 vicario capitolare della diocesi. Le assidue cure pastorali lo costrinsero a rinunziare alla cattedra dello Studio sino all'8 febbr. 1647, quando sostituì Flavio Quarenghi nell'insegnamento della filosofia morale "ex Aristotele" (con l'elevato stipendio di 500 fiorini). Lesse in quella disciplina per oltre sei anni, sino a quando fu eletto vescovo di Ceneda (Vittorio Veneto) succedendo a Sebastiano Pisani (23, nov. 1653).
Resse quella delicata diocesi veneta con zelo e dottrina fino al giorno della morte, che lo sorprese a Ceneda il 15 ag. 1667 - Gli storici locali ne lodano specialmente un'importante visita pastorale del luglio 1665 e ricordano la fondazione del monastero di Rua avvenuta sotto il suo governo.
Il B. fu uno dei maggiori esponenti della famosa Accademia padovana dei Ricovrati (detta anche "Comara", perché fondata nel 1599 da Federico Comer: cfr. M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, IV, Bologna 1929, pp. 440-445). In qualità di principe del sodalizio, in occasione della tornata inaugurale del 10 apr. 1619, egli lesse e pubblicò quel suo poemetto in versi sciolti ad Encomio della Poesia,sotto il nome di "Stentato" ( Padova 1619), che il Mazzuchelli registra erroneamente come carme latino.
Furono suoi amici Lorenzo Pignoria, Paolo Gualdo, Giuseppe Lorenzi, Paganino Gaudenzio e Alessandro Tassoni, il quale si servì dell'opera del B. per gli argomenti della Secchia rapita nell'edizione parigina dei 1622.
Le relazioni erudite dei B. sono testimoniate da due lettere indirizzategli nel 1626 dal Pignoria (epp. XXX e XXXVIII, pp. 110-116 e 149-158, nel lib. I delle sue Symbolae epistolicae,Patavii 1629), nonché da quella a lui diretta, come canonico e giureconsulto, nella Epistolarum Centuria I di Giuseppe Lorenzi (Patavii 1640: ep. LXVI I, pp. 179- 180). E si vedano anche le Lettere d'uomini illustri... del secolo decimo settimo,Venezia 1744, pp. 132, 143, 152, 159. Fu altresì uno dei consiglieri del grammatico Benedetto Buonmattei, come si rileva da un'annotazione di A. M. Salvini nella sua edizione del trattato Dellalingua toscanaTirenzee Verona 1720).
Alla vicinanza di studi col Pignoria si connette un altro lavoretto a stampa del B.: il "Fascio I" (ed unico) dei suoi Antiventagli (uscito in Venezia nel 1625, Sotto lo pseudonimo di Ermidoro Filalete). Vi si difende il Pignoria contro il p. Angelo Portenari, il quale sosteneva la patavinità del celebre giureconsulto Paolo (cfr. le Annotazioni di A. Zeno alla Biblioteca dell'eloquenza italiana di G.Fontanini, II, Venezia 1753, p. 133).
G. Poleni pubblicò poi postumo, nei suoi Nova supplementa antiquitatum Romanarum al Graevius e al Gronovius (I, Venetiis 1737), un commentario del B., De archiviis antiquorum,traendolo dai tanti mss. di lui che il pronipote Ugolino Barisoni serbava tra le memorie domestiche. Certamente smarrite, invece, quelle Notae in Chronicon Rolandini... de factis in Marchia...,di cui Felice Osio prometteva la stampa annotando l'Historia Augusta (De gestis Henrici VII Caes.)di Albertino Mussato (Venetiis 1636); come purtroppo è da considerarsi perduto il suo ricco epistolario coi letterati del tempo, che avrebbe indubbiamente offerto una tra le più indicative fonti dell'erudizione veneta secentesca.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vatic., Acta Camerarii S. Collegii S. R. E. Cardinalium, XIX, E 239 r; Padova, Bibl. dell'Accad. di scienze, lettere ed arti, Giornale della nobilissima Accademia de' Ricovrati,B, f. 106 v e passim;Vittorio Veneto, Bibl. del Semin. vescovile, C. Lotti, Series ePiscoporunì Cenetensium [17851, 1, ad a. 1653-67; G. Imi)eriali, Museum historicum et Physicum,Venetiis 1640, p. 208; J. F. Tomasini, Gymnasium Patavinum,Utini 1654, DI). 262, 269, 323, 438; F. Uglielli, Italia sacra, V, Venetiis 1720, COI. 223, n. 49; L. A. Muratori, Vita di A. Tassoni,Modena 1739, pp. 62-67; J. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini,Patavii 1757, 11111, pp. 168, 185, U6 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, pp. 364-366; F. S. Dondi dall'Orologio, Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova,Padova 180s, P1p. 33-35; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, I, Padova 1832, pp. 75-78; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, X, Venezia 1854, pp. 311 s.; V. Botteon, Un documento prezioso riguardo alle origini del vescovado di Ceneda,Conegliano 1907, pp. 187 S:; C. Trabalza, Storia della grammatica italiana,Milano 1908, p. 301, n. 2; V. Santi, La storia nella "Secchia rapita", II, Modena 1909, passim;A. Maschietto, La diocesi di Ceneda... con notizie storico-artistiche,Vittorio Veneto 1915, p. XVIII, n. 52; Id., La Chiesa cattedrale di Vittorio Veneto,Vittorio Veneto 1951, p. 10; G. Ziccardi, ediz. della Secchia rapita di A. Tassoni, Torino 1952, p. 554; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VI, col. 809.