ALBERTI DEL GIUDICE, Iacopo
Figlio di Alberto di Iacopo, fu nella prima metà del sec. XIV, e specialmente tra il 1330 e il 1350, uno dei primi cittadini di Firenze per l'autorità e per la ricchezza che andò accumulando col commercio e coi traffici da lui estesi per ogni dove e soprattutto in Francia, in Provenza, in Inghilterra. Fu priore dal 15 dic. 1320 al 14 febbr. 1321, dal 15 febbr. al 14 apr. 1326, dal 15 ott. al 14 dic. 1328, ed infine dal 15 ag. al 14 ott. 1339. Fu dei Dodici Buonomini per il giugno, il luglio e l'agosto 1333. L'anno successivo, dal 15 febbraio al 14 aprile, rivestì la carica di gonfaloniere di giustizia nella Signoria che chiamò Giotto a sopraintendere alla fabbrica di S. Reparata e, come lettori, allo Studio fiorentino, Cino da Pistoia e Ricovero da S. Miniato. Fu di nuovo gonfaloniere di giustizia nella Signoria dal 1° settembre all'ultimo di ottobre 1352. Nel 1320 e nel 1331 era stato console della Zecca; nel 1329 dell'Arte dei Giudici e dei Notai, nel 1337 e 1341 gonfaloniere di compagnia. Fu ambasciatore a Venezia nel 1335 per la guerra contro Mastino della Scala e per l'acquisto di Lucca. Fu poi, nel 1337, dei Dieci della Guerra contro lo stesso Mastino e, sul finire del 1338, era mandato con Francesco de' Pazzi e messer Alessio Rinucci a Venezia, dove il 24 genn. 1339 fu firmata con lo Scaligero, da tutti gli alleati, la pace che Venezia aveva già concluso separatamente, suscitando risentimenti nei Fiorentini; e, nel 1341, vi fece un terzo viaggio per concordare la ripartizione delle spese della guerra passata. Nel maggio del 1340 fu inviato con Antonio degli Albizzi a Staggia a rinnovare la lega con Siena. Nel 1341 fu a Ferrara inviato dai Venti sulla Guerra a concludere con Mastino l'acquisto di Lucca e poi a Verona per stringere un accordo decennale, che fu concluso il 22 novembre con gli Scaligeri, gli Estensi e i Pepoli. Nell'agosto del 1344 e nell'aprile del 1345 fu in Lombardia ed ancora a Verona per risolvere le ultime pendenze economiche per l'acquisto di Lucca. Subito dopo la prima sottomissione di Pistoia a Firenze fu podestà in quella città, e, nel 1351, dopo la seconda sottomissione, seguita alle lotte intestine tra i Panciatichi e i Cancellieri. Fu incaricato di provvedere all'igiene durante la peste del 1348 e, sul finire dell'anno, alla costituzione dello Studio Generale. Nel 1354 fu podestà di Perugia. Salito al potere il duca d'Atene, lasciò volontariamente Firenze per Avignone, essendosi trovato in contrasto con l'oligarchia sulla chiamata del Brienne e vi si trattenne finché fu cacciato l'angioino da Firenze. Nel 1351 una sua mediazione tra i Ricci e gli Albizzi, condotta con parzialità in favore dei primi, associati negli affari delle imprese Alberti, acuì il dissidio con i secondi, che, in campo politico, si sarebbe poi aggravato con il tumulto dei Ciompi. Nel 1350 fu scomunicato da Clemente VI per aver partecipato al complotto per il passaggio di Bologna a Giovanni Visconti. Riammesso nel grembo della Chiesa nel 1353, ospitò presso di sé il cardinale Egidio Albornoz, inviato da Innocenzo VI a riconquistare le terre di Romagna. Sembra sia morto intorno al 1356, dopo avere ordinata la costruzione della chiesa di S. Caterina all'Antella e il compimento della Tribuna maggiore di S. Croce. Fu sua moglie Selvaggia di Gherardo dei Bardi.
Fonti e Bibl.: L. B. Alberti, I primi tre libri della Famiglia, a cura di F. C. Pellegrini e R. Spongano, Firenze 1946, p. XLVI; I Libri degli Alberti del Giudice, a cura di A. Sapori, Milano 1952, pp. LXXXVI-LXXXVII; L. Passerini, Gli Alberti di Firenze, I, Firenze 1869, pp. 63-71; F. T. Perrens, Histoire de Florence, IV, Paris 1879, pp. 212, 223, 233; Y. Renouard, Les rélations des papes d'Avignon et des compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris 1941, pp. 48, 115, 257, 397-399, 657.