ALBERO genealogico
È un quadro riassumente graficamente le prove della nobiltà per gli ordini cavallereschi e per certi capitoli nobili ammessi a queste prove. Era di solito di otto o di sedici quarti: cioè il postulante doveva provare la sua nobiltà con quella degli otto o sedici quarti componenti il suo albero genealogico fino ai bisavoli o ai trisavoli. Bastando otto quarti, si toglievano i trisavoli: occorrendone trentadue, si aggiungevano i quartavoli. In ciascun quadrato s'inserivano i nomi e le armi, oppure queste o quelli soltanto di ciascuno dei personaggi ivi iscritti, ma non s'indicava il grado di parentela. Poiché un albero di 16 quarti, anche se ricco di splendidi blasoni, non comprendeva che 5 gradi o generazioni fino al postulante, bisognava illustrare, con tutte le prove possibili, il ceppo paterno. Ogni gentiluomo, inoltre, aveva il diritto di portare, inquadrandole con le proprie, le armi dei quarti d'alleanza diretta conclusi dalla famiglia. Il loro numero era indeterminato; per solito si riducono, per facilitare le prove, a 32. Il principe ereditario d'Italia ha il massimo dei quarti di tutta Europa (circa 260). Come si comprende, in questo senso tecnico albero genealogico è assai diverso da genealogia; e la differenza consiste specialmente nel modo grafico di rappresentare la discendenza con un tronco d'albero che, con le sue ramificazioni, dalle radici alla cima, portava il blasone e il nome (o il nome soltanto) del primo antenato conosciuto e le varie alleanze prese o donate. Però la genealogia espressa dall'albero, anziché uscire dalla terra, con le radici discende dall'alto: il che è una necessità per comprendere e per vedere lo svolgimento della discendenza, ma è in contrasto con l'immagine dell'albero. Anticamente, secondo un'usanza diffusissima, ogni famiglia nobile esponeva, appeso nel parlatoio, il proprio albero genealogico.
L'uso e la grafia dell'albero genealogico si svilupparono con la funzione dell'araldo (v.), inteso nel suo significato primitivo di perito nella scienza del blasone, e non oltre il Mille. Anzi si suol dire, tra i genealogisti classici, che gli alberi più antichi sono aut somnia, aut imposturae. S'intende, però, che nel loro più lato significato, le genealogie sono antichissime e nascono con la storia dell'umanità. La Sacra Scrittura, Roma, la Grecia, l'Egitto ne abbondano (v. genealogia). Ma la stessa antichità ci ha tramandato esempî anche di alberi veri e proprî. Basti ricordare l'albero genealogico scolpito su una parete del tempio di Karnak in Egitto e i tre del tempio di Dēr el-Baqrī, pure in Egitto, tutti perfettamente conservati. Come già appare dai suindicati esempî egiziani, l'arte ha preso sovente partito dall'albero genealogico: specialmente nel Medioevo quando il motivo genealogico s'incontrò con quello dell'arbor vitae fornito dall'arte paleocristiana. Tipico è l'albero di Iesse. Si vede, in basso, il vecchio Iesse, disteso e addormentato. Dalla sua bocca, o dal petto esce un albero fantastico carico di foglie, fiori e frutti; dai rami di esso escono i re di Giuda, antenati di Cristo (facilmente riconoscibili, David con l'arpa e Salomone dal ricco costume). Talora, figurano anche profeti, sibille, angeli; e, a partire dalla fine del sec. XIII, appare sull'ultimo ramo la Vergine che tiene il bambino Gesù nelle sue braccia. Talora, dominano la composizione le figure di Dio padre e dello Spirito Santo. Pare che l'origine del motivo iconografico dell'albero di Iesse, a prescindere da qualche timido tentativo fatto nel sec. XI, risalga (nella forma che fu poi sempre ripetuta, con lievi modificazioni, nei secoli successivi), all'abate Suger di Saint-Denis (sec. XII). Il più antico albero di Iesse si trova appunto in una vetrata della chiesa di Saint-Denis, anteriore al 1144. Da allora, fino al sec. XVI, tali raffigurazioni si seguirono frequentemente: ricordiamo gli alberi di Iesse della cattedrale di Beauvais, di quella di Rouen, della chiesa di Dorchester. Altri alberi rappresentavano la genealogia della Vergine: ad esempio quello, di autore fiammingo della fine del sec. XV, del museo di Lione. Ricordiamo ancora gli alberi del museo di Gualdo Tadino (Umbria), di un seguace di Matteo da Gualdo, e quello del refettorio di Santa Croce in Firenze, attribuito a Taddeo Gaddi, nel quale con Gesù crocefisso sono rappresentati i fasti dell'ordine francescano.
La raffigurazione degli alberi genealogici famigliari ha dato spesso luogo a originali composizioni. Diamo, come esempî, un albero del sec. XIII relativo alla famiglia di Federico II, con le imagines clipeatae, e uno del sec. XVI, pure con immagini, del duca di Württemberg.
Negli alberi genealogici posteriori, fra cui riproduciamo quelli delle famiglie Coscia, Cavaniglia e Caetani, i nomi degli appartenenti alla famiglia sono spesso racchiusi in circoli che appaiono come sostenuti dall'intrico dei rami.
Bibl.: v. genealogia. Una buona raccolta di alberi è l'opera di P. F. Giffart, Généalogies historiques des rois, empereurs, ecc. Parigi 1736, vera enciclopedia genealogica nella quale le famiglie italiane hanno moltissima parte. Numerosissimi alberi genealogici possono trarsi dalle opere del Muratori, del Sigonio, ecc. Sull'origine dell'albero di Iesse, v. E. Mâle, La part de Suger dans la création de l'iconographie du moyen âge, in Revue de l'art anc. et mod., I (1914), pp. 252-256; id., L'art religieux du XIIIe siècle en France, 4ª ed., Parigi 1919.