ALBERGO dei nobili
Nome usato nel Medioevo in alcune città dell'Italia settentrionale, per indicare associazioni o consorterie di famiglie nobili. Luigi Cibrario afferma che i primi alberghi di nobili furono istituiti a Chieri nel '200, per opera dei Balbi, e di là l'esempio si diffuse a Genova, Asti, Savigliano, e cita un documento del 1328, nel quale è cenno di tale istituzione in Torino. Anche gli statuti di Moncalieri (1378) la ricordano. Ma l'Albergo è tipica istituzione genovese, dove, a giudizio del Tavani, esso sarebbe sorto dalle otto compagne in cui era raccolto e distinto il popolo genovese sin dal 1135, sostituite poi da una serie di consorterie, formate di famiglie nobili più o meno elevate e di famiglie popolane aderenti, le quali tutte smisero o per patto o per usanza i proprî cognomi, assumendo il nome della famiglia principale dell'Albergo. Perché si usasse questa denominazione, non è chiaro. Si sa che anche l'ordine dei gerosolimitani dava il nome di Albergo ai conventi o palazzi ove si ospitavano partitamente i cavalieri, secondo la lingua che parlavano. Esempio tipico di fusione di famiglie in Albergo è quello della Maona di Scio che ebbe sua sede in Genova nel palazzo dei Giustiniani. Nel 1362 i Maonesi proclamarono la loro unione, rinunziando ai rispettivi nomi e assumendo tutti quello di Giustiniani.
L'Albergo oltre ad avere fini economici, ebbe fini politici e mirò a formare una barriera contro l'avanzarsi della democrazia. Ma anche le famiglie della grassa borghesia formarono consorterie. Così a Genova quelle dei Fregoso e degli Adorno, opposte alle grandi famiglie dei Doria, dei Fieschi, degli Spinola, dei Grimaldi. Il numero degli Alberghi genovesi fu fluttuante durante tutto il Medioevo. Un cartolario del Banco di S. Giorgio del 1414 ne enumera 74. L'Albergo fu aggregazione privata, ma riconosciuta dalle leggi dello stato, come appare negli statuti del comune di Genova raccolti dal Visdomini, ov'è un articolo: De committendis propinquorum questionibus in Albergaria. Quando poi Andrea Doria volle, nel 1528, istituire un governo puramente aristocratico nella repubblica, gli Alberghi diventarono addirittura ordinamento pubblico e costitutivo, perché soltanto chi fosse ascritto agli Alberghi aveva diritto di adire agli uffici dello stato. Gli Alberghi allora furono ristretti a 28, e in essi vennero allogate tutte le famiglie nobili genovesi, ridotte allora a 35. Ebbe diritto di formare un Albergo la famiglia nobile che avesse sei case "aperte"; se ne aveva numero doppio, poteva costituire doppio Albergo, designato dal nome della piazza ove risiedeva. Le famiglie con minor numero di case "aperte" perdevano il nome e l'arme. S'ignora quale fosse la significazione legale di "case aperte". Si sa invece che, a mezzo il secolo XVI, le quattro grandi casate sopra riferite "sbertavano i nuovi albergati col titolo di tetti appesi"; cioè, che "sarebbero caduti se non si appoggiavano a' suoi palagi". L'aggregazione di nuovi nobili nei ventotto alberghi non tolse, anzi accrebbe, la ruggine fra l'antica e la nuova nobiltà, che si distinse sempre nei due Portici di S. Luca e di S. Pietro. Nel 1576 si abolirono gli Alberghi: ogni famiglia riprese il suo cognome, e tutte furono iscritte, all'uso di Spagna, nel Libro della nobiltà che fu poi detto d'oro.
Bibl.: L. Cibrario, Della economia politica del Medioevo, Torino 1861; G. A. Ascheri, Notizie storiche intorno alla riunione delle famiglie in Alberghi in Genova, Genova 1846; G. Rezasco, Dizionario del linguaggio ital. storico ed amministrativo, Firenze 1881; A. Calenda di Tavani, Patrizî e popolani nel Medioevo nella Liguria occidentale, Trani 1891.