LUGLI, Albano
Nacque a Carpi, presso Modena, il 13 nov. 1834, in una famiglia di umili origini, primogenito degli otto figli di Venanzio e di Quiteria Govi.
Quindicenne s'iscrisse all'Accademia Atestina di belle arti di Modena (in quegli anni diretta da Adeodato Malatesta), che frequentò con assiduità fino al 1866 distinguendosi nei corsi di disegno e di pittura figurativa. Influenzato inizialmente dalla maniera di Luigi Asioli, tra i maggiori decoratori attivi nel territorio estense, il L. dipinse la sala ovale nel ridotto del teatro Comunale di Carpi (1860-61) rifacendosi piuttosto da vicino alla pittura del Correggio (Antonio Allegri). Negli stessi anni, sedotto pure dalle novità della pittura "di macchia", elaborò una serie di ritratti contraddistinti da un impianto compositivo severo, da un carattere antiretorico, da stesure cromatiche abbreviate (esemplificativi, al riguardo, quelli di Giuseppe Rebuttini, di Maria Govi e di Luigia Govi: Carpi, Museo civico). Nel 1867, ottenuto il pensionato governativo delle accademie emiliane, si trasferì a Firenze.
Qui, sotto la guida di Enrico Pollastrini, insegnante di disegno presso l'Accademia di belle arti, ebbe modo di avvicinarsi, in un'ottica purista, alla pittura quattrocentesca. Come primo saggio di pensionato inviò all'Accademia Atestina la copia del S. Gioacchino cacciato dal tempio (Modena, istituto d'arte A. Venturi), dal dipinto di Domenico Ghirlandaio nel coro della chiesa di S. Maria Novella. Successivamente diede prova di una maggiore autonomia espressiva presentando il Giotto fanciullo che disegna una pecora (Ibid.), frutto di sopralluoghi en plein air. In linea con tali ricerche presentò per l'anno 1869-70 la terza e ultima prova di studio, il Lorenzo Ghiberti che mostra il bozzetto del concorso per le porte del battistero di Firenze (Ibid.), compendio delle ricerche svolte in direzione di una sobrietà formale e di una sintassi luministica e spaziale estranea alla più tradizionale prassi accademica.
Nel 1870 il L. tornò a Carpi e sposò Clarice Rimini, figlia dell'incisore Abramo. Nominato membro della locale Commissione municipale di storia patria e belle arti (1870), accantonò momentaneamente la pittura da cavalletto, preferendole la grande decorazione di soggetto sacro. Nei primissimi anni Settanta affrescò l'abside sinistra del transetto della chiesa di S. Nicolò con la Proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione e successivamente, pur risiedendo dal 1874 al 1882 a Reggio nell'Emilia, fu ancora attivo a Carpi nei cantieri della cattedrale dell'Assunta (tra il 1874 e il 1890 dipinse vari medaglioni con Santi nelle volte e nella stanza dei canonici), di S. Francesco (nel 1876 affrescò il catino absidale con tre tondi raffiguranti Angeli con simboli religiosi) e di S. Bernardino (medaglioni con I quattro dottori della Chiesa nel soffitto della navata, 1898-1911). A qualificare tali imprese pittoriche fu la personale interpretazione dei modelli del passato studiati in Accademia (Guido Reni, Carlo Cignani e gli altri protagonisti del Seicento emiliano, oltre al Correggio), spogliati della vena illusionistica e adattati alla resa formale nazareno-purista, in parallelo con le scelte operate dal coetaneo Fermo Forti. Volta al recupero dei più consueti motivi iconografici e compositivi fu anche la fortunata produzione di pale d'altare, all'interno della quale spiccano le sacre conversazioni di stampo rinascimentale (quali la Madonna del Carmine in gloria con i ss. Sebastiano e Fabiano della parrocchiale di S. Biagio in Palude, databile al 1884).
Anche sul versante della decorazione di soggetto profano il L. si espresse in continuità con la migliore tradizione del Seicento e del Settecento bolognesi. Soggetti allegorici e scene mitologiche, ma anche motivi di matrice arcadica, furono infatti impiegati a decorare palazzi carpigiani e dimore della campagna circostante. La Flora, che occupa la volta del salone al piano terreno di villa Pallotti (già Srecher, poi Stuffler) nella frazione di Gargallo di Carpi, è una variante del modello di Cignani, conservato alla Galleria Estense di Modena, così come la Flora con tre amorini, dipinta in uno dei salotti di casa Ferrari Forti.
Negli anni della maturità il L. si impose quale principale ritrattista della borghesia locale e dei suoi protagonisti. Nel genere utilizzò tele e tavole di dimensioni medio-piccole e privilegiò il primo piano, non disdegnando il supporto della strumentazione fotografica, utilizzata a vantaggio di una maggiore fedeltà mimetica. In opposizione a quanto fatto per la decorazione d'interni e in continuità con le prove giovanili, adottò una cifra stilistica caratterizzata dal tratto risoluto e sintetico, proprio, per esempio, della coeva produzione di Antonio Puccinelli, Silvestro Lega e Giovanni Fattori.
Ne sono persuasiva testimonianza i ritratti, carichi di immediatezza espressiva, di Luisa Menotti, di Carlo Grossi e di Angelo Menotti (Carpi, Museo civico). Su probabile sollecitazione della committenza, modellò in qualche altro caso immagini concentrate sulla resa accurata dei dettagli e sulla ricerca degli effetti mimetici. Nei ritratti di Ludovico Benzi in abiti da cacciatore (Modena, collezione privata, in Un "macchiaiolo" a Carpi(, n. 34, p. 45) e di Giovanna Chicchi (Carpi, Museo civico), datati rispettivamente al 1896 e al 1898, emerge per esempio la volontà di rappresentare lo status sociale dell'effigiato e di coglierne, insieme, il carattere e l'interiorità.
Il L. si dedicò anche alla pittura di genere, prediligendo dipinti di ispirazione domestica ambientati in un contesto borghese e contadino.
Alle prove del periodo fiorentino, concentrate ed essenziali (L'inconsolabile e Trecciaiole: Carpi, collezione privata, in Un "macchiaiolo" a Carpi(, nn. 48-49, pp. 51 s.), seguirono opere dai tratti più marcatamente sentimentali, volte a indagare il tema della maternità e degli affetti familiari. Oltre a scene di carattere neosettecentesco, influenzate dalla pittura di Gaetano Chierici (Le tortorelle: Carpi, Museo civico), la sua produzione annovera così episodi di matrice macchiaiola (Donna che allatta: Ibid., e Maternità: Carpi, collezione privata, in Un "macchiaiolo" a Carpi(, n. 55, p. 55), sconfinando in qualche caso nel verismo sociale (Madre col figlioletto e Vecchia col cane: Carpi, collezione privata, ibid., nn. 56, 59, pp. 55, 57).
Nel genere paesaggistico trasse ispirazione dai modelli di Lega e di Raffaello Sernesi, adottando un formato ridotto e privilegiando la tecnica dell'olio su cartone. Essenzialità delle forme e audaci variazioni luministiche contraddistinguono Il fabbricato delle zitelle e il terrapieno delle mura (Carpi, Museo civico); mentre pennellate interrotte e rapide restituiscono l'ariosa atmosfera del giardino dell'industriale Tommaso Benassi (Il giardino della villa Benassi a Santa Croce di Carpi: Carpi, collezione privata, in Un "macchiaiolo" a Carpi(, n. 72, p. 65).
Il profondo legame con la terra natale ispirò al L. un'intensa attività copistica, volta al recupero dei più significativi maestri del passato (il Correggio e Reni, fra gli altri). Al 1898 risalgono I quattro dottori della Chiesa (Carpi, cattedrale dell'Assunta), riproduzioni ad affresco delle immagini quattrocentesche del ferrarese Antonio Alberti, conservate nella chiesa della Sagra; allo stesso periodo appartengono le copie (Carpi, Museo civico) di alcuni ritratti di "uomini illustri" dipinti all'inizio del Cinquecento da Bernardino Loschi nel castello. Nell'alveo della cultura romantica, volta al recupero delle glorie locali, il L. celebrò in più occasioni la figura del principe umanista Alberto (III) Pio, protagonista del perduto dipinto (che richiama dichiaratamente la pittura di Domenico Morelli), presentato all'Esposizione nazionale di Bologna del 1888: Ludovico Ariosto ambasciatore presso Alberto Pio (il bozzetto preparatorio è conservato al Museo civico di Carpi). Nel 1899 portò a compimento, in un diverso registro stilistico, la tela intitolata Le ultime ore di Ciro Menotti (Carpi, collezione privata, in Un "macchiaiolo" a Carpi(, n. 68, p. 63). Nell'intento di restituire la verità "fotografica" di quei momenti, il L. si servì del circostanziato resoconto del sacerdote F.M. Bernardi, confessore di Menotti nel carcere modenese della cittadella. Caratterizzato da un analogo intento narrativo è il quadro ispirato al tragico episodio manzoniano della Cecilia (Carpi, Museo civico).
Il L. morì a Carpi l'8 ag. 1914 e fu sepolto nel cimitero cittadino.
Fonti e Bibl.: Le questioni relative alla biografia e alla produzione artistica del L. sono ampiamente trattate in Un "macchiaiolo" a Carpi. A. L. (1834-1914) (catal., Carpi), a cura di G. Martinelli Braglia, Imola 1998. Si vedano, inoltre, Mostra straordinaria di pittori carpigiani. Carlo Grossi, A. L., Orfeo Messori, Carpi 1948, pp. 2, 4; M.C. Nannini, Secoli, pietre, colori, Carpi 1953, pp. 135-150; G. Guandalini - A. Garuti - E. Borsari, Mostra retrospettiva di A. L., Carpi 1966; D. Colli - A. Garuti - R. Pelloni, Terra e cielo. La decorazione tra '800 e '900 negli edifici di Carpi, Correggio, Novi e Soliera, Carpi 1983, pp. 16, 53, 57, 67, 93-95, 131, 138, 147; A. Garuti, Musei d'Italia. Meraviglie d'Italia. Carpi. Museo civico "Giulio Ferrari". I dipinti, Bologna 1990, pp. 114-127; G. Martinelli Braglia, in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, p. 888; E. Golinelli - A. Garuti, Modena. Le chiese della provincia. Storia e immagini. La Bassa, Modena 1992, pp. 125, 154, 163 s., 174, 184, 209 s., 225, 288; G. Martinelli Braglia, A. L. (1834-1914), un pittore nella Carpi tra Otto e Novecento, in Alfredo Bertesi e la società carpigiana del suo tempo. Atti del Convegno, Carpi( 1990, a cura di M. Degl'Innocenti - F. Della Peruta - A. Varni, Modena 1993, pp. 429-439; La virtù delle arti. Adeodato Malatesta e l'Accademia Atestina (catal., Vignola), Modena 1998, pp. 224-227; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 456.