ALBA (fr. aube; sp. alba; ted. Tagelied; ingl. aubade)
Questo termine designava, in origine, quello che fu, nella vita delle città e dei castelli, il grido o canto della notturna scolta, nunzia del mattino. Avanza, nel codice vaticano reg. 1462, un' "alba", da attribuire paleograficamente, anche in riguardo alla notazione neumatica, al sec. XI; latinamente travestita, ma con ritornello quasi per intero volgare, forse provenzale; dove già si presenta la formula l'alba par, che torna di solito nelle note albe posteriori. In questo canto primitivo, guerresco o simbolicamente religioso, com'altri più antichi inni cristiani, nessuno spunto d'amore. L'amore viene dopo, e invade anche la canzone del mattino. Antiche romanze francesi, del sec. XII, offrono di già il motivo grazioso, palpitante ancora nella poesia popolare, dell'allodola, che annunzia il crepuscolo mattutino e interrompe, inconscia, le notturne e furtive delizie degli amanti: il che nella storia del pensiero poetico sembra preluder di lontano alla scena shakespeariana, in cui Giulietta deve riconoscer pure che non l'usignolo, ma l'allodola ha cantato, ond'è Romeo costretto ad abbandonarla. Del resto, motivi simili, sull'universale fondo umano, sostanzialmente identico, ispirano uguali scene anche altrove: per esempio, in Cina, già più secoli innanzi all'era nostra. Variazione di cosifatti risvegli all'ebbrezza mattutina dell'allodola trillante è in una canzone di crociata, dove s'esortano gli amorosi di Dio a non dormir più, ché l'allodola annunzia il giorno e la pace promessa a chi prenderà la croce. Perché appunto una varietà delle albe profane sono le religiose, di cui rimangono alcuni saggi tra il novero breve delle albe provenzali superstiti: saggi di resipiscenza sfruttante le seduzioni della vaga forma originaria, per esortare a pentimento e a preghiera. L'alba caratteristica, l'amorosa, accomodata alla vita feudale, alla società cavalleresca, nella quale era dogma amare liberamente a dispetto del "geloso", antonomasia del marito, nacque in Provenza, aristocratica e trobadorica. Gli amanti secretamente si ritrovano entro al castello o nel verziere, sotto gli alberi e in mezzo ai fiori: e la scolta può rimanere estranea o farsi complice ai perigliosi amori, quando non avvenga piuttosto che un compagno stesso dell'amatore si presti a vigilare, serenando, nella notte, per esser pronto sul mattino a richiamare l'obliosa coppia alla realtà inesorabile. Bellissime quasi tutte queste poche albe, a noi pervenute, dei trovatori, tra i quali anche qui spicca Giraut de Borneill, per l'alba, avanzataci pur con la melodia, incantevole:
heis glorios, verais lums et clartatz
"Re di gloria, chiaror, luna verace"
S'incomincia da Dio, ma Dio, beninteso, ci sta a pigione.
Delle albe trobadoriche qualche imitazione s'ebbe nella lirica d'arte francese. E autori d'albe furono anch'essi i Minnesinger; ma in Germania il motivo non venne attinto solamente alla poesia occitanica ed oitanica, sì ancora alle sorgenti vivissime del costume paesano e dell'ispirazione originale. Né il tema del mattino doloroso agli amanti manca negli antichi dicitori nostri; com'è sempre vivo nelle rime dei volghi italiani il lamento che la rondine, più spesso, non l'allodola, troppo s'affretti a risvegliare chi ama.
Riportiamo qui un esempio di alba, bellissima, secondo la trascrizione che ne dà l'Aubry (Trouvères et Troubadours, Parigi 1909):
Bibl.: K. Bartsch, Die romanischen und deutschen Tagelieder, in Gesammelte Vorträge und Aufsätze, Friburgo in Br.-Tubinga 1883, p. 250 segg.; L. Römer, Die volkstümlichen Dichtungsarten der altprovenz. Lyrik, Marburgo 1884, p. 3 segg.; De Gruyter, Das deutsche Tagelied, Lipsia 1887; L. Fränkel, Shakespeare und das Tagelied, Hannover 1893; G. Schlaeger, Studien über das Tagelied, Jena 1895; E. Gorra, L'alba bilingue, in Miscell. linguist. in onore di G. Ascoli, Torino 1901, p. 489 segg. (su l'alba bilingue del vatic. reg. 1462 ci sarebbe dell'altro da citare, ma lo scritto del Gorra giova anche allo studio generale dell'alba); A. Jeanroy, Les origines de la poésie lyr. en France au moyen-âge, 2ª ed., Parigi 1904, pp. 61 segg., 141 segg., ecc.