MORELLI, Alamanno
MORELLI, Alamanno. – Nacque a Brescia il 12 giugno 1812 da Antonio e da Adelaide Salsilli, coppia di attori veneziani specializzata nel teatro goldoniano.
Attore egli stesso, capocomico, insegnante, poi agente teatrale e, soprattutto, teorico del teatro, compì l’apprendistato teatrale nella propria famiglia che comunque lo indirizzò verso studi regolari, svolti tra Vicenza e Padova. Alla morte del padre, nel 1827, fece il suo esordio in teatro. Nel 1829 entrò ufficialmente nella compagnia di Giacomo Modena, nella quale muoveva i primi passi anche il giovane Gustavo. Qui si distinse in personaggi minori goldoniani, quali Sgualdo di Zelinda e Lindoro, Filippetto dei Rusteghi, il cameriere del Medico olandese, dando prova di particolare versatilità interpretativa, tanto da venire scritturato, nel 1840, dalla compagnia Florio «per sostenere le parti di brillante e di tiranno» (Jarro, 1893, p. 104). Nel 1842 fu scritturato dalla compagnia Favre come amoroso e, l’anno dopo, dalla compagnia Bergamaschi-Cappelli come primo attore. Nel 1845 sul palcoscenico del Teatro Re di Milano, di cui era responsabile Giacinto Battaglia, si affermò nell’interpretazione di Kean o Genio e sregolatezza, dramma in cinque atti di Alexandre Dumas padre, andato in scena per la prima volta nel 1836 e recitato nella traduzione dello stesso Battaglia. Di passaggio a Genova con la Compagnia Lombarda diretta da quest’ultimo, Morelli partecipò ai moti della città ligure del 1849 come comandante del forte di Castelletti.
Il successo ottenuto nel ruolo del protagonista Kean, personaggio romanzesco e convenzionale, ispirato alla biografia dell’omonimo attore tragico inglese, lanciò la carriera artistica di Morelli verso altre, impegnative interpretazioni. Al 1850 risale lo sperimentale e personalissimo Amleto, portato in scena nella traduzione di Carlo Rusconi. Dopo quello di Antonio Morrocchesi del 1791, l’Amleto di Morelli può considerarsi una sorta di ‘incunabolo’ recitativo, al quale fecero seguito numerose interpretazioni del principe di Danimarca, fatto rivivere da molti attori italiani, primi fra tutti Ernesto Rossi e Tommaso Salvini.
Già nel 1850-1851 Morelli divenne impresario della Compagnia Lombarda, che in quell’anno poté vantare tra i suoi scritturati attori prestigiosi, fra i quali Fanny Sadowsky, Achille Majeroni, Luigi Bellotti Bon, Francesco Augusto Bon, Gaetano Vestri. Morelli la diresse fino al 1853, quando assunse la direzione dell’Accademia Filodrammatica di Milano. L’incarico fu di grande responsabilità e Morelli, nel pieno della maturità, smise di recitare per l’insegnamento, che coronò con la pubblicazione, nel 1854, del Prontuario delle pose sceniche presso Borroni e Scotti di Milano, un «dizionarietto tascabile» (Allegri, 2005, p. 124) di mimica e di gesti, ordinati alfabeticamente, funzionali per lo più al repertorio comico.
Nel novembre 1855 la Luogotenenza lombarda autorizzò la costituzione dell’agenzia Cosmorama Pittorico, fondata da Morelli con Francesco Zappert e Vitaliano Prina. Morelli dispiegò molte energie nel nuovo lavoro, che – secondo le consuetudini dell’epoca – prevedeva anche la pubblicazione di un periodico omonimo in grado di veicolare gli interessi commerciali della società. Nel ruolo di agente intrattenne intensi rapporti epistolari con impresari e attori di tutta Italia, tanto da riuscire a scritturare Adelaide Ristori alla Canobbiana dal 16 al 22 dicembre 1856.
Versatile e duttile, attore «corretto ma privo di grandi risorse» (Alonge, 1988, p. 29), sostenne ruoli diversi, nella vita e nel teatro. «La sua voce non tuona, né è molto bella», scrisse Francesco Regli (1860, p. 346), giudizio condiviso con qualche sfumatura dai suoi contemporanei. Secondo Costetti (1901, p. 197): «Ebbe aspra, ma potente la voce; maschia e severa la fisionomia, di cesareo profilo; forti e proporzionate le membra, sinceramente affabili, ma non dimessi i modi». Ritenuto un «secondo Modena», si distinse come «eccellentissimo attore », «espertissimo capocomico», «instancabile sostenitore dell’arte» (Regli, ibid.). Nel corso della sua carriera incarnò molti personaggi, tra i quali, oltre ai menzionati, gli shakespeariani Riccardo III e Macbeth, Faust dell’omonimo dramma di Goethe, Chatterton dell’omonima opera di De Vigny.
Nel 1858 lasciò la Filodrammatica, e nella stagione 1859-1860 entrò nella Compagnia Romana di Luigi Domeniconi. L’anno seguente tornò al capocomicato, tanto da rifondare e dirigere ininterrottamente fino al 1875 la Compagnia Drammatica Lombarda, per la quale scritturò interpreti di rilievo: Pia Marchi, Luigi Monti, Virginia Marini, Francesco Ciotti. Nel frattempo proseguì nell’impegno di riformatore dell’arte della recitazione: nel 1862 pubblicò le Note sull’arte drammatica rappresentativa, presso il libraio-editore Giacomo Gnocchi di Milano, dedicate a Pasquale Stanislao Mancini, ex ministro della Pubblica istruzione; nel 1877, per i tipi di Carlo Barbini il Manuale dell’artista drammatico, nel quale raccolse anche altre sue opere teoriche e al quale allegò l’avveniristico Progetto di un Teatro Stabile in Roma, presentato al ministro Cesare Correnti il 24 gennaio 1872.
Il Manuale, steso in forma dialogica, assemblava note, osservazioni e precetti relativi per «la più parte ai doveri dell’attore, alle cognizioni onde avrebbe ad essere provveduto, e ai difetti nei quali più spesso inciampa» (p. 177).
Parallelamente al suo tenace sforzo nel rinnovamento della scena e dei suoi interpreti, Morelli sostenne e incoraggiò la nuova drammaturgia nazionale (Giuseppe Giacosa e Achille Torelli in primis) contro quella, imperante, francese. A tale scopo, naufragato il progetto dello Stabile romano, si fece promotore del Giurì Drammatico, istituito a Udine nel 1876, per selezionare e sostenere le novità italiane, e del primo Congresso drammatico di Firenze, cui seguì nel 1878 anche un secondo tentativo.
La battaglia per migliorare le sorti del teatro nazionale non intralciò la sua l’attività di attore e di capocomico. Dal 1876 al 1881 formò compagnia con Adelaide Tessero e noncurante dei suoi anni compì con l’attrice piemontese una tournée oltreoceano, recandosi per la prima volta in America del Sud, nell’estate del 1880. Di ritorno dal lungo periplo estero, svoltosi nei principali teatri dell’Uruguay e dell’Argentina, riprese a far compagnia da solo. Nel 1882 scritturò Gaspare Lavaggi e sua moglie Giuseppina Boccomini, nel 1883 Cesarina Ruta, nel 1884 Emilia Aliprandi Pieri. L’anno dopo, invece, fu scritturato da Vittorio Pieri. Nel 1886 si concesse un anno di riposo a Scandicci, nei pressi di Firenze, dove risiedeva e aveva acquistato casa. Instancabile e forse anche bisognoso di lavoro, nel 1888-1889 decise di tornare a dirigere un’altra formazione, la Marazzi- Diligenti e Zerri. Insieme con Virginia Marini fu tra i promotori della Società filodrammatica ‘Alessandro Manzoni’ di Scandicci.
Non è noto quando esattamente abbia sposato Elvira Ramaccini, figlia d’arte nonché seconda donna, morta a Genova nel 1870 secondo la testimonianza di Antonio Colomberti (1872). Certo è che contrasse di nuovo matrimonio con la vedova romana Amalia Nani, di 17 anni più giovane, e che ebbe almeno un figlio avviato al palcoscenico, Amilcare, padre a sua volta di Elvira, detta Rina, celeberrima attrice viscontiana. La sua famiglia d’arte si intrecciò con quella dei Majeroni: Alemanno era infatti fratellastro di Achille, nato dalle seconde nozze della madre Adelaide Salsilli con Edoardo Majeroni, e anche cognato, per avere Achille sposato Rosina Morelli, sua sorella.
Due anni dopo il suo ritiro dalle scene, poco dopo aver ricevuto una pensione di 50 scudi all’anno dal re, morì a Scandicci, nella casa al numero civico 74, situata nel Popolo di Santa Maria a Greve (attuale via Dante, n. 13) il 10 gennaio 1893 «per probabile perforazione intestinale» secondo il referto medico (Scandicci, Arch. storico comunale, Archivio postunitario, Atti e registri degli atti di morte, 28).
Venne sepolto nel cimitero della città e salutato dall’orazione funebre di Tommaso Salvini e di Gattesco Gatteschi. Una lapide, apposta il 31 gennaio 1909 sulla facciata della sua ultima abitazione, ne ricorda il passaggio.
Fonti e Bibl.: La ristampa anastatica delle tre opere citate – Note sull’arte drammatica rappresentativa; Manuale dell’artista drammatico. Cinque dialoghi col Prontuario delle pose sceniche e Progetto di un Teatro Stabile in Roma – è curata da S. Pietrini (Trento 2007). F. Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici, Torino 1860, p. 346; A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico (1872), a cura di A. Bentoglio, Roma 2004, pp. 643-645; F. Sheridan, A. M. e l’arte sua, Mortara 1879; Jarro [G. Piccini], Sul palcoscenico e in platea. Ricordi critici e umoristici, Firenze 1893, pp. 92-111; A. Ghislanzoni, Gli artisti da teatro, Milano 1896, p. 64; G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800. (Indagini e ricordi), Rocca San Casciano 1901, pp. 193-199 (rist. anast. 1978); L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, II, Firenze 1905, pp. 155-158; G. Cauda, Chiaroscuri di palcoscenico. Ricordi, aneddoti, impressioni, Savigliano 1910, pp. 42-43; A. Franci, Delle ‘pose sceniche’ di A. M., in Comoedia, XIII (1931), n. 2, pp. 11-13; N. Leonelli, Attori tragici. Attori comici, II, Roma 1944, pp. 115-117; G. Pastina, A. M., in Enc. dello spettacolo, VII, Roma 19752, coll. 828-830; A. Minnonne, Il codice cinesico nel ‘Prontuario delle pose sceniche’ di A. M., in Versus, 1979, pp. 48-75; R. Alonge, Teatro e spettacolo nel secondo Ottocento, Roma-Bari 1988, pp. 13, 16, 29-30, 141, 218 s.; C. Meldolesi - F. Taviani, Teatro e spettacolo nel primo Ottocento, Roma- Bari 1991, pp. 271, 274; C. Jandelli, I ruoli nel teatro italiano tra Otto e Novecento, Firenze 2002, pp. 13, 28, 37 s., 40, 50 s., 55, 58-59, 65, 90, passim; L. Allegri, L’arte e il mestiere. L’attore teatrale dall’antichità ad oggi, Roma 2005, pp. 124 s.; R. Majeroni, Achille Majeroni. Grande attore sul palcoscenico dell’Ot-tocento, Milano 2005, pp. 14, 32-35, 52, 307, 324 s.; L. Cavaglieri, Tra arte e mercato. Agenti e agenzie teatrali nel XIX secolo, Roma 2006, pp. 365-368; S. Pietrini, Per una mimica degli affetti: A. M. e i trattati di recitazione dell’Ottocento in Note sull’arte drammatica... cit.; S. Stefanelli, I precetti linguistici di un grande attore, ibid., pp. LXI-LXXIII.