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DELLA TORRE, Alamanno

di Giuliana L. Fantoni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)
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DELLA TORRE, Alamanno

Giuliana L. Fantoni

Figlio di Iacopo di Martino detto il Gigante, conte di Valsassina e fratello di Pagano, è scarsamente ricordato dalle fonti. Fu infatti un personaggio di secondo piano all'interno della famiglia e trascorse gran parte della propria vita lontano da Milano, ricoprendo la carica di podestà in varie città dell'Italia centrosettentrionale, mentre nella città lombarda si affermava la potenza dei Della Torre. Probabilmente fu, tra l'altro, podestà di Parma e di Rimini e nel 1253forse anche di Bologna. Si hanno invece informazioni più precise sulle importanti podesterie che ricoprì a Firenze e a Pisa negli ultimi anni della sua vita.

Il D. fu podestà di Firenze nel 1255,al tempo in cui nella vicina San Gimignano era sorta una contesa, le cui origini sono tutt'altro che chiare, tra la nobiltà e le undici corporazioni delle arti. I Fiorentini cercavano di approfittare della situazione confusa per intromettersi negli affari interni della città, e quando la nobiltà ebbe il sopravvento sulle corporazioni, si eressero a difensori delle arti ed inviarono a San Gimignano una legazione guidata dal Della Torre. Gli ambasciatori furono accolti con molti onori, e riuscirono in breve a ripristinare le corporazioni e ad ottenere una sostanziale sottomissione di San Gimignano che accettò di abbattere le proprie mura e di essere per lungo tempo guidata da podestà fiorentini. Sempre nel 1255venne iniziata la costruzione del palazzo del capitano del Popolo, poi palazzo del Bargello.

L'anno successivo il D. ricoprì ancora la carica di podestà a Firenze. In quell'anno i Fiorentini, alleati con gli Aretini, mossero guerra alla città di Viterbo, ghibellina e fedele di Manfredi, e contro di lei inviarono 500 cavalieri al comando del conte Guidoguerra dei conti Guidi. Questi, però, tradì l'alleanza fiorentino-aretina e mosse contro Arezzo da dove cacciò il governo. La risposta dei Fiorentini fu immediata: essi costrinsero gli Aretini a cacciare il ribelle, che si allontanò comunque dalla città dopo aver ottenuto una consistente somma.

La podesteria del D. a Firenze fu rinnovata nel 1257. In questo periodo si ebbe una recrudescenza della lotta tra Firenze, alleata di Lucca, e la tradizionale rivale, Pisa. Dopo avere subito una disfatta ad opera dei Fiorentini, i Pisani cercarono scampo fuggendo verso il Serchio, ma il ponte di Pontasserchio, sul quale si erano affollati, non resse al peso e, crollando, provocò la morte per annegamento di - si dice - 2.500pisani. Parve, allora, ai Fiorentini, che quella sarebbe potuta essere l'occasione propizia per procedere all'occupazione di Pisa, rimasta indifesa. Il non aver saputo o voluto sfruttare tale possibilità fu addebitata come colpa al D., accusato per questo di essersi accordato segretamente con i Pisani. È difficile stabilire l'attendibilità dell'accusa. Di certo sappiamo che il D. stipulò la pace con i Pisani, i quali dovettero cedere a Genova la città di Lerici, ai Corvaia i loro castelli, a Lucca i castelli vescovili e a Firenze i castelli di Ripafratta, Motrone e Massa e radere al suolo il castello di Pontedera. Il D., in ricordo della vittoria, fece poi abbattere un pino e sul ceppo fece coniare fiorini d'oro recanti l'immagine di s. Giovanni, patrono di Firenze, mentre calpesta il trifoglio pisano.

Nel 1258, però, benché a Firenze fosse stato sempre amato, stimato e rispettato, fu chiamato come podestà proprio a Pisa e tale repentino cambiamento politico avvalorò i sospetti sul suo conto. Tuttavia a Pisa non rimase a lungo in carica: vi morì pochi mesi dopo il suo ingresso in città.

Fonti e Bibl.: Chronica varia Pisana, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., VI,Mediolani 1725, col. 192; Ricordano et Giachetto Malespini, Historia florentina, ibid., VIII,ibid. 1726, coll. 982 s.; G. Villani, Historia universalis, ibid., XIII,ibid. 1728, coll. 196 s.; G. Giulini, Mem. spettanti alla storia, al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, IV,Milano 185 5, pp. 506, 517; V. Franchini, Saggio di ricerche su l'istituto del podestà nei Comuni medievali, Bologna 1912, p. 213; G. Franceschini, La vita politica e sociale del Duecento, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, p. 277; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II,Firenze 1956, pp. 597, 613; V, ibid. 1962, p. 138.

Vedi anche
Ghibellini Sostenitori della fazione tedesca capeggiata dagli Hohenstaufen, signori di Waibling (da cui il nome) e duchi di Svevia, in contrapposizione ai Guelfi. podestà podestà Nel comune medievale italiano, magistratura unica che sostituì la magistratura collegiale del consolato (12°-13° sec.). Le origini storiche del podesta non sono chiare e neppure è da pensare a un’unica origine: è da ammettere che in alcune città vi si sia arrivati attraverso un’evoluzione del ... castello architettura Presso i Romani il castellum era un’opera di fortificazione, generalmente di minore entità rispetto al castrum, lungo i confini dell’Impero. I castello erano temporanei o permanenti: i primi erano semplici ridotte, di forma circolare o quadrangolare, spesso senza baraccamenti per le truppe; ... Arezzo Comune della Toscana (384,5 km2 con 95.853 nel 2007), capoluogo di provincia. La città è situata a 296 m s.l.m., al margine meridionale di un’ampia conca appenninica che nella sua parte settentrionale è lambita dall’Arno e attraversata dal canale maestro della Chiana. Arezzo è costituita da due parti, ...
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tórre
torre tórre s. f. [lat. tŭrris, con molta probabilità da collegare con il gr. τύρρις, variante di τύρσις «torre», parola che potrebbe essere stata importata dall’Asia Minore dagli Etruschi, chiamati dai Greci Τυρρηνοί e Τυρσηνοί e in latino...
tòrre
torre tòrre v. tr. – Forma contratta, pop. o poet., di togliere (v. questa voce, anche per esempî e citazioni).
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