BIBOLOTTI, Aladino
Nacque a Massa il 22febbraio del 1891, da Costanzo, ferroviere, e da Edvige Tomagnini. Già a tredici anni militava in un circolo studentesco anticlericale; due anni dopo s'iscrisse al partito socialista (1906), del quale in seguito divenne un dirigente per la Lunigiana e la Versilia. Richiamato alle armi nel 1911, fece la campagna di Libia; nel 1914 venne degradato da caporal maggiore per propaganda antimilitarista e relegato a Fossano. Confermato alle armi senza soluzione di continuità allo scoppio della guerra mondiale, e deferito, sempre per le sue convinzioni, al tribunale militare del IX corpo d'armata, fu, all'indomani di Caporetto, precauzionalmente inviato a Porto Bardia (Cirenaica). Smobilitato, fu segretario del circolo giovanile socialista di Massa, poi della locale Unione socialista; fece le prime esperienze giornalistiche sui periodici La Mina,La Battaglia,La Versilia, orientandosi verso l'attività sindacale e assistenziale. Partecipò al congresso di Livorno del gennaio 1921 sulle posizioni della frazione comunista di Imola, in veste di segretario della federazione provinciale di Massa e Carrara; fino all'arresto del 1925 fu attivo organizzatore del partito comunista.
Al congresso costitutivo della federazione comunista di Massa e Carrara (febbraio 1921) venne eletto segretario federale e direttore del settimanale La Battaglia comunista, assumendo contemporaneamente la carica di vicesegretario dell'Istituto interprovinciale per la previdenza sociale. Fu candidato al parlamento del Partito comunista d'Italia nell'aprile 1921, per la circoscrizione di Massa, Lucca, Pisa e Livorno, e ancora nel 1924 per la Toscana. Fatto oggetto della violenza fascista (ebbe l'abitazione incendiata), nel luglio '21 si trasferì a Torino, dove assunse la segreteria della Associazione generale operaia, affiliata dell'Alleanza cooperativa torinese.
Entrò nel comitato federale torinese del partito comunista e prese a collaborare all'Ordine Nuovo, del quale era stato corrispondente da Massa. Aggredito nella sede della camera del lavoro, nel dicembre '22, arrestato per breve tempo nel gennaio '23, licenziato quindi dall'Associazione generale operaia, la direzione del partito comunista, nel cui apparato centrale era ormai entrato, lo mandò alla direzione amministrativa del Lavoratore di Trieste. Alla chiusura del giornale (luglio '23) si trasferì all'amministrazione centrale del partito comunista, a Milano. Qui ebbe anche la direzione della sezione italiana del Soccorso rosso. Nel '24 partecipò, a Mosca, al terzo congresso della Cooperazione comunista e al quinto della Internazionale comunista, che lo chiamò nel comitato centrale del Partito comunista d'Italia per la frazione di Tasca. Entrato nella clandestinità con lo pseudonimo di "Bini", ne uscì per assumere l'amministrazione dell'Unità a Milano. Dal luglio al settembre del 1925 egli subì tutta una serie di arresti, l'ultimo dei quali lo portò con Terracini dinanzi al tribunale penale di Milano, poi, con lo stesso e altri dirigenti comunisti, di fronte al tribunale speciale che, nel famoso "processone", lo condannò a diciotto anni e mezzo di reclusione.
Scontò nove anni di carcere, da Bologna a Milano, a Roma, a Fossombrone (dove fu tenuto in segregazione), a Castelfranco Emilia, a Civitavecchia. Scarcerato per amnistia nell'ottobre '34, dimorò a Torino, sotto sorveglianza, fino al dicembre, quando riuscì a espatriare in Francia.
Qui prese contatto con la direzione del partito comunista che, nel marzo '35, lo reintegrò nel comitato centrale. Nell'emigrazione, ebbe la condirezione della sezione italiana del Soccorso rosso, poi la segreteria del comitato internazionale pro vittime politiche italiane, presieduto da R. Rolland. Nell'ottobre 1935 entrò nella segreteria del partito comunista come amministratore, quindi come direttore dell'ufficio tecnico, infine, dall'estate '36, come membro dell'ufficio politico. In tale veste, alla fine dell'anno, si recava in missione a Mosca. Dopo aver fatto parte (1938), con Grieco e Dozza, della commissione revisione quadri, nel '39, in concomitanza con la destituzione di Grieco dalla carica di segretario, lasciava l'ufficio politico per tornare alle sole funzioni tecniche e amministrative e, nel luglio, rientrava nella legalità come amministratore della Voce degli Italiani.
In seguito ai provvedimenti presi dal governo francese contro i comunisti, il B. venne arrestato nel gennaio 1940 e internato nei campi di Vernet d'Arriège e di Les Milles (Marsiglia); fuggito, venne mandato a svolgere attività clandestina nei pressi della frontiera con l'Italia. Arrestato per delazione nel gennaio 1942, venne, dal governo di Vichy, consegnato, nel luglio, alle autorità italiane, che lo confinarono a Ventotene. La caduta del regime fascista lo trovò, in attesa di processo, nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere, da dove uscì il 3 settembre. Dopo l'armistizio, si unì ai primi distaccamenti partigiani del Biellese. Nel febbraio 1944 si trasferì a Roma e di qui, poco dopo, in Umbria, dove, come commissario politico e col nome di "Silvio", partecipò alla liberazione di Terni (15 giugno), poi di Perugia (20 giugno: vedi la sua relazione in Rinascita, XXI[1964], 25, pp. 17-20) e diresse i fogli clandestini, poi divenuti organi cittadini,La Turbina e La Battaglia.
Nell'agosto si trasferì a Napoli, dove diresse l'ufficio meridionale del partito comunista, con particolare interesse per le zone di Salerno, Avellino e Benevento, e collaborò al giornale La Voce. Ai primi del '45 tornò a Roma, per assumere le funzioni di commissario liquidatore dell'ex Confederazione fascista dei lavoratori del commercio.
Sulla base dell'impegno del congresso della Confederazione generale italiana del lavoro tenuto a Napoli (28 genn-1º febbr. 1945) per la riforma previdenziale (relaz. Laricchiuta), la segreteria confederale costituiva l'Istituto nazionale confederale assistenza (I.N.C.A.) e ne affidava al B. la presidenza. Tale incarico gli valse poi l'inserimento nella commissione esecutiva della C.G.I.L. e nel comitato direttivo della Lega nazionale cooperative.
Dalle pagine dell'Assistenza sociale, bollettino mensile dell'I.N.C.A., di cui era direttore, ai primi due convegni nazionali dell'I.N.C.A. (Firenze, 28-31 maggio 1947, e Genova, 2-3 ott. 1949, in concomitanza con i congressi della C.G.I.L.), alla Costituente (alla quale venne eletto per la circoscrizione di Pisa) e al senato (alla cui prima legislatura partecipò di diritto), riforma previdenziale, sicurezza sociale, emigrazione e cooperazione furono problemi di sua competenza (cfr. lo scritto I comunisti in difesa dei pensionati, Roma s.d., ma 1947; suoi discorsi in senato sono stati pubblicati anche in opuscoli). Morì a Roma il 24 febbr. 1951.
Fonti e Bibl.: Per la redaz. della voce è stata consultata la Autobiografia del compagno A. B., datata Roma 6 nov. 1945, presso la Commissione centrale di controllo del Partito comunista italiano; il figlio Danilo ha permesso l'accesso alla corrispondenza privata e a una ragguardevole quantità di materiale documentario; sono stati, infine, direttamente interpellati Luigi Amadesi, Cesare Colombo e Aldo Lampredi. Sul B. v. inoltre: G. Germanetto,Memorie di un barbiere, Roma 1945, p. 301; I congressi della CGIL, II-III, Roma 1949-52,ad Indicem; G. Germanetto,Ricordo di B., in Vie Nuove, VI(1951), 10, p. 5; Ieri si è spento a Roma il compagno A. B., in L'Unità, 25 febbr. 1951; G. Di Vittorio, A. B., in L'Assistenza sociale, V(1951), 2-3, pp. 1-2; G. Germanetto-P. Ribotti,Trent'anni di lotte dei comunisti italiani, Roma 1952, p. 190; F. Bellini-G. Galli,Storia del Partito comunista italiano, Milano 1953, pp. 236-238; G. Galli,Storia del Partito comunista italiano, Milano 1958, pp. 126, 208; Il processone, a cura di S. Zucaro, Roma 1961,passim; P. Spriano,Storia del Partito comunista italiano. Da Bordiga a Gramsci, Torino 1967,passim.