al-HALLĀǴ
ĀǴ Soprannome arabo, significante "il cardatore", con cui è noto al-Husain ibn Manṣūr, famoso teologo e mistico musulmano, nato intorno al 244 èg., 858 d. C., presso al-Baiḍā' nella provincia di Fāris (Persia di sud-ovest), vissuto per lo più nella Mesopotamia e giustiziato a Baghdād nel 309 èg., 26 marzo 922, dopo otto anni di prigione ed un processo durato sette mesi, quale colpevole di gravissima eresia per i suoi scritti (in arabo) dal linguaggio misterioso e soprattutto per la sua teoria dell'unione mistica, qualificata di ḥulūl (discesa ad abitare) e dagli avversarî equiparata all'unione della divinità con l'umanità in Cristo secondo i Cristiani nestoriani. Infatti per al-H. l'unione mistica somma consiste nel fatto che la pura essenza divina, lo spirito divino, scende a coabitare con lo spirito purificato del santo nel cuore (animo) di questo, senza tuttavia confusione fra i due né distruzione. Le successive generazioni musulmane sono divise intorno al giudizio su al-Ḥallāǵ: alcuni lo difendono, vogliono giustificare le sue espressioni come frutto della inesprimibile estasi mistica e ne fanno un santo: altri lo considerano un kāfir (infedele), fuori dell'islamismo.
Bibl.: L. Massignon, La passion d'al-Hosayn-Ibn-Mansour al-Hallaj, Parigi 1922, voll. 2 (opera fondamentale che assorbe tutti i lavori precedenti); Le díwân d'al-Hallâj (raccolta delle sue poesie, in arabo, con trad. franc. di L. Massignon), Parigi 1931 (estr. dal Journal Asiatique).