Vedi AIZANOI dell'anno: 1958 - 1994
AIZANOI (v. vol. I, p. 181)
La città romana di Α., col suo tempio ionico di età adrianea meglio conservato dell'Asia Minore, nella Phrygia Epictetus, era sita presso l'attuale località di Çavdarhisar, a 56 km da Kütahya, lungo la strada che porta a Uṣak passando per Gediz, su un pianoro a 1000 m di altitudine a N dei monti Murat. La città si estendeva su ambedue le rive del fiume Penkalas (l'odierno Çavdarhisar Suyu), un affluente del Rhyndakos, che sfocia nel mar di Marmara già menzionato da Pausania come luogo di origine della Mèter Steunène. La città era orgogliosa di far parte della lega panatenaica e ogni quattro anni organizzava dei giochi. Tale caratteristica ha influito sensibilmente sull'impianto complessivo della città. Gli edifici ufficiali erano posti sulla riva sinistra del fiume: l'agorà con l'heròon, il Tempio di Zeus, poco lontano a N il ginnasio delle terme, utilizzato per la preparazione dei giochi, e lo stadio con un piccolo teatro aggiunto sul lato corto. Invece sulla riva destra si trovava il nucleo abitativo, con un mercato (macellum con una costruzione circolare), un arco monumentale e la residenza del governatore, che mostra tre periodi costruttivi. All'interno della città il fiume era fiancheggiato da alti moli e attraversato un tempo da quattro ponti a cinque campate, di cui due sono ancora oggi ben conservati e servono al trasporto pesante. Le campate erano di altezza gradatamente crescente verso il centro e і ponti avevano andamento a «schiena d'asino». Anticamente A. non aveva mura poiché la sua fioritura risaliva all'epoca della pax Romani imperii.
L'agorà, circondata da doppi porticati, stava sulla riva sinistra, vicino al ponte più basso. L'heròon al di sopra era un piccolo edificio a forma di tempio su podio, con quattro colonne e una scalinata d'accesso, su cui poggiava un altare rotondo. Secondo un'iscrizione ritrovata nei pressi, l'edificio fu eretto per il benemerito cittadino Menogenes. In asse con l'agorà і propilei portavano, mediante 27 gradini, alla terrazza del tempio sorretta da muri di sostegno ad arco e circondata da portici colonnati a doppia navata. Del tempio dedicato a Zeus rimangono ancora 16 colonne e larghe porzioni dei muri della cella; esso poggiava su un podio alto 2,68 m, di fronte al quale sono stati trovati і resti di un altare, anch'esso elevato su un podio. Il tempio era pseudodiptero con 8 colonne sulla fronte e 15 sui lati lunghi, secondo il tipo ellenistico creato da Ermogene a Magnesia; le colonne avevano capitelli ionici e alle estremità superiori delle scanalature furono aggiunti come decorazione piccoli recipienti col manico.
La cella aveva 4 colonne davanti alla fronte del pronao, alla maniera di un prostilo; tuttora due colonne con capitelli compositi stanno fra le ante dell'opistodomo. Insolitamente, fra quest'ultimo e la cella si trova una scala che conduce sul tetto e nella cripta, grande come la cella. Sul muro di questa, sopra uno zoccolo di ortostati, è un campo destinato a iscrizioni, alcune delle quali ancora conservate, inquadrato tra una fascia decorata a meandro e una cornice. Il primo gruppo sta sulla parete interna destra del pronao. Si tratta di un documento greco con tre allegati latini del proconsole Avidio Quieto per gli arconti, il consiglio e il popolo di Α., e di un'importante lettera di un imperatore ignoto, databile attorno al 125 d.C., relativa al pagamento di fitti di latifondi e grazie al quale evidentemente poté essere edificato il tempio, giacché і documenti vi furono opportunamente incisi. Sulla parete esterna della cella si trovano iscrizioni sull'attività del benemerito cittadino M. Ulpio Арuleio Euricle, dell'epoca di Antonino Pio, attorno al 156 d.C.; se ne può dunque dedurre che probabilmente in quel periodo il tempio era già stato eretto.
Sul retro del tempio venne ritrovato l'acroterio centrale col busto di Cibele. Questa dea-madre dell'Asia Minore fu certamente venerata nella grande cripta sotterranea, com'è confermato dall'iscrizione votiva di un sacerdote «di Zeus e di Cibele». Il suo luogo di culto originario era la grotta della Mèter Steunène, presso il corso superiore del Penkalas in una gola a 3,5 km dalla città, di fronte alla quale sono ancora conservate nicchie rupestri per immagini votive. La grande caverna è crollata nel 1905; sul piano al di sopra di essa ci sono tuttora due costruzioni rotonde per sacrifici di tori e montoni.
Cento metri a N del Tempio di Zeus si trova il ginnasio, consistente in un edificio termale con palestra antistante. Le terme sono state erette con grandi pilastri in pietra squadrata e muri di conci regolari, come di norma nel II sec. d.C., e avevano la tipica pianta delle terme imperiali con due grandi sale absidate per gli spettacoli. Nell'abside della sala orientale era posta la statua di Igea, che fu trovata poco distante.
Sull'asse di simmetria delle terme, verso il lato N, davanti al frigidarium allestito con vasche per і bagni, si trova una natatio e sul lato S il caldarium con gli ambienti riscaldati di fronte, da cui percorsi sotterranei a volta, anch'essi riscaldati, conducevano sotto l'edificio. La palestra aveva un cortile quadrato interno di 72 m per l'attività sportiva.
Una strada portava dal ginnasio al lato corto meridionale dello stadio, lungo 220 m, di cui sono ancora chiaramente riconoscibili le corsie mediane e і terrapieni ai lati. Un tempo questi erano forniti di sedili in pietra disposti a gradini, resti dei quali si conservano ancora nell'angolo NE; a metà del terrapieno occidentale restano inoltre le rovine della loggia d'onore sotto la quale corre un passaggio a volta.
Nella storia dell'architettura romana può definirsi unica la combinazione di uno stadio con un teatro costruito sulla sua fronte e appoggiato al pendio della montagna. Se ne può forse dedurre che durante і giochi indetti ogni quattro anni venissero eseguite manifestazioni non solo sportive ma anche artistiche.
Del teatro a ferro di cavallo sono ancora conservate parti dei sedili a gradini in nove settori, come pure gli alti muri che delimitavano tale costruzione. Del palcoscenico rimangono in piedi gli ambienti posteriori, mentre è crollato il proscenio, un tempo provvisto di ricca decorazione architettonica, secondo uno schema ampiamente diffuso; le sue macerie, fra cui molti capitelli, rocchi di colonne e fregi di rilievi con scene di caccia, riempiono l'orchestra.
A S dell'agorà, sulle rive vicino al terzo ponte, si trovava un grande cortile a colonne doriche con un ninfeo antistante.
Sulla riva destra, presso il secondo ponte, c'è il macellum (il mercato) con una costruzione circolare al centro del cortile. Dopo il terremoto del 1971 esso fu dissotterrato e і blocchi di ortostati dello zoccolo rialzati. Su di essi è inciso l'editto dei prezzi emanato dall'imperatore Diocleziano nel 304 d.C. (Edictum Diocletiani de pretiis rerum venalium) e sopra uno zoccolo raggiungibile da due scale si elevavano 16 colonne sormontate da un tetto a padiglione.
Dal macellum aveva inizio una strada che si dirigeva verso S, al cui termine si elevava un arco monumentale, costruito con due zoccoli quadrati, sopra ai quali poggiavano quattro colonne. I due gruppi di colonne erano collegati tra loro per mezzo di un arco. Durante gli scavi non si sono trovate iscrizioni.
A N del villaggio attuale, nel sito detto Meydan Kran, è stato rinvenuto un grande edificio in pietra squadrata, che rivela tre fasi di utilizzazione. Per la tecnica costruttiva sembra eretto già alla fine del II sec. d.C., e a giudicare dalla struttura della pianta potrebbe essere servito come palazzo del governatore, pur non essendovene alcuna prova. Dopo la metà del III sec. d.C. la costruzione è stata trasformata in complesso termale, con ipocausti inseriti sul pavimento del primo periodo, una natatio e un apodyterium con mosaico pavimentale ben conservato. Quest'ultimo mostra riquadri ornati con motivi geometrici e un emblema centrale con una menade che resiste a un satiro. In età giustinianea le terme divennero poi un edificio religioso, in cui il caldarium venne trasformato in una chiesa con ambone e tetrapilo sopra l'altare, e con un uso diverso dell'impianto di riscaldamento a ipocausti. La natatio con gradini su tre lati rimase integra e forse venne impiegata come luogo di riunione e preghiera dei sacerdoti. Potrebbe darsi che in questa terza fase il complesso servisse da sede vescovile, perché già nel concilio di Nicea del 325 d.C. il vescovo di A. è indicato quale rappresentante dell'episcopato di Frigia. Nel frattempo la chiesa principale era stata eretta nel Tempio di Zeus, rimuovendo il muro della porta della cella e aggiungendo un'abside alle ante del pronao.
Bibl.: R. Naumann, Das Heiligtum der Meter Steunene bei Aezani, in IstMitt, XVII, 1967, pp. 218-247; H. Weber, Der Zeus-Tempel von Aezani, in AM, LXXXIV, 1969, pp. 182-201; U. Laffi, I Terreni del tempio di Zeus ad Aizanoi, in AthenaeumPavia, n.s. XLIX, 1971, pp. 3-53; R. e F. Naumann, Der Rundbau in Aezani (IstMitt, Suppl. 10), Tubinga 1973; R Naumann, Der Zeustempel zu Aizanoi (con un contributo di H. von Aulock sulle monete, і monumenti e l'architettura), Berlino 1979; L. Robert, Fleuves et cultes d'Alzanoi, in BCH, CV, 1981, pp. 331-360; R. e F. Naumann, Berichte über Ausgrabungen 1979-1982, in AA, 1982, pp. 345-382 e 1984, pp. 453-530; A. Hoffmann, Aizanoi. Arbeiten im Stadion 1982-1984, ibid., 1986, pp. 683-698; R. e F. Naumann, Bericht über die Ausgrabungen 1983 und 1984, ibid.,1987, pp. 301-558.
)