‛AISHAH (\arabo\, grafia poco corretta Ayesha)
La moglie prediletta di Maometto, figlia di Abū Bekr (v.), andata sposa a Maometto all'età di 9 anni, pochi mesi dopo l'emigrazione di lui a Medina. Molto presto essa esercitò sul marito una grande influenza, anche politica, e contribuì probabilmente a rinforzare presso di lui il prestigio di suo padre e dell'amico di lui ‛Omar a scapito di quello della figlia di Maometto, Fāṭimah (v.). e di suo marito ‛Alī. Tanto grandi erano l'affetto e la fiducia di Maometto per la giovanissima moglie, che nell'anno 6 dell'ègira (628 d. C.) un'accusa di adulterio mossale dai suoi avversarî non trovò accoglienza presso di lui, e anzi la sua innocenza venne proclamata in un versetto del Corano (XXIV, 11). Questi sentimenti non vennero mai meno nell'animo di Maometto, che spirò nelle braccia di ‛Ā'ishah, quando questa era appena diciottenne. Esclusa (come tutte le altre vedove del Profeta) da ulteriori matrimonî, ‛A'ishah non solo conservò il suo prestigio religioso, ma anche quello politico, ed ebbe una parte attivissima nell'opposizione al terzo califfo ‛Othmān (v.) e, dopo l'uccisione di questo, all'elezione di ‛Alī (v.), suo nemico personale. Tale opposizione si mutò in guerra aperta, e ‛A'ishah, dalla Mecca, dove si trovava a compiere il pellegrinaggio, mosse sulla città di al-Baṣrah, insieme coi due pretendenti al califfato da lei appoggiati: Ṭalḥah (che le era anche lontano parente) e az-Zubair. Affrontati da Alī nelle vicinanze di al-Baṣrah i ribelli vennero completamente disfatti: il sanguinoso scontro, in cui i due pretendenti trovarono la morte, prese il nome di "battaglia del Cammello", dal cammello montato da ‛A'ishab, che era (con esempio non insolito nell'antichità araba, e che trova analogie presso altre popolazioni barbariche use a condurre le loro donne in guerra) collocato al centro dell'esercito combattente, e intorno al quale fu fatta l'estrema resistenza. ‛Alī non osò trattenere prigioniera la vedova del Profeta, e la rimandò a Medina, dove essa visse fino al 58 dell'ègira (678 d. C.), lontana dalla politica, cui del resto il forte governo dell'omayyade Mucāwiyah (v.) succeduto ad ‛Alī non le avrebbe consentito di dedicarsi. Ad ‛Ā'ishab, la cui venerazione presso i Musulmani (eccettuati gli Sciiti) è sempre stata grande, fanno capo numerosissime tradizioni riferentisi per lo più a particolari della vita intima di Maometto, intorno all'autenticità delle quali è lecito nutrire dubbî.
Bibl.: L. Caetani, Annali dell'Islām, Milano 1905, segg., passim (v. indici) e specialmente, IX, pp. 23-225; H. Lammens, Le triumvirat Aboū Bakr, ‛Omar et Aboū ‛Obaida, in Mélanges de la Faculté Orientale, Beirut, 1910, IV; id., Fatima et les filles de Mahomet, Roma 1912, passim (v. indice). V. anche arabi: Storia.