Ain Tounga
Aïn Tounga (lat. Tignica, Thignica)
Località della Tunisia settentrionale il cui nome deriva da quello della sorgente che determinò l'ubicazione dell'antico agglomerato (nella prov. dell'Africa Proconsularis). È sita sulla strada che congiunge Tunisi a el-Kef, su uno dei percorsi della antica via che univa Cartagine a Tebessa (Theveste), lungo lo wādī Khalled, a km. 5 dalla confluenza con il fiume Megerda. La città è molto vicina a Tastour (Tichilla), sita sul Megerda, km. 8 a valle, a Coreva (km. 5 a S-E, sull'altro ramo della strada da Cartagine a Tebessa) e a Teboursouk (Thubursicu Bure), importante crocevia stradale, ugualmente fortificato in epoca bizantina, a km. 16 di distanza.
L'antica Thignica, la cui origine è sconosciuta (un santuario dedicato a Saturno vi era stato eretto forse su un precedente luogo di culto numida o punico), apparteneva, agli inizi dell'Impero, al vasto territorio (pertica) della nuova colonia di Cartagine. Dapprima fu una civitas a statuto locale con una comunità (pagus) di cittadini romani che divenne poi municipio all'inizio del sec. 3° sotto Settimio Severo e Caracalla (Municipium Septimium Aurelianum Antoninianum Alexandrianum Herculium Frugiferum). Thignica è attestata come vescovado nel 411, con un vescovo cattolico e uno donatista, presenti alla conferenza di Cartagine; fino a oggi, però, non è stata identificata con certezza nessuna basilica cristiana.
Visitato da viaggiatori europei già dal sec. 17° (Thomas d'Arcos) e nel sec. 18° (in particolare Jimenez), il sito, molto esteso, venne descritto principalmente nel 1885 da Cagnat e da Saladin (Saladin, 1892), il quale eseguì una pianta del forte, a cui nel 1893 si interessò anche Diehl (1894). Gli scavi effettuati sono stati poco numerosi (una campagna nel 1907 sotto la direzione di Carcopino e alcuni sterri importanti, al principio del 1960, che hanno portato alla luce soprattutto un quartiere di case e liberato l'anfiteatro) e sostanzialmente non hanno interessato la fortezza bizantina. I monumenti visibili erano un tempio tetrastilo di ordine corinzio sulla cima della collina, due archi di trionfo, un peribolo semicircolare (forse un teatro), un ninfeo; scavi parziali di un edificio, senza dubbio termale, che Saladin ritenne una basilica cristiana, sono stati effettuati da Carcopino ed è stata anche segnalata una cinta di mura non datata. Un altro tempio, dedicato a Saturno sotto Domiziano, è stato scoperto nel 1988 sopra un'altura della periferia. A. è nota tuttavia soprattutto per la fortezza bizantina, le cui mura sono ancora imponenti, come quelle di Haïdra (Ammaedara) e di Ksar Lemsa.
La fortezza, che non è stata oggetto di scavi sistematici (salvo qualche sondaggio dovuto a Carcopino) e di cui esiste solo una pianta sommaria del sec. 19°, aveva grande valore strategico in quanto controllava il passaggio obbligato lungo la strada fra la valle del Megerda e il Sud-Ovest, nonché la sorgente all'interno delle mura.
Nella tipologia delle fortificazioni bizantine dell'Africa, la fortezza di A., con una superficie di ha 0,38, è un esempio di costruzione di medie dimensioni (i lati lunghi misurano m. 90), più importante dei forti quadriburgia, ma in nessun caso una 'città ridotta' come ne esistono altrove (Tebessa), né una grande cittadella, come quella di Haïdra. La pianta è un quadrilatero irregolare, che a N-E si sovrappone a una struttura rettangolare (m. 1927) anteriore; è provvista di cinque torri quadrate, quattro agli angoli e una nel centro del lato sud, di una notevole rientranza nella cortina a E e di un'altra più modesta a N. Le mura sono costituite, secondo la tecnica abituale, da un doppio paramento di pietra da taglio (con numerosi pezzi di recupero), riempito di pietrisco e con alcuni inserti in opus africanum.
Alcune aperture sono in conci di recupero; le porte esterne erano due: una, con tracciato 'a baionetta', si apriva nella torre centrale del lato sud, l'altra è collocata nel mezzo del lato ovest (secondo Diehl, 1894, si tratterebbe di una apertura di deflusso delle acque della sorgente); esisteva un cammino di ronda sorretto da arcate, almeno lungo il lato nord. La datazione della fortezza, di cui al momento non si conosce nessuna iscrizione dedicatoria, è discussa e non risulta chiaro se nell'epoca araba fosse ancora utilizzata. Diehl (1894) la attribuisce, sulla base di argomentazioni scarsamente convincenti, allo stesso periodo di quella di Teboursouk, costruita sotto Giustino II dal prefetto Tommaso; anche Pringle (1981), ma per diverse motivazioni, propone comunque una datazione postgiustinianea. Creswell (1952) ha ritenuto che la porta sud dovesse risalire a una ricostruzione di epoca islamica, sulla base del tipo di pianta e della tecnica di costruzione, che però si ritrovano anche in costruzioni indiscutibilmente bizantine; in ogni caso è probabile che vi sia stata una occupazione musulmana, come indicherebbero i ritrovamenti del 1907. Nel sec. 17° la fortezza serviva ancora da rifugio ad alcuni abitanti della zona.
Bibliografia
M. H. Saladin, Rapport ... sur la mission accomplie en Tunisie en octobre-novembre 1885, Nouvelles Archives des Missions Scientifiques et Littéraires 2, 1892, pp. 377-561: 529-547, figg. 139-153, tavv. XIII-XV.
C. Diehl, Rapport sur deux missions dans l'Afrique du Nord (avril-juin 1892, et mars-mai 1893), ivi, 4, 1894, pp. 285-434: 424-426, pianta XXXII.
Id., L'Afrique byzantine, Paris 1896, pp. 276-277, pianta III, figg. 12-13, 19, 61.
K.A.C. Creswell, Early Muslim Architecture, II, Oxford 1940, p. 28, figg. 21-22.
Id., Fortifications in Islam before A.D. 1250, Proceedings of the British Academy 38, 1952, pp. 102-103, figg. 8-9.
Id., A short Account of Early Muslim Architecture, Harmondsworth 1958, pp. 177-178.
D. Pringle, The Defence of Byzantine Africa (BAR International series, 99), Oxford 1981, pp. 270-272, fig. 40.