ANTIMIANI, Aicardo
Francescano, di nobile famiglia novarese, l'A. fu nel secondo decennio del sec. XIV procuratore M Curia dell'arcivescovo milanese Cassono Torriani. Il 28 sett. 1317 fu consacrato in Avignone e destinato a reggere la diocesi ambrosiana dallo stesso pontefice Giovanni XXII, che, deciso a rivendicare per sé, durante la vacanza dell'impero, la massima autorità anche temporale sull'Italia, era in lotta con Matteo Visconti.
Finché Matteo sperò in una riconciliazione col pontefice, l'A. poté occuparsi della sua diocesi, se pur da lontano (il suo nome compare in carte milanesi degli anni 1319, 1320); ma, quando il contrasto tra il Visconti e la S. Sede si fece insanabile, l'arcivescovo, che pare fosse nemico personale di Matteo e della sua famiglia, venne decisamente osteggiato e successivamente bandito.
Giovanni XXII scomunicò il Visconti il 19 febbr. 1321; quindi, il 29 dicembre, una commissione, della quale faceva parte anche l'A., emise una nuova sentenza di condanna contro il signore di Milano. Tra la fine del 1321 ed i primi del 1322, per preciso volere del pontefice, fu inoltre, istruito contro il Visconti a Bergoglio, presso Alessandria, un formale processo di eresia, la cui direzione fu affidata all'Antimiani. Invitato a presentarsi dinanzi ai giudici nel febbraio, Matteo rifiutò e tentò di catturarli con un colpo di mano andato a vuoto. Il processo si trasferì allora a Vàlenza e si trascinò, fra citazioni di testi e condanne di contumaci, anche oltre la morte di Matteo (24 giugno 1322), sino al 1324. Il 12 marzo 1323 Galeazzo Visconti venne condannato come eretico; del resto, già il 13 febbraio il cardinale legato aveva dato ordine al clero di Milano di abbandonare la città colpita da interdetto. Nel corso dello stesso anno l'A. si portò a Monza, assediata dai Visconti ed incitò le truppe pontificie a battersi valorosamente contro i nemici della Chiesa. Il 10 dic. 1324 Monza cadde, però, nelle mani dei Visconti e l'A. passò a Piacenza. La sua posizione si fece ancor più difficile allorché Azzone Visconti divenne vicario di Ludovico il Bavaro (15 genn. 1329) e suo zio Giovanni fu nominato cardinale dall'antipapa Niccolò V: anche se parte del clero e degli ordini religiosi avevano seguito l'arcivescovo a Bergoglio e a Piacenza, non pochi erano rimasti accanto a Giovanni Visconti che di fatto usurpava nella diocesi tutte le funzioni vescovili.
Nel corso dell'anno 1330, quando si cominciò a parlare di riconciliazione tra i Visconti e la Chiesa, il pontefice, forse per evitare il pericolo di nuove rotture, non incluse tra le sue condizioni il ritorno dell'A. in sede. Dopo laboriosissime trattative di cui ignoriamo i particolari e cui l'A. partecipò per mezzo di un legato, inviato a Roma ai primi del 1331 dietro invito del pontefice, Giovanni XXII adottò una soluzione di compromesso: prepose Giovanni Visconti alla diocesi di Novara allora vacante, ma gli lasciò l'amministrazione di beni e rendite dell'episcopato milanese con l'obbligo di passare all'arcivescovo A. una pensione di 1500 fiorini.
Morto Giovanni XXII, le trattative furono riprese da Benedetto XII nella primavera del 1335, ma l'A. fu di nuovo escluso dai benefici della riconciliazione e solo nel 1337, con l'effettivo miglioramento dei rapporti tra Milano e la S. Sede, la sua posizione mutò. In quell'anno egli ebbe dal pontefice l'incarico di raccogliere gli atti per la revisione dei processi contro Matteo e i suoi fautori, e si recò per questo ad Avignone insieme con Pace vescovo di Trieste e Giordano vescovo di Bobbio. Nello stesso anno riprese i contatti con la sua diocesi, scrisse nel marzo, a Lanfranco Mosseta, preposto di S. Ambrogio, e il 19 aprile alle monache di S. Maria della Valle. Il 4 luglio 1339 entrò infine, solennemente in Milano tra l'entusiasmo dei fedeli, scortato fino alla chiesa cattedrale da un membro della nobile famiglia Avogadri e fino a S. Ambrogio da uno della famiglia Confalonieri. Così aveva disposto Giovanni Visconti per sciogliere la lite tra le due stirpi milanesi, che proclamavano il proprio diritto a reggere per il freno il cavallo dell'arcivescovo.
Pochi giorni dopo il suo ingresso in città l'A. fu colpito da grave malattia e morì nella canonica di S. Ambrogio il 10 agosto o il 12 (Beroldus, p. 9). Il suo corpo fu trasportato nella chiesa dei frati minori di S. Francesco, ove ora non sono più visibili sulla parete della sacristia né l'iscrizione di cui parla il Vagliani (Sommario delle vite ed azioni degli arcivescovi di Milano, Milano 1715, p. 298), né l'immagine del vescovo descritta dal Giulini (V. p. 270).
Fonti e Bibl.: Galvanei Flammae Manipulus Florum, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., XI, Mediolani 1727, coll. 727, 729 s.; B. Morigia. Chronicon Modoetiense, ibid., XII, ibid. 1728, col. 1131; Annales Mediolanenses, ibid., XVI, ibid. 1730, coll. 1698-1702; Beroldus sive Ecclesiae Mediolanensis Kalendarium et ordines, a cura di M. Magistretti, Milano 1894, p. 8; Galvanci Flammae Opusculum de rebus gestis ab Azone, Luchino et Johanne Vicecomitibus, in Rerum Italic. Script., 2 ediz. - XII, 4, a cura di C. Castiglioni, pp. X. 3, 33; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1719, coll. 201-209; G. Sassi, Archiepiscoporum Mediolanensium: series Historico-Chronologica, II, Mediolani 1775, pp. 780-792, G. Giulini, Memorie spettanti alla storia al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano, V, Milano 1857, pp. 78-271; L. Frati, La contesa tra Matteo Visconti e papa Giovanni XXII secondo i documenti dell'Archivio Vaticano, in Arch. stor. lombardo, s. 2, XV (1888), pp. 240-258; C. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1913, p. 332; G. Biscaro, Le relazioni dei Visconti di Milano con la Chiesa, in Arch. stor. lombardo, s. 5, XLVI (1919), pp. 84-227; XLVII (1920), pp. 193-271; E. Cazzani, Vescovi ed arcivescovi di Milano, Milano 1955, pp. 200-202; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 117, 142-144, 238-239, 269.