AḤMADIYYAH
. Aggettivo relativo arabo, morfologicamente femminile singolare, che si adopera per designare il complesso delle dottrine e pratiche stabilite da un personaggio che fra i suoi nomi abbia il nome Ahmad, e anche l'insieme dei suoi seguaci, ognuno dei quali si chiama aḥmadí. I casi più notevoli sono i seguenti:
1. - Confraternita religiosa musulmana a base ṣūfica (asceticomistica), particolare dell'Egitto, chiamata anche Badawiyyah, derivante da Aḥmad al-Badawī, che in Egitto è venerato come uno dei quattro sommi santi mistici dell'islamismo. Nato a Fez probabilmente nel 596 dell'ègira (1199-1200), passò gli ultimi quaranta anni della sua vita a Ṭanṭā nel Basso Egitto, e vi morì nel 675 ègira (24 agosto 1276); ogni anno sono colà celebrate grandi feste popolari in suo onore, descritte in molti libri sull'Egitto e, sino a pochi anni fa, degeneranti in orgie scandalose. Gli affiliati alla confraternita, nelle loro riunioni solenni, portano turbante e stendardi rossi. Rami di questa confraternita sono i Bayyūmiyyah, i Shinnāwiyyah, ecc. Gli Aḥmadiyyah ebbero una parte notevole nella preparazione morale della battaglia di Fāraskūr o Fāriskūr (7 aprile 1250), ove i Crociati furono sconfitti e lo stesso Luigi IX, il Santo, fu fatto prigioniero; la vittoria fu attribuita all'influenza di Ahmad al-Badawī, e ancora alla metà del sec. XIX era celebrata nelle feste annuali di Ṭanṭā con un simulacro di combattimento, nella grande moschea della città, ove schiavi rivestiti delle armature prese ai Crociati rappresentavano la parte di questi.
2. - Confraternita religiosa musulmana a base ṣūfica, così chiamata nella Somalia italiana, mentre in Egitto e nell'‛Asīr i suoi rami (gerarchicamente indipendenti) si chiamano Idrīsiyyah; deriva dagl'insegnamenti di Aḥmad ibn Idrīs (v.). Nella Somalia fu propagata soprattutto dallo sheikh ‛Alī Mayē (\arabo\) di Merca (Merkah), morto nel 1917; ha molti proseliti specialmente fra le tribù libere della valle media del fiume Scebeli.
3. - Setta musulmana considerata eretica dai Sunniti, sorta in India nell'ultimo quindicennio del sec. XIX e avente gruppi anche in Inghilterra, in alcune regioni costiere africane e altrove. Suo fondatore fu Ghulām Aḥmad Qādyāni, nato a Qādyān (distretto di Gūrdāspūr, nel Pangiāb o Puniab) nel 1836 o 1837 (men bene altri 1839), morto a Lahore (Lāhōr) il 26 maggio 1908 e sepolto nel suo villaggio nativo. All'età di circa quarant'anni, dopo la morte del padre, si diede a vita profondamente religiosa; negli anni 1880-1884 pubblicò successivamente i 4 volumi dei suoi Barāhīn-i Aḥmadiyyah (Le prove di Aḥmad, per la verità del Libro di Dio, il Corano, e della qualità profetica di Maometto), diretti specialmente contro gli attacchi anti-musulmani della turbolenta setta indù Ārya Samāǵ, e scritti in lingua urdū (indostana). In questo libro, che destò grande rumore, egli ricorda alcune rivelazioni ricevute da Dio. Cominciò quindi ad avere ferventi partigiani, i quali vedevano in lui il rinnovatore (mugiaddid), che una tradizione molto diffusa tra i musulmani annunzia come apparente ad ogni inizio di secolo dall'ègira per ridare la purezza all'islamismo; nel 1889 prese ad accettare giuramenti di fedeltà di suoi discepoli. Nel 1891 fece un gran passo avanti; contro la credenza cristiana e musulmana, dichiarò che una rivelazione gli aveva insegnato che il Cristo era realmente morto e non tornerà più sulla terra; colui che tornerà, sarà una persona somigliante nel carattere e nello spirito a Gesù e da identificarsi anche col Mahdī (v.), pure atteso dai musulmani; questa persona è appunto egli stesso, Ghulām Ahmad, che quindi assunse il titolo arabo di al-Masīḥ al-maw‛ūd "il Messia promesso". Lo scandalo fu grande; i musulmani tanto sunniti quanto sciiti lo rinnegarono violentemente, e la separazione da loro si manifestò in modo ufficiale nel 1901, quando nel censimento lo stesso Ghulām Aḥmad fece dare ai suoi seguaci la qualifica dì "Ahmadi (Musalman)". Per la propaganda iniziò nel 1902 a Qādyān la rivista inglese Review of Raigions, che continua a pubblicarsi, oltre a varî periodici in lingua urdū (indostana); e nelle due lingue e in arabo diffuse un gran numero di opuscoli e di pubblici messaggi. Per l'amministrazione degli affari spirituali e materiali della sua comunità costituì negli ultimi anni della sua vita un corpo chiamato con la denominazione persiana di Ṣadr Angiuman-i Aḥmadiyyah "principale assemblea degli Aḥmadiyyah".
I punti di dissenso degli Aḥmadiyyah dall'ortodossia musulmana sono: le idee qui sopra indicate intorno alla reale morte di Gesù (che sarebbe defunto a 120 anni di età nel Kashmīr, India di NO., e colà sepolto a Srīnagar) e alla posizione assunta da Ghulām Aḥmad; la qualifica di profeta assunta dal medesimo e della quale sarà parola qui sotto; la credenza che la rivelazione divina in materia dogmatica possa esser fatta a uomini giusti e pii musulmani non profeti; che anche gl'indù abbiano avuto profeti, nel senso musulmano della parola, come Rāma e Krishna (Kṛśṇa), e che anche il Buddha possa essere stato tale; che l'inferno non debba durare in eterno; che il Corano non contenga versetti abrogati da altri versetti; che Gesù abbia avuto un padre umano. Parimenti è riprovata dagli ortodossi la loro interpretazione arbitraria di passi coranici per metterli d'accordo con le loro dottrine. Nel campo del rituale e del diritto si attengono all'ortodossa scuola hanafita. Predicano l'umanitarismo, la fratellanza dei popoli, il ravvicinamento delle varie sette e religioni fra loro; perciò nel terreno politico escludono che nell'India sia applicabile il gihād o guerra santa musulmana contro gl'infedeli (indù ed inglesi) e inculcano il lealismo verso il governo britannico, come fin dal 1907 aveva fatto Ghulām Aḥmad.
Alla morte di questo, i numerosi Aḥmadiyyah accorsi ai funerali a Qādyān il 27 maggio 1908 elessero unanimemente a suo successore (khalīfah), quale capo della comunità, mawlānā Nūr ud-Dīn, che morì sei anni dopo, nell'aprile 1914. Allora scoppiò fra gli Aḥmadiyyah la scissione latente da tempo. Ghulām Aḥmad si era qualificato profeta in alcuni suoi scritti, cosa contraria all'ortodossia musulmana, la quale, in base all'epiteto di sigillo dei profeti dato nel Corano a Maometto, ritiene che dopo di questo nessun profeta possa più sorgere sulla terra. Sembra, secondo una nota manoscritta del 2 ottobre 1891, che Ghulām Aḥmad avesse usato quell'epiteto soltanto in senso metaforico; ma suo figlio Bashīr ud-Dīn Maḥmūd Aḥmad pubblicamente affermò nel 1911 che gli Aḥmadiyya i quali avessero negato la qualità reale di profeta (nel senso musulmano) al padre suo, erano miscredenti. Alla morte di Nūr ud-Dīn, il suddetto Bashīr ud-Dīn fu eletto successore di lui da una parte della comunità; mentre l'altra, capitanata dal dotto mawlānā Muḥammad ‛Alī, negando la qualità di profeta a Ghulām Aḥmad e dichiarando essere inutile eleggere un khalīfah, si ritirò a Lahore, formando una comunità separata.
Perciò si hanno ora gli Aḥmadiyyah di Qādyān e gli Aḥmadiyyah di Lahore. I primi hanno organizzazioni missionarie nella Nigeria, nella colonia del Kenya, a Giava e a Sumatra; i secondi, più vicini all'ortodossia, hanno notevoli centri di propaganda a Woking in Inghilterra (contea di Surrey; uno dei loro convertiti è lord Headley "el-Forooq"), a Berlino (dal 1923), a Giava e a Sumatra. Entrambe pubblicano in varie lingue periodici e opuscoli, non di rado assai ostili al cristianesimo.