AGRUMI (II, p. 6; App. I, p. 75; II, 1, p. 98; III, 1, p. 52)
La produzione di a. nel mondo continua a crescere a ritmi molto sostenuti, in conseguenza, da una parte dell'espansione dei terreni messi a coltura e ai miglioramenti delle tecniche colturali, dall'altra, del forte assorbimento della domanda internazionale.
L'offerta, che già ammontava a circa 25 milioni di t nella media 1961-65, giunta intorno ai 40 milioni nel 1971, continua ad aumentare fino a giungere nel 1973 a ben 44 milioni di tonnellate. La quota più rilevante è rappresentata da arance, mandarini e clementine, e costituisce l'80,7% della produzione totale presentando un forte ritmo di accrescimento (+ 78,9% dal 1961 al 1973); anche la produzione di pompelmi presenta questa caratteristica (+ 80,5% nello stesso periodo), ma attualmente rappresenta solo l'8,7% del totale, mentre va diminuendo, causa un più limitato dinamismo (+ 42,8%), quella dei limoni che oggi costituisce il 10,6% della produzione mondiale.
Nella graduatoria dei paesi produttori sono al primo posto da molti anni gli Stati Uniti la cui offerta, causa l'incremento costante delle produzioni degli altri paesi, dal 40% che costituiva nel dopoguerra, si è attestata, nel corso degli anni Sessanta e nei primi anni del decennio in corso, su valori compresi tra il 27 e il 29% con un'entità, in valore assoluto, di 12,6 milioni di t nel 1973.
La composizione resta piuttosto costante presentando, come nei decenni precedenti, un 70% di arance e mandarini, un 20% di pompelmi e circa un 7% di limoni.
Segue, al secondo posto, il Brasile con il 10,1%, quindi il Giappone, che negli anni Cinquanta occupava il quinto posto, con l'8,5% (unica modificazione rispetto alla graduatoria dei periodi precedenti), quindi appaiate Spagna e Italia, rispettivamente con il 6,2 e il 6,1%.
Come si vede, il quadro internazionale dell'offerta non è poi molto cambiato, essendo i ritmi di accrescimento relativi ai maggiori paesi produttori cresciuti parallelamente a quello della produzione mondiale.
C'è da sottolineare un'atipicità nella composizione media per quanto riguarda l'Italia che presenta un'offerta di limoni corrispondente ai due terzi della produzione agrumaria nazionale, e seconda, per entità, solo a quella degli Stati Uniti (rispettivamente 800.000 e 806.000 t nel 1973).
Produttori di tutto rispetto sono ancora il Messico, Israele, Argentina e India.
L'incremento delle produzioni è stato accompagnato costantemente da una maggiore domanda internazionale e quindi dall'espandersi dei commerci, determinando cifre di affari molto considerevoli per gli operatori del settore e grosse contropartite in valuta pregiata per i paesi esportatori, la concorrenza tra i quali, per il mantenimento delle quote di mercato e per la conquista dei nuovi, diventa di anno in anno più intensa.
L'esportazione mondiale, da 3 milioni di t circa del 1958, si è portata a oltre 4 milioni nel 1963-66, e dopo aver toccato i 5 milioni nel 1967-71, si aggira intorno ai 6 milioni nel 1973. L'apporto di arance e mandarini al totale delle esportazioni di a. supera il 75%.
In questa tendenza generalizzata è venuta tuttavia modificandosi apprezzabilmente la gerarchia commerciale internazionale con mutamenti notevoli di anno in anno; la Spagna conserva il primo posto ma le esportazioni degli SUA che nel passato sempre occuparono il secondo, vengono nel 1973 a trovarsi al quarto soppiantate da quelle del Marocco al secondo, e da quelle d'Israele al terzo. Anche il ruolo dell'Italia, che fino alla fine degli anni Settanta occupava il terzo posto, è decaduto, con il brusco calo del 1972-73, al quinto; sono da segnalare due casi piuttosto straordinari: quello del Marocco, secondo paese esportatore nella graduatoria mondiale, con una produzione di circa 896.000 t e un'esportazione di 779.000 t, vale a dire con un consumo interno quasi inesistente, e quello dell'Egitto che in circa un decennio (dal 1962 al 1973) espande le sue esportazioni da 8000 a 247.000 t piazzandosi al sesto posto della graduatoria mondiale.
Con riferimento alle esportazioni dei soli mandarini e arance, anziché al totale, la Spagna occupa il primo posto nel 1973 con 1,5 milioni di t, seguita dal Marocco (775.000 t) e da Israele (487.000 t). Per quanto riguarda i limoni, l'Italia, che per tutto il decennio 1960-70 e per il 1971-72 ha occupato il primo posto (con una punta nel 1969 di addirittura 441.000 t esportate), subisce nel 1973 un calo notevolissimo passando al secondo posto dopo gli Stati Uniti, con esportazioni rispettivamente di 155.000 e 201.000 t; segue al terzo posto la Spagna, che proprio nel 1973 manifesta una punta di 150.000 t; per i pompelmi e altri a. netta prevalenza d'Israele e degli SUA su tutti gli altri.
Fra i paesi importatori, fortissimi gli assorbimenti francesi e della Rep. Fed. di Germania, pari, per ognuno di essi, a oltre un milione di t (complessivamente più di un terzo dei quantitativi commerciati). Seguono il Regno Unito, con una quota che si aggira intorno al 10% del totale delle importazioni, l'Unione Sovietica, i Paesi Bassi e il Canada.
Situazione italiana. - Il settore agrumario italiano nel periodo 1960-72 ha realizzato una soddisfacente espansione che ha fatto passare la produzione da oltre 1,2 milioni di t del 1962, a 2,5 milioni di t appena dieci anni dopo (+ 111%). Le colture si sono andate diffondendo in larga misura su tutto il territorio nazionale e più specificamente in quelle zone del Mezzogiorno dove l'irrigazione ha aperto nuove prospettive per un'economia agricola a livelli più avanzati.
Il forte incremento produttivo, che ha avuto una dinamica piuttosto irregolare, sia per il ritmo discontinuo degl'investimenti che per il manifestarsi differito nel tempo delle produzioni delle diverse specie, dalla metà degli anni Sessanta registra, a causa della limitata espansione dei consumi interni (dovuta agli alti prezzi praticati) e delle difficoltà crescenti di collocamento internazionale, una caduta che porta la produzione a stabilizzarsi su quantitativi pressoché costanti dal 1960 a oggi.
Dinamiche più accentuate hanno avuto le produzioni di mandarini e di arance, cosicché l'offerta totale del 1972 è rappresentata per il 61,9% da arance, per il 27,5% da limoni e per il 10,6% da mandarini (mentre nel 1962 si registrarono percentuali rispettivamente del 60,0%, 30,2%, 9,8%).
A tale ragguardevole, ma relativamente recente, stasi produttiva fa riscontro una stasi molto più consistente delle quantità esportate: nel decennio 1962-71 le esportazioni hanno registrato un incremento inferiore al 20% (ma il forte calo presentatosi nel 1972 porta a 8,9% l'incremento effettivo). Le maggiori difficoltà di collocamento sul mercato internazionale s'incontrano per i mandarini le cui esportazioni cadono da 31.000 a 14.000 t (− 62%); le arance, pur usufruendo negli ultimi anni di facilitazioni comunitarie ("restituzioni" per le spedizioni dirette verso i paesi terzi, e dalla campagna 1969-70, "premio di penetrazione" commerciale verso l'area comunitaria) presentano un volume di vendite grosso modo stazionario (145.000 contro 136.000 t).
Il ristagno della domanda verificatosi nella quasi totalità dei paesi consumatori, e la sempre più accesa concorrenza, costituiscono a livello internazionale le difficoltà più rilevanti, mentre grossi limiti presentano l'interno frazionamento fondiario, le carenze organizzative senza parlare dello scarso spirito associativo dei produttori. È infine da lamentare la limitata consistenza, specie nell'Italia meridionale e insulare, di magazzini di lavorazione e di celle frigorifere.