Kristof, Agota
Scrittrice ungherese, naturalizzata svizzera, nata a Csikvaud, presso Köszeg, il 30 ottobre 1935. Visse l'infanzia in un Paese sconvolto dalle vicende della Seconda guerra mondiale, iniziata dagli ungheresi a fianco delle truppe tedesche divenute poi truppe d'occupazione, e conclusa con l'arrivo dell'esercito sovietico. Quando quest'ultimo intervenne per reprimere con la forza l'insur-rezione del 1956, la K. espatriò clandestinamente in Austria e si stabilì poi a Neuchâtel, nella Svizzera romanda, dove trovò lavoro come operaia in una fabbrica di orologi. Di tali esperienze, guerra, esilio, solitudine, letterariamente trasfigurate, è nutrita la sua produzione teatrale e narrativa, scritta in una lingua straniera, il francese, conquistata al termine di un faticoso apprendistato e capace di una straordinaria intensità di rappresentazione. Nel 2001 le è stato conferito uno dei principali riconoscimenti letterari svizzeri, il Gottfried Keller-Preis.
Privata del pubblico cui la sua scrittura sarebbe stata naturalmen-te destinata, la K. ha cominciato a misurarsi con la nuova lingua componendo brevi pièces teatrali (John et Joe e Un rat qui passe, rappresentate nel 1972; L'heure grise ou le dernier client, 1975; La clé de l'ascenseur, 1977 e 1984; queste ultime tradotte in italiano: La chiave dell'ascensore. L'ora grigia o l'ultimo cliente, 1999) e testi radiofonici, mentre veniva accumulando i materiali per il suo primo e più noto romanzo, Le grand cahier, pubblicato in Francia con enorme successo nel 1984 (trad. it. con il titolo Quello che resta, 1988). Asciutta parabola sugli orrori della guerra, così come possono essere percepiti da una psicologia ancora immatura, e insieme inquietante storia di formazione in un clima da fiaba gotica, il libro narra, in uno stile rigorosamente oggettivo e paratattico, le vicende di due fratelli gemelli affidati a una nonna contadina in un paese di frontiera occupato da un esercito straniero: belli e intelligenti, i due bambini imparano ad affrontare le difficoltà elaborando strategie di sopravvivenza che non escludono il ricorso a una fredda violenza omicida, istruendosi sui libri che riescono a procurarsi, prendendo nota di tutto in un quaderno segreto e agendo sempre di conserva, guidati da un severo codice di giustizia, fino all'improvvisa separazione, allorché uno dei due attraversa la frontiera per andare incontro a un destino ignoto. L'indeterminatezza dei luoghi, dei tempi e dei personaggi (anonimi i due gemelli che raccontano i fatti usando la prima persona plurale; maiuscole designazioni la Nonna, la Madre, il Padre) colloca la vicenda sul piano di un'assoluta quanto enigmatica esemplarità e insieme prepara il terreno al complicato gioco di rispecchiamenti e agnizioni che forma la materia dei due romanzi successivi, seconda e terza parte di una compiuta trilogia, La preuve (1988; trad. it. 1989) e Le troisième mensonge (1991; trad. it. in Trilogia della città di K. Il grande quaderno. La prova. La terza menzogna, 1998). In essi si scopre a mano a mano la trama di finzioni costruita nel tempo dai due protagonisti non più anonimi, Lucas e Claus, per rendere sopportabile il trauma della loro reale separazione avvenuta in tragiche ma forse anch'esse immaginarie circostanze. Una storia non meno angosciosa è quella dell'operaio espatriato Tobias Horvath, protagonista del breve romanzo Hier (1995; trad. it. 1997), cui il regista S. Soldini si è ispirato per il film Brucio nel vento (2002). La K. ha poi pubblicato L'analphabète. Récit autobiographique (2004; trad. it. 2004), sobria, esemplare ricapitolazione di un percorso di vita guidato dalla sola certezza di voler scrivere, fino alla lotta ("la sfida di un'analfabeta") per impadronirsi del francese, e C'est égal (2005; trad. it. La vendetta, 2005), una raccolta di venticinque brevi racconti.
bibliografia
V. Petitpierre, D'un exil l'autre. Les détours de l'écriture dans la trilogie romanesque d'Agota Kristof, Carouge-Genève 2000.