TRIVULZIO, Agostino. – N
acque a Milano il 27 settembre 1485, ultimo di otto figli, da Giovanni e da Anna Martinengo, appartenenti a importanti famiglie patrizie del ducato. Era nipote di Antonio Trivulzio seniore ed era imparentato con i cardinali Scaramuccia Trivulzio e Antonio Trivulzio iuniore (v. le voci in questo Dizionario).
La vicinanza alla monarchia francese accomunò, come noto, molti membri della famiglia che, dapprima incorsi nella repressione di Ludovico il Moro (rientrato in possesso del Ducato di Milano tra il gennaio e l’aprile del 1500), furono ricompensati da Luigi XII per la loro fedeltà con l’assegnazione dei beni requisiti ai ribelli. Ne beneficiò, tra gli altri, anche Trivulzio a partire dall’estate del 1500: secondo Marino Sanudo, infatti, il giovane Trivulzio fu appaltatore delle entrate del ducato nei primi anni del dominio francese (8 giugno 1500). Tuttavia, con la restaurazione sforzesca dell’autunno del 1512 i Trivulzio andarono incontro al bando e alla confisca dei beni. Il provvedimento toccò lo stesso Agostino, che riuscì a far revocare la decisione nel novembre dello stesso anno (Sanuto, 1880, pp. 100, 167, 1077; Milano, Fondazione Trivulzio, Araldica Trivulzio, b. 7, c. 188: bolla di revoca di Leone X del 28 marzo 1518). In questo periodo fu nominato abate commendatario dell’abbazia dei Ss. Pietro e Paolo a Lodi e del monastero cistercense di S. Maria Montisfrigidi ad Acquafredda, sul lago di Como; ebbe anche una figlia naturale di nome Sestilia.
Non si hanno notizie precise sulla sua formazione, che dovette comunque garantirgli un’adeguata preparazione nel campo dell’amministrazione e delle lettere. Dopo il 1512 Trivulzio decise infatti di trasferirsi a Roma alla corte papale, dove riuscì rapidamente a costruirsi una brillante carriera curiale. Sotto Giulio II divenne protonotario apostolico e cameriere personale del pontefice, cariche che mantenne fino al 1517; tuttavia, quando il papa stipulò un’alleanza antifrancese a fianco della Repubblica di Venezia e della Spagna, Trivulzio decise, coerentemente agli indirizzi della politica familiare, di rientrare a Milano.
Il 1° luglio 1517 Leone X lo nominò cardinale e legato a latere in Francia; il 6 luglio ricevette la berretta insieme con la diaconia di S. Adriano al Foro (che, per pochi giorni, dal 17 agosto al 6 settembre 1537, avrebbe sostituito con quella di S. Eustachio; Fondazione Trivulzio, Araldica Trivulzio, b. 7, c. 193); il 16 luglio 1518 divenne protettore degli Umiliati (ibid., c. 189). Il 24 agosto 1520 divenne amministratore dell’arcidiocesi di Reggio Calabria, sede cui rinunciò a favore del fratello Pietro il 1° ottobre di quello stesso anno, riservandosi le rendite e il diritto di regresso. Arciprete della basilica Vaticana, il 3 giugno 1521 divenne amministratore della diocesi di Alessano fino al 20 luglio 1526; dal 26 settembre 1522 fu nominato amministratore della diocesi di Bobbio, ancora una volta ceduta a un familiare, Ambrosio Trivulzio, il 27 maggio 1524. Il 22 giugno di quell’anno gli fu affidata la diocesi di Tolone, che amministrò fino al 7 giugno 1535, quando la cedette ad Antonio Trivulzio iuniore. Ricoprì la carica di amministratore apostolico per numerose diocesi francesi e italiane, poiché non fu mai ordinato vescovo: tra il 15 settembre e l’8 ottobre 1525 a Le Puy-en-Velay, dal 2 maggio al 19 ottobre 1526 ad Avranches, dal 25 settembre 1528 al 16 luglio 1529 ad Asti, dal 6 ottobre 1531 al 30 marzo 1548 a Bayeux, dal 21 febbraio 1529 al 5 marzo 1548 a Brugnato e dal 27 agosto 1541 alla morte a Périgueux. Fu inoltre abate commendatario delle abbazie di Aups in Provenza intorno al 1530-34, di Nanteuil la Vallée, nei pressi di Poitiers, e di Fonfrède, vicino a Narbonne dal 1540. Dal 22 gennaio 1522, inoltre, poteva godere della pensione di mille ducati proveniente dal monastero cistercense della B. Maria di Lucedio, nella diocesi di Casale Monferrato (Fondazione Trivulzio, Araldica Trivulzio, b. 7, c. 191). Nel 1527 fu nominato cardinale protettore di Francia; dal 30 gennaio 1536 alla morte fu cardinale protettore degli umiliati, incarico poi affidato a Giovanni Morone.
La politica antiasburgica di Clemente VII e del suo datario Gian Matteo Giberti, che portò alla Lega di Cognac (22 maggio 1526), si rivelò disastrosa: il 7 dicembre 1526 Trivulzio ebbe la legazione di Campagna e Marittima e fu incaricato dal pontefice di condurre le trattative nella guerra contro i Colonna che, ostili alle scelte papali, nel settembre precedente avevano dato ordine alle milizie di entrare a Roma e saccheggiare i palazzi vaticani del Borgo; la difficile situazione internazionale, con l’esercito imperiale in marcia verso Roma, favorì la sottoscrizione di un armistizio con i Colonna il 15 marzo 1527 e il 3 aprile Trivulzio fece ritorno nella città papale. Assai significativa per la ricostruzione degli avvenimenti di questi mesi è la corrispondenza inviata da Giberti a Trivulzio, che dal 28 dicembre 1526 al 4 aprile 1527 consente di seguire nel dettaglio le varie fasi delle trattative e degli scontri militari e da cui traspare una sostanziale affinità politica tra il potente datario di Clemente VII e Trivulzio. La tregua siglata da Trivulzio non impedì che pochi giorni più tardi, all’alba del 6 maggio 1527, le truppe imperiali, formate da fanti italiani e spagnoli e da lanzi tedeschi, varcassero le mura di Roma dando inizio a un brutale e sistematico saccheggio. Clemente VII si rifugiò a Castel Sant’Angelo con alcuni fedelissimi, tra cui Trivulzio che, insieme con altri due cardinali filofrancesi, Francesco Pisani e Niccolò Gaddi, fu trasferito nella fortezza di Castelnuovo a Napoli, ove rimase diciotto mesi in ostaggio degli imperiali.
Rientrato a Roma nel 1529 Trivulzio riprese l’attività diplomatica in Francia, dove si recò più volte (1530-31, 1536, 1539-42), accompagnato da Sebastiano Gualterio, giovane che rimase al suo servizio dal 1522 fino alla morte del cardinale. In occasione della legazione del 1530-31 Trivulzio poté assistere all’incoronazione di Eleonora d’Austria, sorella di Carlo V e sposa di Francesco I, come previsto dalle clausole dell’accordo di Madrid.
Fu uno dei protagonisti del conclave del 1534, che avrebbe portato all’elezione di Paolo III Farnese. Di fronte a una situazione piuttosto incerta, orientò il partito filofrancese, di cui era uno dei più autorevoli rappresentanti, verso un candidato che pareva sufficientemente neutrale rispetto agli interessi di Francesco I e di Carlo V. In virtù dell’appoggio tributato al Farnese, egli si fece portavoce anche della richiesta, molto sentita da parte dei porporati francesi, di sottoporre al neoletto pontefice la questione del Ducato di Milano, passato all’imperatore nel 1525, richiesta che fu rapidamente accantonata. La precaria tregua tra Francia e Impero, che nell’estate del 1536 fu messa a repentaglio dalla discesa dell’esercito imperiale in Provenza e in Piccardia, vide ancora una volta Trivulzio in prima linea. Nel concistoro del 9 giugno 1536 fu nominato legato presso Francesco I perché notificasse al sovrano la promulgazione della bolla di convocazione del concilio; significativi in proposito i memoriali redatti dai diversi inviati papali relativi alle trattative per favorire la pace tra Francia e Impero (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 11713, cc. 64r-67v, 68r-78r, 78v-81v). Si trattava di una questione al centro della nuova missione presso la corte francese cui fu destinato nel novembre dello stesso anno, nella speranza che si giungesse a una tregua duratura tra Francesco I e Carlo V, condizione indispensabile per la convocazione di un concilio ecumenico. Alle missioni diplomatiche Trivulzio affiancò incarichi di rilievo all’interno delle commissioni istituite da Paolo III per la riforma dei dicasteri curiali; dal 25 ottobre 1544 fino al 1547 figura infatti tra i cardinali deputati alla riforma della Penitenzieria apostolica.
Ecclesiastico colto e raffinato, negli anni Venti Trivulzio ebbe come segretario Antonio Lelio, che lo aiutò nella compilazione di una storia dei papi e dei cardinali (rimasta manoscritta, poi utilizzata da Onofrio Panvinio e da Alfonso Chacón). Sin dal pontificato di Leone X entrò in contatto con letterati e umanisti, tra gli altri con Pietro Bembo (cui scrisse per congratularsi per l’elezione al cardinalato) e soprattutto con Iacopo Sadoleto. Oltre a raccomandargli il comune amico Giovan Francesco Bini nel febbraio del 1535, Sadoleto inserì Trivulzio tra i protagonisti del suo commento all’epistola paolina ai Romani (In Pauli epistolam ad Romanos commentariorum libri tres, Lione 1535), immediatamente censurato dalla Sorbona e dal maestro del Sacro Palazzo Tommaso Badia. All’inizio del terzo libro, incentrato sulle questioni relative al rapporto tra i fedeli e il potere, secolare e spirituale, entra in scena Trivulzio accompagnato dal cardinale Jean du Bellay; entrambi ribadiscono, pur nella diversa impostazione argomentativa, l’importanza della liturgia e dei riti per il mantenimento dell’ordine costituito all’interno della società cristiana, facendosi portavoce di posizioni sostanzialmente conservatrici (ibid., pp. 163-230). Si conclude dunque che Trivulzio, in virtù delle sue amicizie e dei suoi incarichi, fu vicino agli ambienti dell’evangelismo italiano e francese, senza maturare, tuttavia, un’autonoma ricerca spirituale.
Nel 1541 Trivulzio prese a servizio presso di sé Luca Contile, che nel mese di settembre lo accompagnò a Lucca in occasione dell’incontro tra Paolo III e Carlo V. Per conto di Trivulzio Contile compì alcune missioni (Contile, 1564, cc. 1-3r, 6v-7v, 10rv), ma ben presto il rapporto tra i due si incrinò, forse a causa della mancata celebrazione del matrimonio (di cui si era fatto personalmente garante Contile) fra Giovanni, nipote del cardinale, e Laura Gonzaga. Insofferente nei confronti di Trivulzio, durante il 1542 Contile rimase quasi ininterrottamente a Milano presso il governatore Alfonso d’Avalos, alla cui corte sperava di trasferirsi, come traspare dalla lettera del 29 settembre 1542 indirizzata a Orlando Marescotti: «Essendomi imbattuto in un prelato terribile, per lo quale la pazienza si convertiva in dappocaggine, e la speranza del ben servire si seccava [...], fui da meglior fortuna incaparrato [...] Servo hora a dui Signori: al s. Marchese del Vasto per elettione et al Trivultio per bisogno che qui gli occorre» (c. 63v).
Trivulzio fu inoltre legato ad Angelo Colocci, che nel 1543 lo indicò tra i suoi esecutori testamentari insieme con Marcello Cervini e Antonio Massa. Merita infine ricordare un altro intellettuale che si mise al servizio di Trivulzio, Cesare Flaminio il quale, dopo la morte del cardinale Tommaso Badia nel settembre del 1547, fu inviato in Francia a governare una badia per conto di Trivulzio, come riferì Pietro Carnesecchi nel corso del processo del 1566-67 (Firpo - Marcatto, 2011-2015, I, p. 1069). Sempre nel 1547 egli mise a disposizione i fondi necessari alla ricostruzione della chiesa del convento servita di S. Giorgio a Codogno, fondato nel 1511 per volontà di Erasmo Trivulzio.
Morì a Roma il 30 marzo 1548, nel palazzo un tempo del cardinale Niccolò Fieschi, ubicato nel rione Parione; fu sepolto nella chiesa di S. Maria del Popolo.
Bembo e Sadoleto stesero il suo elogio funebre. Poiché Paolo III non gli consentì di alienare i suoi beni, questi entrarono a fare parte del patrimonio del pontefice.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Min. brev., Arm. 41, t. 1, n. 236 (30 gennaio 1536); Biblioteca apostolica Vaticana, Urb. lat., 870, 125v-135v; Vat. lat., 4105, c. 93r; 11713, 64r-67v, 68r-78r, 78v-81v; Milano, Fondazione Trivulzio, Araldica Trivulzio, bb. 7, cc. 188-200, 9, c. 218, 11, c. 260.
L. Contile, Il primo [secondo] volume delle lettere, Venezia 1564, I, cc. 1-3r, 6v-7v, 10rv, 63r-64r; I. Sadoleto, Opera quae extant omnia: ad eloquentiam, philosophiam, ac theologiam pertinentia..., Magonza 1607, pp. 145-148; A. Chacón, Vitae et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. Cardinalium..., II, Roma 1630, coll. 1427 s.; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, IV, Roma 1793, pp. 66-68; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, LXXXI, Venezia 1845, p. 82; Corrispondenza segreta di Gian Matteo Giberto datario di Clemente VII col cardinale A. T. dell’anno 1527 dicifrata e pubblicata dal marchese Filippo Gualtiero, Torino 1845; C. Berton, Dictionnaire des cardinaux..., Paris 1857, coll. 1590 s.; M.H. Fisquet, La France pontificale (Gallia christiana)..., XIX, Métropole de Rouen, Bayeux et Lisieux, Paris 1867, pp. 84-86; M. Sanuto, I diarii, III, a cura di R. Fulin, Venezia 1880, coll. 385 s.; Catalogue des actes de François Ier, IX, Paris 1907, pp. 126 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1914, IV-V, ad indices; C. Eubel - G. Gulik, Hierarchia Catholica, III, Monasterü 1923, pp. 19, 72 s., 91, 103, 110, 121, 127, 136, 141, 272, 284, 315, 335; V. Fanelli, Le lettere di Angelo Colocci nell’Archivio comunale di Jesi, in Rinascimento, VI (1953), pp. 79-88; Diocesi di Lodi, a cura di A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro, Brescia 1989, p. 244; F. Tamburini, La riforma della Penitenzieria nella prima metà del sec. XVI e i cardinali Pucci in recenti saggi, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XLIV (1999), pp. 110-129; S. Meschini, La Francia nel Ducato di Milano. La politica di Luigi XII, Milano 2006, I, pp. 100, 167, 171, II, p. 1077; M. Firpo - D. Marcatto, Processo Morone, Roma 2011-2015, I, p. 1069, II, p. 204.