SERENI, Agostino
– Nacque a Capodistria, nell’Istria veneziana, intorno all’anno 1500, da Cristoforo e Zoia.
La famiglia apparteneva al patriziato locale e molti suoi membri ricoprirono le maggiori cariche cittadine; aveva vaste proprietà agricole nell’entroterra carsico, in particolare nel villaggio di Cernicale (ora Črni Kal), occupato nel 1513 dall’Austria e annesso al territorio di Trieste.
I dati sulla vita di Sereni sono scarsi e spesso incerti, anche per la presenza di omonimi. La prima notizia sicura è la sua presenza a Padova il 4 luglio 1525 come testimone al conferimento della laurea in diritto civile al concittadino Ottonello Vida. Per quanto in quella circostanza Sereni sia definito legum scholaris, non sembra che avesse completato gli studi, conseguendo il titolo. È più probabile che si fosse dedicato all’attività commerciale, soprattutto verso le province austriache, dove poteva vendere il vino della tenuta di Cernicale. Si sposò con Chiaretta, dalla quale ebbe almeno tre figli, Andrea, Barbara e Zoilo.
Negli anni Quaranta Sereni appartenne alla cerchia più stretta degli amici e seguaci capodistriani del vescovo riformatore Pier Paolo Vergerio, che avevano in Ottonello Vida (cugino del prelato) il principale punto di riferimento. Sereni per i suoi affari era spesso fuori città: aveva interessi a Villach, nella Carinzia meridionale, dominio temporale del vescovo di Bamberga, dove il luteranesimo si era diffuso già intorno al 1525, estromettendo il culto cattolico. Sua figlia Barbara sposò un mercante del luogo, Nikolaus Pichler (Büchler, Piller). Quando il commissario straordinario dell’Inquisizione Annibale Grisonio effettuò la sua inchiesta a Capodistria sui seguaci di Vergerio, nel dicembre-gennaio 1548-49, alcuni degli oltre duecento testimoni ascoltati accusarono Sereni di aver distribuito opuscoli e messaggi del vescovo, ormai allontanatosi dalla città, oltre a molti libri proibiti. Il commissario non riuscì a interrogarlo, forse perché era assente, e lo deferì all’Inquisizione di Venezia, con i pochi altri fautori del vescovo che non si erano piegati all’abiura.Vida si era trasferito a Feltre, dove svolgeva le funzioni di vicario giudiziario, ed evitò ogni provvedimento, anche perché morì nel 1551.
Il processo inquisitoriale di Sereni si aprì a Venezia nel maggio del 1549; l’imputato non si presentò, nonostante il governo veneziano il 19 giugno emettesse nei suoi confronti un ordine a comparire entro otto giorni: l’11 luglio venne condannato in contumacia al bando perpetuo, insieme con il concittadino Odorico Teofani. Vergerio, ormai al sicuro nei Grigioni, celebrò la decisione dei due seguaci nel Catalogo de’ libri, la cui prefazione è addirittura datata 3 luglio 1549: «Non è anchora un mese che a due gentilhuomini di Capodistria, Messer Agostin Sereni e Messer Odorico Theophanio [...] fu proposto partito che overo volessero retrattare e dire che quelle di Roma sono le buone vie et oppenioni e conformi alla voluntà et intentione di Christo, overo che sarebbono in perpetuo banditi da tutto il dominio de’ Vinitiani. Et essi più tosto che negare Christo e che confessare per verità quello che è buggia et inganno, arditamente hanno eletto di lasciare patria, facultà, moglie, figliuoli e sono andati in essilio» (Vergerio, 2010, p. 236).
Sereni non seguì il vescovo in territorio svizzero, com’è stato affermato (Ferrai, 1892, p. 188); si trasferì a Villach, portando con sé il figlio Zoilo; ma per curare i propri affari ritornò spesso a Cernicale, dove le autorità veneziane non potevano intervenire. Non può essere identificato con l’Agostino Sereni che a Roma, nel Carnevale del 1555, tenne all’università una finta lezione in lode della sodomia, per quanto questi dichiarasse di averne fatta una analoga durante i suoi studi a Padova (Bertolotti, 1883, p. 146). Vergerio intanto continuò a esaltare nei suoi scritti la scelta dell’esilio da parte dei capodistriani che gli erano rimasti fedeli. Nel 1550, con la data del 10 luglio, pubblicò a Ginevra, sotto il nome del nipote Francesco Grisonio da poco defunto, l’Instruttione per un giovane, che è un commento alle lettere di san Paolo e degli Apostoli presentato come un trattato di epistolografia cristiana: l’opera è dedicata a Sereni per l’istruzione del figlio quindicenne, probabilmente Zoilo. Sereni è ricordato con onore anche nell’opuscolo Delle statue e imagini (1553) e nella più tarda Retrattatione (1556, con successive edizioni e traduzioni).
Queste attestazioni attirarono l’attenzione del S. Uffizio romano: il 12 giugno 1554 il commissario generale fra Michele Ghislieri chiese che Sereni fosse portato davanti a quel tribunale. Ancora più compromettenti furono le lettere di Pier Paolo Vergerio sequestrate a suo nipote Aurelio, arrestato dall’Inquisizione in Istria il 10 marzo 1556: in particolare quella indirizzata da Stoccarda il 18 aprile 1555 ad Anna Mantica, vedova di Nicolò Vergerio, in cui l’ex vescovo invitava i parenti a raggiungerlo in Germania facendo sosta a Villach, presso Barbara Sereni e suo marito Nikolaus Pichler (Ferrai, 1885, p. 168). Venne inoltre accertato che Sereni, nei suoi viaggi, portava con sé libri luterani tedeschi, di cui il genero stava ormai diventando un importante distributore per l’area sudorientale dei domini asburgici.
Dopo il 1555 Sereni risiedette più frequentemente nella sua tenuta di Cernicale, per la quale assumeva lavoratori a Capodistria. Le autorità ecclesiastiche ne erano informate, tanto che il vescovo Tommaso Stella nel maggio del 1558 venne accusato di aver «dato licentia a persone d’andar a parlar con Agustin Sereni heretico sbandito» (Paolin, 1999, p. 265). In città egli aveva tuttora prestigio e amicizie influenti: nel 1556 l’avvocato Giuseppe Verona (di per sé già compromesso con Vergerio) e le maggiori autorità locali presentarono al vescovo testimonianze sulla sua ortodossia. Nella primavera del 1558 Sereni fu coinvolto nell’inchiesta di Annibale Grisonio, nuovamente nominato commissario dell’Inquisizione per l’Istria, in seguito al soggiorno di Vergerio a Duino, località sul golfo di Trieste prospicente Capodistria, ma in territorio austriaco: dal 18 al 25 marzo l’ex vescovo vi aveva ricevuto parenti e seguaci. Sereni venne convocato dalle autorità ecclesiastiche il 16 aprile, ma anche questa volta disattese la citazione. Il figlio Zoilo invece si presentò spontaneamente a Grisonio il 30 aprile e abiurò il 29 maggio, venendo condannato a pene spirituali. Dagli interrogatori, che coinvolsero un gran numero di persone, emerse che Sereni si era recato a Duino accompagnato dal genero, verisimilmente Nikolaus Pichler.
Sereni in ogni caso voleva ritornare a Capodistria: godeva di protezioni tanto forti che poté negoziare la sua presentazione davanti al S. Uffizio. Nel febbraio del 1559 chiese un salvacondotto per recarsi a Venezia, ma comparve davanti al tribunale dell’Inquisizione soltanto nel marzo del 1560. Il governo veneziano respinse la richiesta di estradizione da parte delle autorità romane e il processo fu celebrato in città. Sereni ammise gli addebiti che erano stati mossi sul suo conto nell’inchiesta di Grisonio del 1548-49: in particolare riconobbe di aver posseduto e distribuito libri come il Beneficio di Cristo, la Medicina dell’anima e altre opere eterodosse in italiano circolanti negli anni Quaranta. Attribuì tutta la responsabilità a Vergerio, che all’epoca tutti a Capodistria avevano onorato come vescovo e uomo di studi. Sui soggiorni in terra luterana e sulla sua attività successiva Sereni non fece cenno, e nulla gli fu chiesto in proposito; lamentò invece gli undici anni di esilio, l’età avanzata, le ristrettezze economiche della famiglia. Abiurò il 23 gennaio 1561 e fu condannato a pene spirituali; ripeté l’abiura a Capodistria il 21 marzo, in forma semiprivata, nella sede del capitano veneziano.
Riprese subito il rango che gli era spettato a Capodistria: già nel 1563 prese parte a una rappresentanza della città che si recò a Venezia; venne poi nominato rettore-podestà di Due Castelli, villaggio sottoposto alla municipalità di Capodistria. Rimaneva l’imbarazzante parentela con Nikolaus Pichler, la cui attività a Villach di diffusione di libri luterani in diverse lingue, per migliaia di copie, veniva segnalata al S. Uffizio romano ancora nel 1581.
Nel maggio del 1568 Sereni fu nuovamente denunciato all’Inquisizione: ma il procedimento non ebbe seguito, probabilmente per la sua morte. Non si può infatti identificare con l’Agostino Sereni che venne immatricolato all’Università di Basilea nel febbraio 1584 (Busino, 1958, p. 522): se mai appartenne alla famiglia, potrebbe trattarsi di un nipote.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Santo Ufficio, b. 5, f. P.P. Vergerio, Sereni Agostino, Teofanio Odorico; Trieste, Archivio storico diocesano, Archivio della diocesi di Capodistria. Actorum generalium episcopalium, b. 11 (Episcopi Thomae Stellae tomus IV), cc. 131r, 132v, 133r, 182r-185v; P.P. Vergerio, Il catalogo de’ libri (1549), a cura di U. Rozzo, Trieste 2010, p. 236; Id., Instruttione per un giovane, il quale voglia imparare a dettare il principio et il fine di una bella letera cristiana di M. Francesco Grisoni da Capodistria, in Geneva, s.s., 1550; Id., Delle statue e imagini, s.n.t., 1553, p. 4; Id., Retrattatione del Vergerio, s.n.t., 1556, c. D1v; G. Gravisi, Notizie intorno a Ottonello Vida, in Raccolta ferrarese di opuscoli scientifici e letterari, XXII (1792), p. 87; P. Kandler, Alcune notizie estratte dall’Archivio del Comune di Capodistria, in L’Istria, IV (6 gennaio 1849), 1, p. 105; A. Bertolotti, Gli studenti in Roma nel secolo XVI, in Giornale storico della letteratura italiana, II (1883), p. 146; L.A. Ferrai, Il processo di P. P. Vergerio, II, in Archivio storico italiano, s. 4, XVI (1885), pp. 1, 162, 168; Id., Studi storici, Padova 1892, pp. 187-189; F. Hubert, Vergerios publizistische Thätigkeit, Göttingen 1893, pp. 36, 277, 287, 297-299; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien, Paderborn 1910, p. 149; G. Busino, Italiani all’Università di Basilea dal 1460 al 1601, in Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance, XX (1958), p. 522; P. Paschini, Venezia e l’Inquisizione romana da Giulio III a Pio IV, Padova 1959, pp. 126, 135; Acta graduum academicorum [Gymnasii Patavini] ab anno 1501 ad annum 1525, a cura di E. Martellozzo Forin, III, 1, Padova 1969, p. 430; S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia, Torino 1987, p. 450; S. Peyronel Rambaldi, Dai Paesi Bassi all’Italia. «Il sommario della Sacra Scrittura», Firenze 1997, p. 165; A. Del Col, L’Inquisizione nel patriarcato e diocesi di Aquileia, 1557-1559, Trieste 1998, ad ind.; G. Paolin, I processi del vescovo di Capodistria Tommaso Stella, in Acta Histriae, VIII (1999), p. 265; A. Del Col, I contatti di P.P. Vergerio con i parenti e gli amici italiani dopo l’esilio, in P.P. Vergerio il Giovane, un polemista attraverso l’Europa del Cinquecento, Udine 2000, ad ind.; R.A. Pierce, P.P. Vergerio the propagandist, Roma 2003, ad ind.; A. Miculian, Protestantizam u Istri. XVI-XVII stolje´ce (Protestantesimo in Istria: XVI-XVII secolo), Pula 2006, pp. 123-125, 128, 135; S. Cavazza, Libri luterani verso il Friuli: Vergerio, Trubar, Flacio, in Venezia e il Friuli. Omaggio ad Andrea Del Col, Montereale Valcellina-Osoppo 2013, pp. 33 s., 51-54.