SORBA, Agostino Paolo Domenico
– Nacque a Parigi il 27 agosto 1715 dal corso Giovanni Battista Domenico, conte di La Villette, nativo di Ajaccio, e da Anne Louise Davenne, figlia di Charles Davenne, ufficiale del re.
Il padre fu segretario di legazione della Repubblica di Genova a Parigi dal 1704 al 1738. Nei momenti in cui mancò a Parigi un inviato genovese ricadde su di lui l’onere e l’onore di rappresentare la Repubblica. Lo ritroviamo, ad esempio, al tavolo delle trattative in momenti chiave della politica internazionale come la Conferenza di Utrecht (1713) e il Congresso di Cambrai (1724). In queste e in altre occasioni seppe guadagnarsi la stima dei ministri di Francia, accumulando esperienza e competenza nel maneggio degli affari di Stato.
In forza del buon servizio prestato da Giovanni Battista, alla sua morte – nell’aprile del 1738 – il governo della Repubblica stabilì che a succedergli nella carica di segretario di legazione sarebbe stato Agostino, il quale era già stato iniziato dal padre alla pratica diplomatica e godeva di un’ottima reputazione. Entrò in carica in un periodo delicato, allorché Genova e la Francia erano impegnate, da alleate, nella repressione della ribellione della Corsica. Un’alleanza che si sarebbe ripetuta, su più vasta scala, nel 1745-48, durante la guerra di Successione austriaca. In questi anni la rappresentanza diplomatica genovese a Parigi fu tenuta, senza soluzione di continuità, da inviati straordinari appartenenti al ceto patrizio: il ruolo di Sorba restò quindi nell’ombra, per riemergere nell’aprile del 1749, quando fu nominato ministro residente.
Conclusa la guerra, rimaneva aperta la questione corsa, a proposito della quale Sorba dovette affrontare lo spinoso caso di Nicolas-Marie-Séraphin Rìoult de Douilly, marchese di Cursay, comandante delle truppe francesi nell’isola. La Corsica era in quel momento in condizione armistiziale; Cursay avrebbe dovuto gestire, per conto di Genova, una delicata transizione allo status quo antecedente il 1729, anno d’inizio della sollevazione. Egli tenne, al contrario, una condotta smaccatamente favorevole alle fazioni isolane ostili a Genova, entrando presto in contrasto con le autorità genovesi. Sorba, d’intesa con i Serenissimi Collegi, gestì la situazione con maestria, suggerendo le tattiche opportune per indurre il governo francese a rimuovere Cursay, il che avvenne il 24 dicembre 1752.
Tra il 1749 e il 1752 Sorba ottenne altri due successi in delicate questioni che contrapponevano l’interesse del fisco francese a quello genovese. Negli anni successivi furono sempre gli affari di Corsica a tenerlo impegnato: le trattative sull’incremento delle risorse finanziarie con cui la Francia già sosteneva lo sforzo bellico della Repubblica; la delicata questione del visitatore apostolico inviato nel 1759 dalla S. Sede nell’isola; gli interventi militari francesi del 1755 e del 1764. La questione corsa si concluse con i trattati di Compiègne e di Versailles (1764 e 1768), con Sorba che, in queste due circostanze, dimostrò eccezionale abilità nel trattare con Étienne François de Stainville, duca di Choiseul. A partire dal 1754 dovette inoltre occuparsi dell’affare di Sanremo, comunità ribellatasi alla Repubblica l’anno precedente e appellatasi, in funzione antigenovese, alla suprema sovranità dell’Impero; e fu anche grazie ai buoni uffici di Sorba che Genova ottenne il sostegno nella Francia in tale controversia. Tra il 1756 e il 1763, durante la guerra dei Sette anni, egli si mosse con altrettanta abilità nel quadro di un tema delicato: la difesa della neutralità dei bastimenti e dei porti genovesi di fronte alle richieste francesi di chiusura alle merci e alle navi britanniche.
Dalle carte della sua corrispondenza con i Serenissimi Collegi emerge, oltre all’attitudine diplomatica, il suo ruolo di attento informatore riguardo alla politica europea e a quella francese, ma non solo. Tra il 1756 e il 1757 fu incaricato di riferire sulla compilazione della voce Gênes, destinata a comparire nel VII volume dell’Encyclopédie: il governo genovese si preoccupava infatti di quanto in essa contenuto e voleva che il suo inviato la leggesse prima della pubblicazione. Sorba palesò subito riserve sugli autori della voce e trattò direttamente con loro in merito alla stesura del testo. Ottenne che la bozza da presentare agli editori seguisse uno schema da lui stesso redatto e che il testo definitivo gli fosse sottoposto prima della pubblicazione.
La vita privata di Sorba e la sua ascesa sociale sono strettamente legate all’ottenimento dell’incarico di ministro residente. Il 31 maggio 1749, circa un mese dopo la nomina, sposò una nobildonna francese, Marie-Honorée-Sophie Peloux de Rorebel, figlia del fu Charles de Montgrand, consigliere del re, già console di Francia a Cipro e Tripoli. Il matrimonio, celebrato nella chiesa di Saint-Sulpice, durò undici anni, fino al 7 agosto 1760, quando la moglie morì improvvisamente durante un viaggio nella natia Tolone.
I buoni servizi resi allo Stato genovese furono ricompensati con la nobilitazione, avvenuta il 13 marzo 1753. L’ascrizione alla nobiltà aveva anche un’altra finalità, quella di elevare il rango del ministro che rappresentava la Repubblica presso una delle maggiori potenze d’Europa. Sorba confidava anche che l’ascrizione avrebbe migliorato la sua condizione economica, ma si illudeva. Si trovava in difficoltà finanziarie fin dal momento della sua nomina, e successivamente all’ingresso nel patriziato genovese la situazione non migliorò. Il fatto è che, nella maggior parte dei casi, i Serenissimi Collegi affidavano la carica di inviato o di ministro residente a personaggi dotati di notevoli ricchezze, che per mantenersi nella sede diplomatica non dovevano dipendere solo dal proprio onorario. Sorba invece apparteneva a famiglia di modesta estrazione e di altrettanto modeste sostanze, cosicché finì per accumulare debiti. Il 24 agosto 1752, ad esempio, si lamentò di essere, tra tutti i ministri presenti a Parigi, quello che si trovava in stato di maggior difficoltà. Nel 1755 venne nominato ministro plenipotenziario, senza però ottenere che le sue entrate venissero accresciute. Un piccolo aumento gli fu concesso solo sette anni dopo. Poco prima della morte supplicò i Collegi sia di soddisfare i suoi creditori, sia di concedergli un nuovo aumento di onorario, per risolvere una situazione che negli ultimi anni era diventata drammatica.
Quando la morte lo colse il 20 dicembre 1771 a Parigi, a causa di un colpo apoplettico durante un pranzo alla tavola di Louis-César de La Baume Le Blanc, duca di Vallière, aveva accumulato debiti per 80.000 lire e possedeva liquidi per sole 100 lire, che gli furono trovate in tasca al momento del decesso. Lasciò due sorelle, di cui si era sempre occupato e che dopo la sua scomparsa non avevano di che vivere. Il re, mosso a compassione, accordò alle due donne un vitalizio, mentre il governo genovese si impegnò a soddisfare i creditori.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, nn. 2231-2255, 2853; La Gazette, 30 décembre 1752, pp. 636-637; C.-P. Luynes d’Albert, Mémoires du duc de Luynes sur la cour de Louis XV (1735-1758), IX, Paris 1862, p. 424; F. Galiani, Lettres de l’abbé Galiani, I, Paris 1881, p. 80; J. Flammermont, Rapport à M. le Ministre de l’Instruction publique sur les correspondances des agents diplomatiques étrangers en France, VIII, Paris 1896, pp. 386-388.
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