LOMBARDI, Agostino
Nacque a Brescia il 16 nov. 1829 da Giuseppe e da Elisabetta Turelli. Nel febbraio 1848, ancora studente, fu arrestato dalla polizia austriaca come uno dei promotori delle dimostrazioni politiche che avevano luogo in città. Scarcerato dopo pochi giorni, si diresse verso il Trentino con i corpi franchi lombardi, nei quali si era arruolato alla fine del marzo 1848. L'11 aprile combatté a Castelnuovo (non lontano dai luoghi dove avrebbe trovato la morte diciotto anni dopo), dove rimase leggermente ferito, ma guadagnando la citazione nell'ordine del giorno e la menzione onorevole. Richiamati dal Tirolo i corpi franchi, poco graditi agli alti gradi dell'Esercito sardo, il L. passò con il grado di sergente nel 1° reggimento cacciatori bresciani (posto al servizio del governo provvisorio della Lombardia), con il quale combatté ancora in Trentino. Nell'ottobre 1848 entrò a far parte del battaglione dei bersaglieri lombardi che, al comando di L. Manara, era stato inquadrato nell'Esercito sardo.
Il L. poté così prendere parte anche alla seconda fase del conflitto austro-piemontese, distinguendosi in modo particolare nello scontro avvenuto in località La Cava (20 marzo 1849), dove un errore di valutazione del generale G. Ramorino consentì il passaggio in Piemonte al grosso delle forze nemiche.
Dopo la definitiva sconfitta dell'Esercito piemontese, il L. rimase con i bersaglieri di Manara, nel frattempo accorsi in difesa della Repubblica Romana, e prese parte agli scontri di Palestrina, Velletri e Frosinone (maggio 1849). Ferito e fatto prigioniero dai Francesi presso villa Corsini nella sanguinosa giornata del 3 giugno 1849, il L. fu tradotto a Civitavecchia e poté lasciare gli Stati romani solamente alcuni mesi più tardi, dopo una rocambolesca fuga dal carcere. Rifugiatosi in Piemonte, ebbe la direzione di una casa commerciale operante in alcuni piccoli comuni del lago Maggiore. Lavorando in una zona di confine, il L. ebbe probabilmente contatti con gli organizzatori del moto del 6 febbr. 1853, in seguito al quale la polizia piemontese lo inviò a Vercelli in domicilio coatto. Impossibilitato a prendere parte alla guerra di Crimea (1855) nel corpo di spedizione piemontese, il L. si arruolò come volontario nella Legione anglo-italiana, la quale, al momento della cessazione delle ostilità in Crimea, era ancora di stanza a Malta. Il L. concepì allora il proposito di utilizzare gli uomini della Legione per un tentativo rivoluzionario in Sicilia, ma, tradito dalla gran parte dei suoi compagni, dovette rassegnarsi all'idea di tornare nel Regno di Sardegna (novembre 1856). Stabilitosi a Cagliari, si impiegò in una casa di commercio.
Nel marzo 1859, in vista del conflitto con l'Austria, abbandonò la Sardegna per arruolarsi nei Cacciatori delle Alpi, dove fu inquadrato, in qualità di sottotenente, nel 2° reggimento (comandato da G. Medici). Distintosi negli scontri di Varese, San Fermo e Rezzate (maggio-giugno 1859), il L. raggiunse il grado di luogotenente, con il quale, dopo l'armistizio di Villafranca, passò nell'Esercito regolare, nel 4° reggimento della brigata Reggio (formatosi a Modena). Nel 1860, seguendo l'esempio del proprio colonnello G. Sacchi e di numerosi altri ufficiali del reggimento, il L. rassegnò le dimissioni per aggregarsi alla spedizione Medici (una sorta di seconda ondata dei Mille), nella quale ebbe il comando della 6ª compagnia, formata essenzialmente da studenti milanesi.
Raggiunta la Sicilia il 17 giugno, il L. combatté valorosamente a Milazzo (20 luglio), dove guidò una carica contro la cavalleria borbonica, e al Volturno (1° ottobre), guadagnando il grado di maggiore e la nomina a cavaliere dell'Ordine militare di Savoia. Conclusa la campagna nell'Italia meridionale, il L. rientrò nell'Esercito regolare, dove prestò servizio fino al maggio 1862, quando rassegnò le dimissioni in segno di protesta dopo i luttuosi incidenti accaduti nella sua Brescia in seguito all'arresto del patriota F. Nullo.
In vista dell'azione contro lo Stato pontificio, l'8 ag. 1862 G. Garibaldi inserì il L. fra gli addetti allo stato maggiore, alle dirette dipendenze di C. Corte che lo inviò, insieme con G. Nicotera, nelle zone di Catanzaro e Crotone per preparare il terreno alla spedizione garibaldina, ma il lavoro del L. fu vanificato dall'esito della giornata di Aspromonte (29 ag. 1862). Il L. si ritirò allora a Cariggio, presso Lecco, dove assunse la direzione di una fabbrica di armi, cosa che gli conferì un ruolo importante nelle trame cospirative per la liberazione del Veneto: nel 1863, in più d'una occasione, varcò il Mincio su incarico di Garibaldi e di G. Mazzini. L'anno seguente sarebbe dovuto essere uno dei capi, muovendosi di comune accordo con le bande friulane di F. Tolazzi, della progettata insurrezione nel Veneto, ma il tentativo non ebbe attuazione. Una successiva pressione di Garibaldi e di altri uomini della Sinistra per indurlo a candidarsi alle elezioni del 1865 non ebbe esito per la sua dichiarata sfiducia nelle istituzioni monarchiche.
Nel giugno 1866, in vista della guerra contro l'Austria, il L. fu nominato maggiore nel 6° reggimento volontari (alle dipendenze del colonnello Nicotera) ed ebbe il comando di un battaglione. Poco convinto delle qualità di Nicotera, il L. chiese invano d'essere assegnato ad altro comando e si risolse infine a organizzare gli arruolamenti a Bari. Trasferito dapprima in Lombardia, poi nel Trentino, la sera del 15 luglio 1866 il 6° reggimento si posizionò nella valle solcata dal fiume Chiese, presso la località di Condino (sulla strada per Trento): nello scontro del giorno dopo lo schieramento troppo allungato dei volontari consentì, però, agli Austriaci una manovra di accerchiamento, che il L. tentò di rompere con un difficile contrattacco. Appena guadato il Chiese sul ponte di Cimego, il L. fu colpito a morte, ma la sua coraggiosa iniziativa consentì al grosso dei volontari di ripiegare ordinatamente e di attendere i rinforzi dalle vicine località di Storo e Darzo.
Nell'ordine del giorno, Garibaldi commemorò la morte del L., "nobile esempio e pegno di vendetta nelle future battaglie" (Pozzi, p. 20). Con r.d. del 6 dic. 1866 fu conferita al L. la medaglia d'oro al valor militare alla memoria, "per essersi spinto sul ponte di Cimego alla testa di una compagnia ed avere caricato alla baionetta il nemico che avanzava" (Carolei, p. 200).
Il fratello Carlo, nato anche lui a Brescia nel 1834, s'era rifugiato in Piemonte nel 1852. Fu successivamente deportato in America perché sospettato d'essere coinvolto nel moto milanese del 6 febbr. 1853. Tornato in Italia nel 1859 per partecipare alla guerra contro l'Austria, seguì Garibaldi in Sicilia nel 1860 (ottenne la nomina a capitano dopo la battaglia del Volturno) e ad Aspromonte due anni più tardi. Tornato negli Stati Uniti per combattere nelle file dell'Unione, cadde a Fort Fisher (North Carolina) il 27 febbr. 1865.
Fonti e Bibl.: Roma, Museo centr. del Risorgimento, bb. 47/14, 96/1 (per i contatti epistolari con F. Bellazzi e G. Nicotera nel periodo maggio-agosto 1862). Si vedano inoltre: Ed. nazionale degli scritti editi e inediti di G. Mazzini, Indici, II, a cura di G. Macchia, Imola 1973, ad nomen; Ed. nazionale degli Scritti di G. Garibaldi, XIII, a cura di S. La Salvia, Roma 1986, pp. 283 s., 336; XIV, a cura di S. La Salvia, ibid. 1991, p. 44; XVI, a cura di G. Monsagrati, ibid. 1997, pp. 54 s.
E. Pozzi, I martiri del 1866 e il maggiore A. L., Milano 1867; G. Guerzoni, Garibaldi, II (1860-1882), Firenze 1882, pp. 403, 447 s.; E. Gaiani, Garibaldi e i Cacciatori delle Alpi, Città di Castello 1909, p. 19; Le medaglie d'oro al valor militare (1833-1925), a cura di N. Brancaccio et al., Torino 1925, p. 116; G. Castellini, Eroi garibaldini, a cura di C. Agrati, Milano 1931, ad ind.; P. Schiarini, La campagna del 1866, in Garibaldi condottiero, a cura di P. Gazzera, Roma 1932, p. 303; Ed. nazionale delle opere di G.C. Abba, III, Scritti garibaldini, a cura di L. Cattanei - L. Dosio, Brescia 1986, pp. 147-151; G. Carolei, Le medaglie d'oro al valor militare dal 1848 al 1870, Fasano 1987, p. 200; M. d'Ayala, Vite degl'Italiani benemeriti della libertà e della patria, morti combattendo, Firenze 1868, s.v.; P. Bosi, Diz. storico-biografico-topografico-militare d'Italia, Torino 1882, s.v.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (P. Schiarini).