GRIMALDI, Agostino
Nacque probabilmente a Genova tra il 1460 e il 1470 da Meroaldo di Luciano e da Teodora di Lazzaro Vivaldi (che risulta vedova nel 1478). Unico figlio maschio con prole (i fratelli Lazzaro, Battista, Paolo, Percivale non risultano neppure coniugati, seppur morti in età matura), ebbe due sorelle, Pellegra e Maria, spose rispettivamente a Paolo Spinola e ad Agostino Giustiniani. Il G. trasmise le sue notevoli ricchezze, accumulate prima come mercante sulle fiere di Francia e poi come banchiere di Carlo V, all'unico figlio maschio, Nicolò, che sarà soprannominato "il Monarca", per la ricchezza di cui disponeva e per i titoli di cui fu investito da Carlo V.
Le notizie sulla famiglia e i titoli sono importanti per distinguere il G. dai numerosi omonimi contemporanei e operanti negli stessi settori economico-politici: a parte il meglio identificabile vescovo di Grasse e signore di Monaco (Agostino di Lamberto, morto nel 1532), sono almeno tre i Grimaldi con i quali la confusione è possibile, rispettivamente figli di Antonio, Giovan Battista, Bartolomeo. Anche il Gioffrè, nel suo attentissimo studio sulle ditte mercantili-finanziarie genovesi attive in Francia nei primi decenni del Cinquecento, ritiene fratelli del G. quelli che probabilmente sono due soci, Domenico e Francesco. Anche le prime due ambascerie, segnalate dal Vitale e attribuite a questo G. nei primi anni del secolo - nel 1504 a Roma, per le congratulazioni a Giulio II, e nel 1516 in Spagna, per ottenere la restituzione di navi genovesi sequestrate - potrebbero riferirsi a due persone diverse, e comunque solo la prima può riguardare il G., come documentato anche nei Commentari del Senarega.
è curioso anche il fatto che il G. non apparisse sulla scena politica in quegli anni, benché fosse tra i dodici componenti la grande ambasceria romana, nominata il 20 nov. 1503 e partita il 6 febbr. 1504, guidata da Giovanni Ambrogio Fieschi e comprendente il personale migliore del ceto dirigente genovese. Il G. non compare neppure nel biennio 1506-07, all'epoca della rivolta delle "cappette", del dogato popolare di Paolo da Novi e della repressione con l'arrivo del re di Francia, quando molti altri Grimaldi furono coinvolti, anche per i legami con la signoria monegasca. L'ipotesi più attendibile è che il G., uomo di mercati e finanza piuttosto che di politica, risiedesse in quel periodo tra Francia e Spagna, come sembrano confermare le operazioni effettuate dalla sua ditta operante a Lione registrate dal Gioffrè: nel 1501, con Martino Centurione, un trasferimento di 42.000 ducati per conto del re di Spagna, destinati ai bisogni della guerra; nel 1507, diversi pagamenti in Spagna di cui il G. incaricò uno dei suoi agenti di Londra; nel 1509, l'incarico affidato personalmente dal re Ferdinando il Cattolico al G. e ad Agostino Vivaldi per trasferire in Inghilterra la dote della principessa Caterina, sposa al principe di Galles. Nel 1515 il G. associò alla ditta il figlio Nicolò e ne avviò le attività finanziarie con un donativo di 80.000 scudi. Quattro anni più tardi la loro ditta prestò 55.000 fiorini a Carlo V per la sua elezione imperiale aprendo la lunga stagione dei banchieri genovesi, la cui attività è stata minuziosamente documentata, negli ultimi trent'anni, negli studi del Carandé e del Pacini.
Molti dei prestiti forniti dal G. e dal figlio, spesso congiuntamente ad altri Grimaldi - come Ansaldo e Giovanni Battista - e a membri delle famiglie Centurione, Fornari (o De Fornaris) e Vivaldi, si susseguirono con una certa regolarità tra il 1523 e l'agosto 1537; e il fatto che spesso fossero sottoscritti dal G. personalmente in città spagnole (specialmente Valladolid e Granada) autorizza a ipotizzare prolungate residenze del G. in quelle sedi: tanto più che, nonostante lo scetticismo manifestato al riguardo dal Gioffrè, è stato l'Ehremberg a indicare il G. come stabile componente del seguito di Carlo V negli anni Trenta. Uno dei più consistenti prestiti del G., politicamente collaborativo anche con Andrea Doria, riguardò, nel 1535, il finanziamento della spedizione contro il corsaro Barbarossa, dopo che quest'ultimo era arrivato a spodestare, nell'agosto 1534, il re di Tunisi Mūlāy el-Ḥasan, alleato di Carlo V. Il grosso impegno finanziario richiesto per l'armamento di una flotta di dodici nuove galee (sei per l'imperatore, tre per il Doria e tre per il papa), oltre che per le altre forniture navali, fu sostenuto appunto dai banchieri genovesi sollecitati dal Doria.
Nel marzo 1535 il G. fornì all'ambasciatore spagnolo Juan de Figueroa 10.000 scudi per l'acquisto di armi a Milano ed emise una lettera di cambio di 10.500 scudi da riscuotere alla successiva fiera di maggio di Medina del Campo, ma il Figueroa fu costretto al prestito di altri 13.840 scudi per la paga delle fanterie, che rimanevano di presidio in Lombardia, e per i salari ministeriali. Oltre 7000 scudi furono forniti dal G. e sottoscritti nella stessa fiera di Medina, secondo una procedura che stava diventando abituale. Il grande successo, nel luglio 1535, dell'impresa contro il Barbarossa, in cui accanto al Doria Carlo V ebbe il suo battesimo del fuoco e la consacrazione di "imperatore cristiano" (accompagnata dalla non trascurabile cattura delle 82 navi della flotta corsara), riportò per qualche mese la gestione dei cambi sui binari della normalità. Il G. continuò quindi con le abituali operazioni: all'inizio di settembre l'ambasciatore spagnolo ricevette da lui 3664 scudi (per i fanti di Milano e due compagnie poste a presidio di Genova) ed emise una lettera di cambio sull'imperatrice perché fossero pagati a Barnaba Grimaldi e Stefano Salvago 3884 ducati nella fiera di ottobre, sempre di Medina del Campo. A fine mese il G. fornì al Figueroa altri 1164 scudi per i fanti di Genova, con analogo rimborso in Spagna di 1234 ducati.
Mentre la nuova emergenza generata a novembre dalla morte di Francesco II Sforza a Milano e dalle rinnovate pretese ereditarie francesi spingeva Carlo V a premere ancora sul mercato finanziario genovese e, al suo interno, su un altro Grimaldi, il grande banchiere Ansaldo (e per questo, a metà marzo 1536, inviava a Genova Lope Hurtado de Mendoza con esplicito mandato), il G. sembra uscire di scena dopo l'ultimo consistente prestito di 30.000 scudi, sottoscritto insieme con Gasparo Grimaldi il 1° ag. 1537. Tra i nuovi prestiti di ottobre il nome del G. non figura più, mentre, autonomo dal padre, continuerà a comparire quello del figlio Nicolò. È assai probabile quindi che la morte del G. cada tra l'agosto e l'ottobre del 1537.
Dal matrimonio con una Centurione, Battina di Nicolò, erano nati cinque figli, tre femmine (Eliana, sposa a Raffaele Giustiniani in prime nozze e a Nicolò Salvago in seconde; Francesca, in Battista Spinola, morta nel 1524; Nicoletta, in Gaspare Bracelli) e due maschi: Lazzaro, senza prole, e il sopra citato Nicolò.
Fonti e Bibl.: B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria, a cura di E. Pandiani, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXIV, 8, p. 96; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, II, Genova 1826, Famiglia Grimaldi, p. 13; A.M.G. Scorza, Le famiglie nobili genovesi, Genova 1924, p. 124; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti della Società ligure di storia patria, LXIII (1934), p. 3; R. Ehremberg, Le siècle des Fugger, Paris 1955, p. 162; D. Gioffrè, Gênes et les foires de change…, Paris 1960, ad ind.; Il Liber nobilitatis Genuensis, a cura di G. Guelfi Camajani, Firenze 1965, p. 237; R. Carandè, Carlo V e i suoi banchieri, Genova 1987, pp. 638-641, 645; A. Pacini, La Genova di A. Doria nell'impero di Carlo V, Firenze 1999, ad indicem.