ORSI, Agostino Francesco (in religione Giuseppe Agostino)
– Nacque a Firenze il 9 maggio 1692 da Giuseppe e da Elisabetta Gianotti, entrambi non nobili, ma di condizione abbastanza agiata.
A Firenze studiò grammatica, retorica e filosofia sotto la direzione dei gesuiti e il 10 febbraio 1710 entrò nell’Ordine domenicano presso il convento di S. Domenico di Fiesole, della Congregazione osservante di S. Marco, mutando il proprio nome in Giuseppe Agostino. Dopo i due anni di noviziato, passò nel convento di S. Marco a Firenze, dove approfondì le sue competenze tanto nella teologia scolastica, quanto nello studio dei padri della Chiesa e degli scrittori ecclesiastici antichi e moderni; qui fu lettore di filosofia e quindi lettore (secondario e poi primario) di teologia. Nel 1728 chiese e ottenne dalla Congregazione del S. Uffizio la licenza (accordatagli fino al 1731) di leggere libri proibiti.
Risalgono a quegli anni la disputa contro il calvinista Samuel Basnage, che aveva attaccato l’opera di Cesare Baronio (difesa da Orsi nella Dissertatio apologetica pro sanctarum Perpetuae, Felicitatis et sociorum martyrum orthodoxia..., Firenze 1728), e quella – ben più nota – che lo oppose al gesuita Carlo Ambrogio Cattaneo. Nelle Lezioni sacre (Milano 1713-14) Cattaneo aveva sostenuto la liceità, in determinate circostanze, di utilizzare le parole in un significato diverso da quello loro consueto. Appellandosi alle autorità di s. Agostino e di s. Tommaso, ai pontefici, ai concili e ai dogmi della Chiesa, oltre che alla tradizione dell’ordine domenicano, Orsi – prima nella Dissertazione dogmatica e morale contro l’uso delle parole (Roma 1727) e quindi negli scritti La causa della verità (Firenze 1729) e Dimostrazione teologica (Milano 1729) – rigettò con fermezza la casistica e il probabilismo, e qualsiasi forma di restrizione mentale e di anfibologia, attirandosi pertanto l’accusa di giansenismo. D’altra parte, sempre in nome della difesa della tradizione morale e di quella teologica, nella Dissertatio historica, qua ostenditur catholicam Ecclesiam tribus prioribus saeculis capitalium criminum reis pacem et absolutionem neutiquam denegasse... (ibid. 1730), non esitò a criticare le tesi rigoriste del suo confratello Noël Alexandre, della cui opera lodava tuttavia la solidità, il metodo e la struttura, cioè il procedere per dissertazioni, che egli stesso adottava. Nella Dissertatio theologica de invocatione Spiritus (ibid. 1731) prese posizione sulla delicata questione dell’invocazione dello Spirito Santo, probabilmente in vista di un’edizione (mai realizzata) degli atti del concilio di Ferrara-Firenze, scrivendo in risposta ai commentari dell’abate maurino Antoine-Augustin Touttee alle opere di Cirillo Gerosolimitano, edite a Parigi nel 1720.
Su invito del cardinale Neri Corsini, nipote di Clemente XII, nel 1731 Orsi fu chiamato a Roma, forse su consiglio di Giovanni Gaetano Bottari (che aveva studiato con lui a Firenze). A Roma il 4 maggio assunse l’incarico di teologo del cardinale, prestando giuramento. Visse presso il convento di S. Maria sopra Minerva, dove nel 1732 fu nominato cattedratico casanatense e docente di Summa theologica nel collegio di S. Tommaso d’Aquino; dal 23 gennaio dello stesso anno fu inoltre attivo come consultore della Congregazione dell’Indice.
Nel 1732, in occasione della beatificazione della mistica sua correligionaria Caterina de’ Ricci, gli fu affidato il compito di tenere una Oratio (Roma 1733); nello stesso anno pubblicò il De baptismo in nomine Jesu Christi (ibid. 1733). Nell’opera storico-teologica De Petri a Soto ejusdem Ordinis et Judoci Ravensteyn, De concordia gratiae, et liberi arbitrii cum Ruardo Tappero Epistolari disputatione... (ibid. 1734) affrontò il tema della grazia e difese Pietro Soto contro il gesuita André du Chesne, che nella Histoire di Bayanisme (1731) aveva individuato il germe del baianismo e del giansenismo nella corrispondenza di Soto con Ruardo Tappero. In quegli anni fu impegnato anche in cicli di prediche quaresimali a S. Giovanni in Laterano.
Il 12 dicembre 1738, per volere di Clemente XII, assunse l’ufficio di segretario della Congregazione dell’Indice succedendo a Nicolò Ridolfi, creato maestro del Sacro Palazzo. Il decennio di attività di Orsi in questo ruolo (1738-49) sembra riflettere il suo orientamento culturale e la sua vicinanza ai circoli filogiansenisti: ciò trova conferma nel ricorso a un gruppo piuttosto ristretto di consultori della Congregazione (tra i quali spicca la frequente presenza di Tommaso Maria Mamachi), ed emerge – più in generale – in una politica censoria improntata all’antigesuitismo. Tra il 1740 e il 1749 tenne inoltre la cattedra di fisica alla Sapienza.
Tra il 1739 e il 1740 diede alle stampe la grande opera controversistica De irreformabili romani pontificis in definiendis fidei controversiis judicio, scritta in risposta alla pubblicazione postuma della Defensio declarationis celeberrimae quam de potestate ecclesiastica sanxit clerus gallicanus, di Bossuet (Lussemburgo 1730).
La prima dissertazione che compone l’opera si rivolge – come recita il titolo – «adversus quartam Cleri Gallicani propositionem ab Ill.mo J.B. Bossuetio Meldensi Episcopo» (Roma 1739), mentre la «pars secunda» confuta il conciliarismo di Petrus de Marca (Roma 1740), tema sul quale Orsi torna nello stesso anno con il De romani Pontificis in Synodos Oecumenicos et earum Canones Potestate. Sulla scia di eminenti teologi dell’ordine domenicano, come Melchor Cano e Vincent Contenson, Orsi ribadisce l’infallibilità pontificia ex cathedra e la costituzione monarchica della Chiesa di Roma, e nella prefazione respinge le accuse di simpatie gianseniste mossegli da più parti, affermando il valore di costituzione irretrattabile e irreformabile in materia di fede della Unigenitus, con la quale Clemente XI «Jansenianae pestis reliquias delevit» (Praefatio). Nel 1742 uscì un compendio in volgare dell’opera dal titolo Della origine del dominio e della sovranita de’ romani pontefici sopra gli stati loro temporalmente soggetti..., nella cui prefazione Orsi prende di mira gli scritti di Ludovico Antonio Muratori in difesa della sovranità e dei diritti imperiali su Comacchio e su Parma e Piacenza, per rivendicare la legittimità e la superiorità del dominio temporale dei papi. Appare dunque evidente come nella posizione di Orsi un deciso rigorismo teologico – con esiti spesso filogiansenisti – si accompagnasse a un netto antigallicanesimo e alla difesa del primato e delle prerogative papali. Per il ruolo di segretario dell’Indice dell’autore, per la sua posizione nell’accademia di storia ecclesiastica, per la stampa di Propaganda fide, e per la dedica ai pontefici Clemente XII e Benedetto XIV, questi scritti di controversia finivano per assumere il carattere di una risposta ufficiale della S. Sede.
In vista di una ‘riforma’ della Congregazione dell’Indice – il cui esito fu poi la bolla Sollicita ac provida del 1753 – nel 1741 papa Lambertini richiese le relazioni di Angelo Maria Querini, prefetto della Congregazione, e del segretario Orsi. A quest’ultimo il pontefice affidò (il 26 aprile 1741) l’incarico di «scorrere gli antichi registri per vedere se anticamente si facesse qualche cosa di più che ora non si fa», e di formare una commissione assieme a due consultori dell’Indice «a sua elezione per discorrere con essi della materia, e poi stendere un piano con tutto suo comodo da portare a noi» (Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della Fede, Index Protocolli, 82, cc. nn.: Biglietto di N.S. al p. Orsi intorno al modo da tenersi per l’esame de’ libri). Orsi chiamò a far parte della commissione Antonio Agostino Giorgi, Bottari, Fortunato Tamburini e Gianfrancesco Baldini, esponenti del filogiansenismo romano, ma anche membri di spicco delle accademie fondate da Benedetto XIV nel 1740.
La relazione conclusiva presentata al pontefice stabiliva che la denunzia di un libro dovesse essere fatta al segretario dell’Indice, il quale, previo consiglio di «qualche persona dotta e prudente» lo avrebbe trasmesso a un «consultore o relatore ... capace di formarne un giusto e adeguato giudizio e ... versato nelle materie ... trattate in quel libro»; tale parere sarebbe stato quindi discusso da una commissione ristretta di consultori e dal Segretario («congregazione preparatoria»), e successivamente presentato alla Congregazione cardinalizia. Nel frattempo la «censura fatta ... da[l] consultore ... sia comunicata ad un altro, il quale ex officio debba prendere la difesa dell’Autore e del libro censurato, e fare come l’uffizio di avvocato de’ Rei». Uno dei cardinali della Congregazione avrebbe confrontato attentamente accusa e difesa, riferendone poi alla Congregazione: «e allora finalmente si proceda ... o alla condanna, o all’assoluzione del libro» (Wolf - Schmidt, 2011, p. 182).Tali indicazioni, che rafforzavano il ruolo istituzionale della Congregazione, e fornivano al tempo stesso delle garanzie agli autori cattolici, confluirono in larga misura nel testo della bolla papale.
Tra il 1747 e il 1762 uscirono a stampa i 21 volumi (l’ultimo pubblicato postumo) della monumentale opera Della Istoria ecclesiastica, nella quale l’uso attento delle grandi edizioni patristiche, il frequente utilizzo di fonti di prima mano e, più in generale, l’adozione degli strumenti critici della storiografia erudita, sono resi funzionali a un’impostazione controversistica.
L’opera si configura come «rivisitazione curiale» (Rosa, 1999, p. 158) della fortunata Histoire Ecclésiastique di Claude Fleury – che in Italia iniziava in quegli anni a essere tradotta e pubblicata, e che aveva già conosciuto una certa diffusione in francese – ma in senso decisamente antigallicano e filopapale. L’esigenza di compendiare la Histoire di Fleury in senso «favorevole al sistema ultramontano» (Appolis, 1960, p. 237) era emersa già da alcuni anni ai vertici della S. Sede, e posta allo studio di «una privata e segreta Congregazione alla presenza di due cardinali e d’alcuni uomini veramente dotti e d’una nota integrità», appositamente convocata, della quale fece parte lo stesso Orsi (Elogio storico, in Della Istoria ecclesiastica, XXI, 1762, p. 31). In quella sede sembrò farsi strada la proposta di espurgazione e traduzione dell’opera, il cui primo tomo – edito a Venezia nel 1739 – venne nel frattempo ritirato; tuttavia, quando dopo l’ascesa al soglio pontificio di Benedetto XIV il progetto fu ripreso, si optò per la sostituzione dell’opera dell’abate francese con un’opera nuova, e il papa affidò a Orsi l’incarico di tale riscrittura, dopo averlo chiamato a far parte della accademia di Storia Pontificia da lui istituita nel 1740. Nei volumi da lui stesso composti – il primo dei quali è dedicato a Benedetto XIV; i successivi a diversi membri del collegio cardinalizio: Neri Corsini, Angelo Maria Querini, Silvio Valenti Gonzaga, Domenico Passionei, Enrico Benedetto Stuart, Filippo Maria Monti, Sinibaldo Doria, Pietro Tamburini, Giuseppe Spinelli, Joaquín Fernández de Portocarrero – Orsi arrivò a trattare la storia della Chiesa dalle origini fino all’epoca di Gregorio Magno, contenuta nel XX volume (dedicato a Clemente XIII); il domenicano Filippo Angelico Becchetti, bibliotecario casanatense proseguì l’opera fino al XVI secolo. Nella pubblicazione della Istoria, Orsi fu coadiuvato da Bottari, che rivedeva il testo «per l’Accademia della Crusca e pel Maestro del S. Palazzo» (Roma, Bibl. Corsiniana, ms. 1877, lettera al principe Corsini s.d.).
Orsi fu assiduo frequentatore del cosiddetto circolo dell’Archetto, il combattivo gruppo riunito da Bottari a palazzo Corsini, del quale facevano parte ecclesiastici secolari e regolari – tra i quali Pier Francesco Foggini, Passionei, Antonio Maria Niccolini, Spinelli, Pietro Tamburini – accomunati dall’intento di opporsi al gesuitismo, e accordò la propria protezione ad antigesuiti nettamente filogiansenisti come il napoletano Costantino Grimaldi e il bergamasco Costantino Rotigni. Fu lui a chiamare a Roma Mamachi, che era stato suo allievo a S. Marco di Firenze, e cercò tramite Bottari e il cardinale Corsini di fargli avere una cattedra al Collegio di Propaganda.
Orsi fu inoltre legato a Giovanni Lami, che nelle Novelle Letterarie diede notizia delle sue opere, pubblicò diversi suoi articoli e, alla sua morte, ospitò un elogio di Orsi mandatogli da Foggini.
Operò come Segretario dell’Indice fino al 27 aprile 1749, quando – alla morte di Ridolfi – Benedetto XIV lo nominò maestro del Sacro Palazzo; nello stesso periodo assunse l’incarico di consultore della Congregazione del S. Uffizio. Il 5 luglio 1749 emanò un editto per ribadire il divieto di lettura, detenzione, stampa e trasporto di «libri, istorie, orazioni, lunari, immagini o figure» proibiti o non autorizzati a Roma e nel circondario, revocando le licenze concesse dai suoi predecessori, e concedendo a librai e stampatori un termine di 30 giorni per redigere un elenco dei libri da loro posseduti o stampati e consegnarlo alle autorità competenti.
Nel concistoro del 14 settembre 1759 Clemente XIII lo creò cardinale dell’ordine dei preti, e per titolo gli conferì la chiesa domenicana di S. Sisto, chiamandolo inoltre a far parte delle Congregazioni del S. Uffizio, dell’Indice, di Propaganda fide, dei Riti, e della correzione dei libri della Chiesa orientale.
Nella più che decennale attività censoria di Orsi va almeno menzionato il suo ruolo nell’esame romano della Encyclopedie, che tra il 1758 e il 1759 – a seguito dell’edizione lucchese dei primi due volumi nel 1758 – fu al centro di una lunga discussione e di un doppio vaglio – da parte della Congregazione dell’Indice e poi dell’Inquisizione – il cui esito fu il breve di Clemente XIII del 3 settembre 1759, che condannava la lettura, la detenzione e la stampa dell’opera «quocumque idiomate», sotto pena di scomunica per i laici e di sospensione a divinis per gli ecclesiastici. A prevalere fu dunque la linea più intransigente, sostenuta dai domenicani Alessandro Pio Sauli, commissario del S. Uffizio, e da Orsi, che riteneva del tutto vana un’ipotetica espurgazione o correzione dell’opera. Notava infatti che «l’indifferentismo in materia di religione, il materialismo, il fatalismo, il deismo, e la sfrenata libertà del pensiero son morbi nella presente stagione contagiosissimi, e che, come l’esperienza ce lo dimostra, facilmente si attaccano ad ogni genere di persone», cosicché a nulla sarebbero valse poche note e correzioni come quelle «aggiunte o da aggiungersi alla nuova edizione di Lucca» (Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sant’Officio, Censurae Librorum, 1759, II, f. 1, c. 24r-v).
Morì a Roma il 13 giugno 1761e fu sepolto nella sua chiesa titolare, dopo solenni esequie celebrate in S. Maria sopra Minerva.
Il Generale dei domenicani Thomas de Boxadors lo ricordò in una lettera circolare mandata il 21 luglio 1761 da Pamplona, dove si trovava in visita, a tutti i conventi dell’Ordine.
Fonti e Bibl: Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sant’Officio,Decreta 1728, c. 269r; Juramenta 1725-1736; Censurae Librorum, 1733-1734; 1759, I-II; 1760-1761; Vota CL 1759, I; Index, Diarii, 6, 15-17; Protocolli , 78-83, 87; Tituli Librorum, 1746-1758; Biblioteca ap. Vaticana, Ottob. Lat. 3187 (contiene scritti di Neri Corsini e altri in favore di Orsi); Arch. Segreto Vaticano, Fondo Benedetto XIV, Bolle e Costituzioni, t. 22, cc. 151r-152r; Mem. e Bigl. 189; Roma, Biblioteca Corsiniana, mss. 1590; 1615; 1876; 1877; 1895; 1904; 1910; 2003; 2048 (lettere di Orsi, o che lo riguardano); G. Catalani, De magistro sacri palatii apostolici libri duo..., Roma 1751, pp. 230-232; Id., De Secretario Sacrae Congregationis Indicis libri duo ..., Roma 1751, pp. 139-141; A. Fabroni, Vitae Italorum Doctrina excellentium qui saeculis XVII et XVIII floruerunt ..., Pisa 1778-1805, XI, pp. 6-36; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli studi di Roma detta comunemente la Sapienza ..., IV, Roma 1806, pp. 97-99; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, Modena 1827-30, I, pp. 190-194; A. Guglielmotti, Catalogo dei bibliotecari, cattedratici, e teologi del Collegio Casanatense nel convento della Minerva dell’Ordine de’ Predicatori in Roma ..., Roma 1860, p. 22; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis Praedicatorum, Roma 1916, pp. 60, 118; A.C. Jemolo, Il Giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 70, 98, 101, 104, 108, 113-115, 148, 162-164, 197-200, 219, 220, 243, 259, 334; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Roma 1945, pp. 178-182 e passim; E. Appolis, Entre Jansénistes et Zelanti. Le “tiers parti” catholique au XVIIIe siecle, Paris 1960, pp. 56, 115, 125-128, 133, 174, 186, 339, 353, 370, 412, 469, 533, 539; A. Prandi, La Istoria ecclesiastica di p. Giuseppe O. e la sua genesi, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, 34 (1980), pp. 430-50; I maestri della Sapienza di Roma dal 1514 al 1787. I rotuli e altre fonti, a cura di E. Conte, II, Roma 1991, pp. 651, 655, 660, 664, 666, 680, 930; M. Rosa, Settecento religioso. Politica della Ragione e religione del cuore, Venezia 1999, pp. 158, 287; M.P. Donato, Accademie romane. Una storia sociale (1671-1824), Napoli 2000, pp. 86, 90, 99; R.F. Costigan, The consensus of the Church and papal infallibility. A study in the background of Vatican I, Washington 2005, pp. 78-95; P. Delpiano, Enciclopedia, in Dizionario storico dell’Inquisizione, a cura A. Prosperi, Pisa 2010, II, p. 533 s.; H.H. Schwedt et al., Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation 1701-1813, a cura di H. Wolf, Paderborn 2010, s.v.; H. Wolf - B. Schmidt, Benedikt XIV und die Reform des Buchzenzurverfahrens. Zur Geschichte und Rezeption von “Solicita ac provida”, Paderborn- München-Wien-Zürich 2011, pp. 69-79, 108, 130 s.; 168 s., 180-183; P. Vismara, Pietro Tamburini e il “dispotismo pontificio”, in Il giansenismo e l’Università di Pavia. Studi in ricordo di Pietro Stella, a cura di S. Negruzzo, Pavia 2012, pp. 95-116.