FOGLIETTA, Agostino
Figlio del notaio Oberto e notaio egli stesso, nacque a Genova probabilmente tra il 1450 e il 1460: un notaio di questo nome, infatti, risulta rogare in quella città a partire dal 1477-78.
Già il padre, attivo e affermato professionista, si era distinto nella vita politica cittadina, ricoprendo numerose cariche pubbliche. Il F. dal canto suo, eletto sindicatore l'8 luglio 1501, fu elettore degli Anziani nel 1502e nel 1503e membro della Balia di dodici cittadini, istituita il 23giugno 1503per fronteggiare il malcontento antifrancese. Il 26apr. 1504 fu nominato consulente dell'ufficio di Vettovaglia e il 6luglio 1506ufficiale della Moneta. Esponente di una famiglia di "artifices nigri" (artigiani di "colore" guelfo), nel divampare dei contrastì fra nobili e popolari per la ripartizione delle cariche il F. fu prescelto il 19 luglio 1506 (il giorno stesso dell'elezione dei nuovi Anziani, per due terzi popolari), insieme con altri undici rappresentanti della parte popolare, per formare una Balia dotata di amplissimi poteri con il compito di ristabilire la pace e l'ordine.
Aggravatasi per contro la situazione con la fuoruscita dei nobili dalla città, il 18ottobre dello stesso anno il F. venne designato, insieme con N. Giustiniani, per un'ambasceria al re Luigi XII, sdegnato con i Genovesi anche a causa delle loro iniziative militari nelle Riviere. Contrariamente, però, a quanto in un primo tempo previsto, il F., invece di recarsi in Francia, partì il 30ottobre, con G. Palmaro, per Bologna, quale ambasciatore alla corte di Giulio II con l'incarico di presentare al pontefice le felicitazioni dei Genovesi per la conquista della città emiliana.
Al di là del suo carattere apparentemente improvvisato - dovuto, con buona probabilità, alla necessità di rispondere immediatamente agli analoghi passi in direzione del papa intrapresi dai fuorusciti -, tale missione rivestiva una considerevole importanza: si trattava in sostanza di convincere Giulio II ad appoggiare il governo popolare di fronte al legittimo signore di Genova, Luigi XII. Il papa avrebbe, cioè, dovuto sostenere le richieste genovesi circa il ritorno dei fuorusciti, la sottomissione di G.L. Fieschi e la spedizione contro Monaco. Si pregava inoltre il pontefice di promuovere qualche cittadino genovese (in particolare veniva fatto il nome di B. Sauli) alla dignità cardinalizia, oltre che di concedere indulgenze ed altri favori minori a monasteri, a privati e al Banco di S. Giorgio. Il 28 novembre, poi, il F. e il Palmaro venivano informati dei propositi bellicosi del re, che rendevano ancora più urgente un qualche aiuto da parte dei papa. Di fatto i due ambasciatori riuscirono a ottenere da Giulio II il riconoscimento della legittimità delle posizioni genovesi e la promessa di un intervento presso Luigi XII, mentre da parte sua il pontefice esortava Genova a raggiungere un accordo con i suoi concittadini savonesi.
Ancora alla corte papale il 21 dic. 1506, il 30 genn. 1507 il F. e il Palmaro, sostituito in seguito da D. Adorno, vennero incaricati di una nuova ambasceria a Giulio II, in relazione, appunto, alla questione di Savona.
Loro compito era ribadire la buona volontà di Genova, testimoniata dalla sospensione degli editti sfavorevoli al commercio savonese, in vista di un'intesa definitiva tra le due città patrocinata dal papa.
Rovesciato il governo popolare dalle armi francesi, il 13maggio 1507il F. fu bandito da Genova assieme a numerosi altri esponenti della fazione sconfitta. Né valsero a fargli condonare la pena le preghiere di Giovanni Giordano Orsini, genero del papa. Forte peraltro di tali protezioni, il F. dovette sicuramente trovare ricetto a Roma: il 26 nov. 1507 infattì qui rogava, nella sua abitazione "in contrata Parrioni".
A partire probabilmente dal 1509il F. pare si sia definitivamente stabilito alla corte papale. Anche se non sono noti suoi incarichi ufficiali, secondo il nipote Oberto Foglietta il F. nel ruolo di segretario ebbe modo di esercitare un notevole influsso sulla politica di Giulio II, di Leone X e di Clemente VII. A lui in particolare si dovrebbe l'alleanza del 28maggio 1521fra Leone X e Carlo V contro Francesco I.
Chiaramente antifrancese, il V. godette della piena fiducia della Spagna, tanto da essere definito, in una lettera del 4nov. 1524 (Pacini, p. 208) inviata a Carlo V da F. Marin, abate di Najera e commissario dell'esercito imperiale, come il più sicuro servitore della causa spagnola in corte di Roma. Effettivamente le convinzioni filoimperiali del F. traspaiono anche, in una fase estremamente delicata delle guerre d'Italia (mentre Clemente VII cercava di barcamenarsi tra i due contendenti), dalle lettere che egli nel gennaio del 1525 inviò da Roma al legato pontificio in Lombardia G. Salviati per informarlo degli sviluppi della situazione internazionale. Agendo da tramite fra Genova e l'imperatore il F. fu poi certamente uno dei principali patrocinatori dei tentativi di riforma istituzionale compiuti da Antoniotto Adorno sotto l'egida spagnola, tra il 1525 e il 1527.
Grazie alla benevolenza di Clemente VII il F. fu proposto il 9 maggio 1525 per la sede vescovile di Mazara del Vallo. Nominato però al suo posto "Augustinus de Francisco cler. Neapol.", il 21 luglio dello stesso anno il F. ricevette come compenso una pensione di 500 ducati sui redditi della diocesi siciliana.
Contrario ovviamente alla politica di G.M. Giberti e alla lega con la Francia, il F. trovò la morte nel 1527 proprio per mano delle soldatesche imperiali durante il sacco di Roma.
Alla sua memoria P. Bembo dedicò un carme latino e A.Tibaldeo ne compose l'epitaffio per la tomba in S. Maria sopra Minerva.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova ms. 10, cc. 20v, 198v, 333v, 348v; ms. 652: Informazioni date dalla Repubblica genovese ai suoi ambassadori, c. 1232; Ibid., Biblioteca, ms. 169, c. 309v; Ibid., Archivio segreto. Lettere ministri-Roma, 2342; Ibid., Instructiones et relationes, 2707 C.; Ibid., Notai antichi, 1205-1207; Arch. segr. Vaticano, Arm. XLIV, 9, c. 222r; Ibid., Arch. concist., Acta Vicecancellalii, 3, c. 85v; Genova, Bibl. civica Berio, m.r. XV.4.6: F. Federici, Scrutinio della nobiltà ligustica, cc. 709, 885 s.; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins, II, Paris 1861, pp. 815-818; B. Senaregae De rebus Genuensibus commentaria ab anno MCDLXXXVIII usque ad annum MDXIV, a cura di E. Pandiani, Bologna 1932, pp. 91 s., 112; U. Folietae Clarorum Ligurum elogia..., Romae 1574, pp. 193 ss.; E. Pandiani, Un anno di storia genovese (giugno 1506-1507) con diario e documenti inediti, in Atti della Società ligure di storia patria, XXXVII (1905), pp. 15, 69, 82 s., 318, 366, 409, 416, 530, 551; A. Pacini, I presupposti politici del "secolo dei genovesi". La riforma del 1528, ibid., n.s., XXX (1990), pp. 207 ss.; G. Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 239.