AGOSTINO di Duccio
Scultore. Nacque a Firenze nel 1418 da Antonio di Duccio e da Lorenza, ed ebbe due fratelli orefici, Cosimo e Ottaviano, questi anche scultore. Il Vasari credette erroneamente A. fratello di Luca della Robbia, col quale non ebbe neppure rapporti stilistici. Soltanto dopo la metà del séc. XIX documenti e studî misero in chiaro la vastità e il valore dell'opera di A., riconoscendolo unico autore di sculture variamente attribuite, a Modena, a Rimini e a Perugia. Nulla sappiamo circa la prima sua educazione artistica, poiché la sua maniera a sbalzo e a graffito indica rapporti tecnici non tanto con scultori quanto con orefici e bronzisti come Bertoldo e il Filarete. Il dominante influsso di Donatello lo dirige senza soggiogarlo, poiché la visione di A. rimane sempre pittorica, ed egli imprime vita alle sue figure e alle sue scene per mezzo di valori lineari. Palesemente ma esteriormente lo impressiona anche la scultura classica, e in particolare il noto rilievo delle Menadi cui egli talvolta s'ispira. La fantasia indipendente, il senso emotivo e lirico e la delicatezza tecnica rendono oggi Agostino di Duccio uno degli artisti più interessanti della sua epoca; ma al tempo suo, quando la plastica fiorentina vantava un Desiderio, un Pollaiolo, un Verrocchio, la sua incapacità di disciplina realistica e formale non lo fece apprezzare in patria, e l'obbligò a trovare lavoro e fortuna fuori, onde la sua fama si fonda sui vasti cicli decorativi di Rimini e di Perugia.
La sua prima opera conosciuta è l'arca di S. Geminiano, oggi smontata, che egli eseguì per il duomo di Modena; i bassorilievì con le Storie del Santo e con la segnatura Agostinus de Florentia 1442, si vedono murati all'esterno dell'abside; altri frammenti, in sagrestia. Nel 1446, lavorando probabilmente come orefice alla SS. Annunziata a Firenze, A. venne accusato col fratello Cosimo di furto di argenti, onde entrambi dovettero fuggire a Venezia. Ne ricorda la permanenza quivi un'opera in collaborazione con Bartolommeo Bon, l'Incoronazione, che già ornava la porta della Carità, e che oggi è nella sagrestia della Salute. Nel 1447 A. venne addetto, probabilmente dal protomastro Matteo de' Pasti, alla decorazione plastica del Tempio Malatestiano a Rimini, tre anni innanzi che L. B. Alberti vi creasse il classico rivestimento esterno. Egli vi attese fino al 1454 lavorandovi di mano propria e dirigendo l'opera di molti aiuti, tra i quali il proprio fratello Ottaviano. Seguendo le ispirazioni e i consigli di Sigismondo Malatesta, di Matteo de' Pasti e degli umanisti della corte, egli vi animò con spirito e grazia insuperabili sei cappelle con figurazioni di arti liberali, di sibille, di portascudi, di pianeti, di putti danzanti e giocanti, mescolando il sacro e il profano tra la gaia policromia dei marmi variati, degli stucchi colorati, degli ori, dei bronzi. Vi scolpì anche il magnifico sepolcro degli antenati malatestiani e quello d'Isotta degli Atti. Solo nel 1912 C. Ricci poté leggere sopra un fregio in alto l'iscrizione Augustini Florentini lapicidae, posta a riscontro di un'altra, commemorante Matteo de' Pasti. Fece poi per Sigismondo altri lavori, come un bassorilievo d'Isotta, oggimai noto per un'incisione, e una Storia di S. Sigismondo per il monastero di Scolca, oggi nel Castello Sforzesco di Milano. Il 17 luglio 1457 A. fu chiamato a Perugia per decorare la facciata dell'oratorio di S. Bernardino, che compose nello stile di L.B. Alberti e ornò di statue, di storie in bassorilievo, e di policromia, creando un nuovo capolavoro di armonia decorativa. Terminata nel 1461, quest'opera venne collaudata dai pittori B. Bonfigli e Angiolo di Baldassarre. Fece nel frattempo, sempre in Perugia, un pulpito per S. Domenico, e il vasto altare di S. Lorenzo, di pietra colorata e terra invetriata, terminato il 12 ottobre 1459 Nel 1462 a Bologna fece un modello per il S. Petronio; e nel 1463 era a Firenze, ove il 16 aprile gli fu allogato un gigante, probabilmente di terracotta, per uno degli speroni posteriori di S. Maria del Fiore, il quale il 23 novembre era già finito e stimato, ma che col tempo andò distrutto. Nove mesi dopo gliene venne ordinato un secondo di marmo, per il quale fece sbozzare un blocco da Bartolommeo di Piero da Settignano detto Baccellino, che lo guastò per modo da doverlo abbandonare; quaranta anni più tardi Michelangiolo ne seppe ricavare il celebre David. L'8 maggio del 1473 egli era nuovamente a Perugia a costruirvi per incarico dell'Opera del duomo una cappella della Pietà, distrutta nel 1625, cui apparteneva quel grande rilievo su fondo azzurro che si ammira nell'interno della cattedrale. Dal 17 dello stesso mese fu pure occupato nella decorazione marmorea della Porta S. Pietro o delle due Porte, ispirata al Tempio Malatestiano, nel 1481 ancora incompiuta. Nella cattedrale A. dovette lavorare anche a una cappella di S. Bernardino, già modificata nel 1486, e lì presso all'oratorio della Maestà delle Volte, rifatto nel 1566. Notevoli, ma non bene identificabili avanzi di tali opere si conservano nella Pinacoteca di Perugia, insieme con una Madonna proveniente dalla facciata di S. Francesco; mentre altri frammenti si trovano nella canonica del duomo. Nel 1477 Agostino non senza aiuti eseguiva due sepolcri per la famiglia Geraldini in Amelia. Dopo il 1481 non si hanno più notizie del nostro scultore, che si suppone morisse in quel tempo, lasciando ancor giovane la moglie Francesca e un figlioletto, Antonio, di pochi mesi.
Altre opere di A. quasi tutte del periodo fiorentino e quindi tra le più accurate: a Firenze nell'Opera del duomo, una Madonna proveniente dalla Cappella dei pittori alla SS. Annunziata; in Ognissanti, nel refettorio, due Angioli; nel Museo nazionale, una Madonna di stucco colorato, già nella Villa Reale di Castello, eseguita circa il 1468 per i Salutati, che in quell'anno erano divenuti proprietarî della Petraia donde proviene. A Pontremoli in S. Francesco, una Madonna; al Louvre, una magnifica Madonna lumeggiata d'oro, donata dal barone A. Rotschild, e un'altra detta d'Aurilliers, che è una variante di marmo di quella Salutati; a Londra, al Victoria and Albert Museum, un rilievo sepolcrale di Santa Giustina proveniente da Padova; a New York, nel Metropolitan Museum, una strana rappresentazione del Congedo di Cristo dalla Madre, già nella raccolta Aynard a Lione, e nella collezione Morgan un'altra Madonna.
Bibl.: A. Pointner, Die Werke d. florentinischen Bildhauers Agostino d'Antonio di Duccio, Strasburgo 1909; C. Ricci, Il Tempio Malatestiano, Milano-Roma s. a., con le notizie più estese su A. di Duccio e una compiuta bibl.; E. Maclagan, A relief by A. di D., in Burl. Mag., XLVIII (1926), pp. 166-167.
Sull'attività di A. di Duccio a Venezia v. L. Planiscig, Venezianische Bildhauer d. Renaissance, Vienna 1921, e L. Fiocco, I Lamberti a Venezia, in Dedalo, VIII (1927-28), pp. 442-43.