DEL NERO, Agostino
Nacque a Firenze il 17 sett. 1504 da Piero di Francesco di Nero di Filippo e da Ginevra di Clemente Guidotti.
Il padre, ricoprendo per la prima volta il priorato nel 1476, aveva tangibilmente segnato l'ascesa dell'intero gruppo familiare che già, con il passaggio dell'arte minore dei rigattieri a quella maggiore dei lanaioli, si era affiancato agli altri rami della famiglia nel cammino verso posizioni di maggior prestigio, all'ombra della protezione della famiglia Medici.
Anche i due figli di Piero, Francesco e il D., parteciparono alle ultime vicende della Repubblica fiorentina come fautori della fazione medicea almeno fino al 1529, quando l'assedio della città li costrinse ad espatriare. Francesco raggiunse l'amico Filippo Strozzi a Roma dove venne. nominato tesoriere generale della Camera apostolica; il D. lo seguì il 30 sett. 1529 ma incorse nel bando come ribelle e nella confisca dei beni da parte della Quarantia. Rientrato a Firenze - secondo quanto attesta il Varchi - per evitare queste conseguenze penali, venne condannato a cinque anni di carcere. Caduta la Repubblica, si trasferì definitivamente a Roma dove le finanze pontificie sotto Clemente VII offrivano ai banchieri fiorentini di fede medicea, ed in particolare a quelli che gravitavano intorno al banco Strozzi, occasioni di guadagno e protezione politica.
Nel dicembre 1531 Clemente VII, a seguito di un credito di 25.000 scudi concessogli da Filippo Strozzi, ritenne doveroso gratificare l'amico e finanziatore con l'affidargli la lucrosa amministrazione della Tesoreria della Romagna per un settenmo, a cominciare dal gennaio 1532. Il 21 dicembre il D. venne ufficialmente nominato vicetesoriere, con il compito di sorvegliare in loco la collazione delle entrate della Tesoreria, nonché di altri cespiti annessi, quali due nuove decime in Romagna, la tassa sulla terra e le decime in Umbria e a Spoleto. Ma la morte di Clemente VII (25 sett. 1534) minò le posizioni di potere dei suoi protetti ed anche il D. - insieme con altri amministratori fiorentini delle finanze pontificie come il fratello Francesco, Francesco Guicciardini, Bartolomeo Valori e il monferratese Bernardino Castellari (della Barba) - sembra venisse fatto oggetto di un processo di revisione contabile da parte della Camera apostolica nel novembre 1534. La perdita, infine, della Tesoreria della Romagna - che lo Strozzi sperava di salvaguardare come caposaldo d'investimento e che invece venne concessa dal nuovo papa Paolo III a Bindo Altoviti nel marzo 1535 - costituì la sconfitta definitiva degli amici del defunto pontefice.
I carteggi dei D. relativi al periodo 1531-35 (conservati nell'Archivio di Stato di Firenze, Carte Torrigiani, Appendice, f.2) sembrano tuttavia attestare che egli rimase ancora nelle Marche, almeno fino all'estate 1535, in qualità di commissario delle decime, cioè come collettore di quelle entrate che non spettavano direttamente alla tesoreria della Romagna ma vi erano state aggiunte dal favore di Clemente VII per Filippo Strozzi.
Dopo un'ulteriore breve permanenza a Roma (il fratello Francesco nel luglio 1535 lo sconsigliava di rientrare in Firenze, poiché la situazione politica non dava sufficienti garanzie), il D. tornò in patria nel 1536, favorevolmente accolto dal duca Alessandro. Per la sua esperienza amministrativa nel campo del debito pubblico, il 13 ott. 1536 il D. fu nominato ufficiale del nuovo Monte comune insieme con Francesco Guicciardini, Uliviero Guadagni e lacopo Gianfigliazzi, carica in cui vennero confermati d'ufficio dal duca Cosimo I con ordine del 28 febbr. 1537.
Sposatosi il 24 marzo 1537 con Nannina di Tommaso di Paolo Antonio Soderini, ebbe da lei tre figli: Tommaso, Nero e Francesco.
Data da questi anni il progressivo consolidamento della sua posizione all'interno del principato, attraverso un cursus honorum che da cariche minori (nel 1538 è vicario di Valdinievole, l'anno seguente fa parte dei Dodici buonuomini, nel 1542 è capitano di Fivizzano, dal 1º dic. 1545 è nominato per quattro mesi membro dei Sei di mercanzia, dal 1547 al 1548 è di nuovo ufficiale del Monte comune e dal 1551 al 1553 ufficiale del Monte di pietà) lo condusse alle magistrature di maggior prestigio e peso politico.
Il 16 sett. 1550 venne, infatti, ammesso nel Consiglio dei dugento; l'anno seguente fu chiamato a far parte dei Conservatori di legge; nel 1558 dei Capitani di parte, nel 1560 dei Nove conservatori del dominio e della giurisdizione fiorentina; infine, il 29 luglio 1564 fu eletto membro del Senato dei quarantotto, tradizionale coronamento di una riuscita carriera politica e definitiva conferma dell'ingresso della sua famiglia nell'oligarchia fiorentina. In seguito entrò per tre volte (ottobre 1564, aprile 1565 e ottobre 1566) nel Magistrato supremo, l'organismo vertice nella gerarchia delle magistrature del principato, e fece quasi ininterrottamente parte dal 1566 al 1575 degli accoppiatori che sovrintendevano all'imborsazione per la estrazione delle cariche.
Tuttavia queste responsabilità politiche non distolsero il D. da una proficua attività mercantile e finanziaria, caratterizzata da investimenti mobiliari ed immobiliari anche fuori del Granducato. Preponderanti rimasero, infatti, gl'interessi con Roma, dove mantenne corrispondenti e procuratori. La ricerca di una nuova fonte d'investimento, ma anche di un titolo nobiliare che ratificasse lo stato sociale e politico raggiunto, lo spinse ad acquistare nel 1568 la baronia di Porcigliano (oggi Porciano presso Ferentino), ove attuò una dura politica "rifeudalizzante" contro secolari forme di.autonomia contadina, politica da cui dovette in parte recedere in seguito all'intervento di Gregorio XIII a favore della popolazione locale.
Morì a Firenze il 9 maggio 1576 e fu sepolto nella chiesa di S. Martino a Maiano, nella diocesi di Fiesole. Con testamento del 3 ott. 1572 aveva eletto eredi universali, sia delle sostanze sia del titolo baronale, i figli Nero e Francesco ed il nipote Agostino, figlio di Tommaso.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Pucci, cart. VIII, n. 3; Ibid., Carte Sebregondi, sub voce;Ibid., Manoscritti, Consorterie della città di Firenze, Quartiere S. Spirito, ad nomen;Ibid., Tratte, f. 72; Ibid., Archivio Mediceo del principato, Carteggio universale di Cosimo I, f. 334, cc. 166, 171, 190, 202 (corrispondenze come vicario di Valdinievole); f. 408a, c. 1083; Ibid., Carte Torrigiani, Appendice, f. 2 (carteggio come vicetesoriere delle Marche); Ibid., Carte Strozziane, s . 1, f. 38, c. 169;B. Varchi, Storia fiorentina, Colonia 1721, p. 346;D. Moreni, Notizie istor. dei contorni di Firenze, Firenze 1745, IV, p. 199;D. M. Manni, Il Senato fiorentino o sia notizia de' senat. fiorentini, Firenze 1775, p. 85; Legislaz. toscana, a cura di L. Contini, I, Firenze 1800, pp. 133ss.; A. Ademollo, Marietta de' Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio. Racconto storico, a cura di L. Passerini, Firenze 1845, IV, p. 1343;C. De Cupis, Le vicende dell'agricoltura e della pastorizia nell'Agro Romano, Roma 1911, pp. 160-83;Id., La caccia nella Campagna romana secondo la storia e i documenti, Roma 1922, p. 128; H. Delumeau, Vie économique et sociale de Rome dans la seconde moitié du XVI siècle, II, Paris 1979, p. 569;M. M. Bullard, Filippo Strozzi and the Medici, New York 1980, pp. 148, 157s., 168 s.