CASTELVÌ, Agostino
Quartogenito maschio di Francesco, marchese di Laconi e visconte di Sanluri, e di Francesca Lanza di Trabia, nacque a Cagliari presumibilmente tra il 1617 e il 1618. Avviato alla carriera delle armi, partecipò, nel 1643-44, alla campagna di Catalogna, nel reggimento di cavalleria sarda del fratello maggiore Giovanni, distinguendosi alla presa di Monzon. Catturato dai Francesi, dopo la liberazione fu del corpo di spedizione che nel 1648 represse la rivolta di Palermo.
Al suo rientro a Cagliari, il venerdi santo 1649, il C. subì un attentato da parte di uomini prezzolati dal marchese di Villasor, Biagio Alagón, per private gelosie, cui replicò facendo a sua volta uccidere un gentiluomo della cerchia dei Villasor, Francesco Melonda, e irrompendo con un seguito di armati nel feudo di Villasor. Allo scontro aperto tra le due principali famiglie feudali dell'isola, divise già nel passato da rancori e rivalità, pose termine il viceré, ordinando il temporaneo esilio del C. e dell'Alagón a Madrid.
Qui vennero concordati i termini di una pacificazione formale tra i due partiti, ai quali facevano capo la gran parte delle famiglie nobiliari, feudali o no, dell'isola, per legami parentali e clientelari. Il C. tuttavia, che doveva rispondere dell'omicidio del Melonda, aveva preferito rifugiarsi clandestinamente in Sicilia.
Fece ritorno in Sardegna alla morte del fratello Giovanni (avvenuta nel 1653), che non aveva lasciato eredi diretti, per prendere possesso del patrimonio feudale del casato, rimanendo indisturbato sino all'agosto 1656, quando, implicato a Sassari in una rissa notturna, aggravata dall'avere opposto resistenza armata alla ronda urbana, fu imprigionato per l'assassinio del Melonda e per il nuovo grave fatto d'armi. Dopo meno d'un anno tuttavia veniva posto in libertà provvisoria con l'obbligo degli arresti domiciliari, dietro cauzione di 100 ducati, grazie all'interessamento dell'allora governatore del capo (o provincia) di Sassari, Bernardino Cervellón, a lui legato da vincoli di parentela. E dopo aver ottenuto nel 1659 l'investitura formale dei feudi ereditati, nel 1663 otteneva ufficialmente il "perdón por los delictos anteriores".
Non trascorse molto tempo che ebbe un violento incidente per motivi di interesse col cugino Iacopo Artaldo Castelvì, marchese di Cea e procuratore reale, che egli aggredì mentre assisteva a una funzione religiosa. Fu arrestato e rinchiuso, in Cagliari, nella torre dell'Elefante, ma anche questo procedimento si risolse in nulla. Avendo "declinado el fuero por ser notorio que era cavallero de la orden de Calatrava y sugeto tan solamente al Consejo Supremo de Ordenes",nonostante il parere del Supremo Consiglio d'Aragona, che con "sugetos desta calidad y costumbre de delinquir se havia de tomar expediente para que sean castigados" (Barcellona, Arch. de la Corona de Aragón, Estado, leg. 1130, Sobre lo que escrive al Virrey de Cerdeña... en orden a los procedimientos del marqués de Lacany [Memoriale della Reale Udienza sul C. del 1664]), il C. tornò a circolare liberamente in Cagliari, mentre gli atti del processo si perdevano nell'archivio del Consiglio degli ordini cavallereschi.
Al rientro nell'isola aveva sposato Giovanna Maria Dexart, figlia del noto giurista; ne ebbe due figli maschi, uno solo del quali, il secondogenito Giovanni Francesco, gli sopravvisse e accedette nel 1668 al patrimonio feudale del casato. Con costui si doveva poi estinguere, agli inizi del '700,la linea diretta del principale ramo del Castelvì. Rimasto vedovo, nel 1665 il C. sposò la nipote ventenne Francesca Zatrillas, marchesa di Sietefuentes e contessa di Cuglieri.
Nel 1666, apertosi il Parlamento indetto dal viceré Camarassa, il C. vi partecipò in veste di prima voce dello stamento militare. In tale qualità il C. fu il principale esponente della maggioranza parlamentare che intendeva vincolare la concessione del donativo decennale all'ottenimento preventivo da parte della Corona di alcuni privilegi ritenuti di capitale importanza (soprattutto quello della esclusività delle cariche pubbliche, ecclesiastiche e laiche, per i "naturales"). Impotente a superare l'opposizione del Parlamento, il viceré inviò la documentazione a corte. Assieme al delegato viceregio, nel giugno 1667 anche il C. si imbarcò per Madrid in veste di portavoce ufficiale del tre stamenti; ma nella lunga trattativa che seguì, non gli fu possibile raggiungere alcun accordo. Al suo ritorno a Cagliari, agli inizi del 1668, il viceré destituì il C., tentando così di recuperare il controllo del Parlamento. Rimasta senza risultato questa misura, il 28 maggio il Camarassa sciolse il Parlamento stesso.
Nella notte tra il 20 e il 21 giugno seguente il C. fu ucciso in un'imboscata.
Una prima inchiesta, manovrata dai partitari del C., fece ricadere il delitto sulla corte viceregia. E un mese dopo anche il Camarassa veniva assassinato. All'arrivo del nuovo viceré, a fine anno, il processo fu nuovamente istituito e vennero accusati questa volta la moglie e il suo amante, Salvatore Aymerich, cadetto del conti di Villamar.
Fonti e Bibl.: Arch. General de Simancas, Estado, l. 3042; Barcellona, Arch. de la Corona de Aragón, Consejo de Aragón, l.1132: Da quenta a V. M. de lo que el Marq. de Camarassa virrey de Cerdeña escrive... sobre que se abstenga don Jorge de Castelvì... (Relazione del Supremo Consiglio d'Aragona del 14 ag. 1668); Archivio di Stato di Cagliari, Antico Arch. Regio, Cause criminali di cavalieri (1668), voll. 1-7 ("Atti d'istruzione del processo per gli omicidi di don Emanuele de los Cobos marchese di Camarassa, viceré di Sardegna e di don Agostino di Castelvì, marchese di Laconi, prima voce dello stamento militare"); I. Dexart, Capitula sive acta curiarum regni Sardiniae, Cagliari 1725, I, pp. 54 s. e passim;P. Tola, Codex diplom. Sardiniae, Torino 1868, II, ad Ind.;G. Aleo, Storia cronologica di Sardegna (1637-1672), Cagliari 1926, pp. 164 s.; E. Putzulu, Carte reali arag. e spagnole dell'Archivio comunale di Cagliari, in Archivio storico sardo, XXVI (1959), pp. 155; V. Angius, Memorie dei feudi sardi, in G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il re di Sardegna, Torino 1856, XVIII quater, ad vocem;Id., Memorie dei Parlamenti generali o corti del regno di Sardegna, ibid., pp. 789 s.; P. Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, Torino 1837, ad vocem;P. Martini, Biografia sarda, Cagliari 1842, ad vocem;G. Manno, Storia di Sardegna, Torino 1866, III, pp. 310-324; Id., L'assassinio del viceré spagnuolo marchese di Camarassa, in Note sarde e ricordi, Torino 1868, pp. 33-37; D. A. Llorente, Cortes y sublevación en Cerdeña bajo la dominación española, in Revista de España, I (1868), pp. 262 ss.;I. Pillito, Memorie tratte dall'Archivio di Stato di Cagliari riguardanti i regi rappresentanti che sotto diversi titoli governarono l'isola di Sardegnadal 1610al 1720, Cagliari 1874, pp. 112-119; V. Prunas Tola, I privilegi di stamento milit. nelle fam. sarde, Torino 1933, ad vocem;D. Scano, Donna Francesca di Zatrillas marchesa di Laconi e di Sietefuentes...,in Archivio storico sardo, n.s., IV (1941-45), pp. 6 ss.; F. Loddo Canepa, Origen del Caballerato y de la Nobleza del Reyno de Cerdeña, ibid., XXIV(1954), pp. 269 ss.;J. S. Gramunt, Los linajes catalanes en Cerdeña, Barcelona 1956, ad vocem;Id., El asesinato del marqués de Camarassa, in Hidalguia, IV(1956), pp. 273 ss.; A. Javierre Mur, Elreino de Cerdeña solicita la grandeza de España para la casa de Alagón, in Studi storici e giuridici in onore di F. Loddo Canepa, Firenze 1959, I, pp. 107 ss.; Id., Caballeros sardos en la Orden Militar de Santiago, in Archivio storico sardo, XXVIII(1962), pp. 61 ss.; Id., Caballeros sardos en la Orden militar de Calatrava, in Studi storici giuridici in onore di Antonio Era, Padova 1963, pp. 187 s.; S. Mateu Ibars, Los virreyes de Cerdeña, fuentes para su estudio, Padova 1964, ad Indicem;B. Anatra, Corona e ceti privilegiati nella Sardegna spagnola, in B. Anatra-R. Puddu-G. Serri, Problemi di storia della Sardegna spagnola, Cagliari 1975, ad Indicem.