GIORGI, Agostino Antonio
Nacque a San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli) il 10 maggio 1711, primogenito di Antonio (1685-1723) e di Antonia Semprini (1687-1767) "pii honestique parentes", in una famiglia di contadini possidenti documentata a San Mauro dal secolo XVI. Chiamato alla nascita Francesco Maria, mutò poi il nome all'ingresso in noviziato. Dopo di lui nacquero Bartolomeo (anch'egli agostiniano dal 1736 col nome di Tommaso Nicola), Nicola, Anna Maria, Giacomo Antonio. Il G. iniziò gli studi in patria con i sacerdoti O. Landi e A. Sintini, dimostrando ingegno vivace e spiccata passione per la lettura; la morte prematura del padre, che creò problemi alla famiglia quando egli aveva solo 12 anni, unitamente all'influenza degli insegnanti ecclesiastici e all'esempio d'un amico coetaneo, F. Montani, lo spinse alla vita monastica. Il 10 luglio 1726, quindicenne, sottoscrisse una rinuncia a tutti i suoi beni in favore dell'avo paterno Gaspare, eleggendo a tutore il prozio Giovanni, in cambio dell'impegno della famiglia a sostenere le spese dei suoi studi e del suo noviziato, fino alla celebrazione della prima messa. Nel 1727, a Bologna, prese l'abito degli eremiti agostiniani in S. Giacomo Maggiore; continuò poi gli studi a Cesena, Verona, di nuovo a Bologna e a Padova, con maestri come i padri G. Sforza, N.M. Troisio, A. Gaja (futuro generale dell'Ordine), e soprattutto Giovanni Lorenzo Berti, iniziando lo studio delle lingue ebraica, caldea e samaritana e perfezionando latino e greco. Fu ordinato sacerdote dal cardinale arcivescovo di Bologna P. Lambertini, futuro papa Benedetto XIV, col quale il G. instaurò un rapporto di reciproca stima che non verrà mai meno.
Nel 1738, completato a Roma il corso di studi, fu destinato all'insegnamento, e passò in qualità di rettore nei conventi dell'Aquila, Siena, Firenze e Padova, tornando poi a Bologna. In quel periodo svolse anche un'intensa attività di predicatore in molte altre città, e specialmente a Terni. Eletto papa (1740), il Lambertini lo volle a Roma sulla cattedra di sacre scritture nell'Archiginnasio della Sapienza, vacante dal 1745 e che il G. tenne dal 1746 al 1762; inoltre lo pose in vista tra i teologi romani affidandogli la difesa del cardinale agostiniano E. Noris, la cui Historia Pelagiana nel 1748 era stata messa all'Indice dall'Inquisizione spagnola e duramente attaccata da un gruppo di teologi di quella nazione, nonostante l'approvazione romana. Egli riuscì a dimostrare la perfetta ortodossia del Noris, con grande soddisfazione del papa e accrescendo la propria notorietà (gli autografi dei suoi interventi nella causa sono conservati, unitamente ad altri, in un in folio non numerato dell'Archivio generalizio dell'Ordine, dal titolo Relazione sopra le opere del cardinale Noris che si pretendeva esser state proibite, cavata da varii mss. autentici stati consegnati all'assessore del Santo Officio dalla S.tà di N.S. nell'udienza della feria quinta 23 febbraio1758). Dopo il successo in una vertenza di tale risonanza, il G. fu ripetutamente richiesto dalla corte imperiale per la cattedra di teologia dogmatica nell'Università di Vienna, ma rifiutò le lusinghiere offerte per non dispiacere al papa.
Benedetto XIV volle mostrargli gratitudine associandolo alla sua ambita Accademia Palatina e nominandolo nel luglio 1752 direttore della Biblioteca Angelica, la prima romana aperta al pubblico; ne fu così il tredicesimo prefetto, dopo il fondatore Angelo Rocca, tenendo la carica per 45 anni, fino alla morte. L'attività del G. in questo ruolo può forse dirsi la sua principale, anche se fu accompagnata da altri importanti impegni; tra l'altro completò la catalogazione, per la quale la biblioteca era chiusa da quarant'anni, in 51 volumi in folio (34 in ordine alfabetico per autori; 21 per materia con indice; 5 per le miscellanee). La riapertura avvenne il 16 genn. 1786, e in quell'occasione egli donò la propria raccolta di 1349 volumi, con un ricco fondo bodoniano e tutti i testi relativi alla sua attività presso la tipografia di Propaganda Fide, per lo più concernenti le lingue e le civiltà orientali.
Anche nell'Ordine agostiniano la carriera del G. fu di rilievo, nonostante il suo riserbo di studioso: dapprima assistente d'Italia, dal 1764, per diciotto anni, fu procuratore generale; nel luglio 1784, essendo il generale F.S. Vasquez impedito da grave malattia, fu elevato a vicario generale, e su istanza del ministro di Spagna, N. de Azara, fu autorizzato ad aprire i dispacci segreti delle Spagne e delle Indie. Morto il Vasquez nel luglio 1785, il G., già commissario, fu confermato vicario generale con pieni poteri (lo fu per due anni), e l'Ordine gli prestò atto d'obbedienza. Molti ne attendevano l'elevazione a generale, caldeggiata dai circoli filogiansenisti, e fu grande la loro delusione quando, con 89 voti contro 66, fu invece eletto S.A. Bellisini. Durante il vicariato il G. si distinse soprattutto per lo zelo nel migliorare le scuole agostiniane.
Si pone qui la vexata quaestio delle sue propensioni gianseniste: fin dal 1747, concedendo la necessaria approvazione allo Augustinianumsystema de gratia del suo maestro Berti, si era mostrato contrario ai gesuiti, che non mancarono d'attaccarlo come giansenista, sebbene il G., sempre molto riservato, non avesse mai fatto dichiarazioni aperte in tal senso, pur frequentando i circoli che gravitavano intorno agli oratoriani della chiesa Nuova, oggetto nel 1776-78 d'una severa visita apostolica ordinata da Pio VI. Sembra inoltre che frequentasse il circolo dell'Archetto a palazzo Corsini, e sono provate sue relazioni, oltre che col Berti, con personaggi come S. de' Ricci, incontrato a Roma nel 1780, C. Astorri, M. Fantuzzi (che nelle Memorie di Clemente XIV, ora ms. 3177 della Bibl. Casanatense, fornisce molte interessanti notizie sul G.), A. Micheli, il card. M. Marefoschi, P.F. Foggini e G. Bottari, per non parlare del suo conterraneo G.C. Amaduzzi, che appena giunto a Roma divenne suo intimo, frequentando le sue lezioni alla Sapienza. Probabilmente egli era divenuto personaggio di tale prestigio che i giansenisti tenevano a farlo apparire dei loro più di quanto lo fosse, e i gesuiti a farlo apparire tale per creargli imbarazzo. Vero obiettivo del G. era la salvaguardia degli interessi della scuola agostiniana, che in alcuni punti coincidevano con quelli dei giansenisti (il generale Vasquez s'era molto avvicinato a loro). Comunque è certo che godette di grande stima e considerazione da parte di Clemente XIV, romagnolo anch'egli, che, a quanto affermò nel 1769 il ministro di Francia cardinale F.G. de Bernis (Pastor, Storia dei papi, XVI, 2, p. 112) aveva pensato di affidargli la stesura della bolla di soppressione dei gesuiti.
Molte ipotesi nacquero poi circa una pretesa elevazione del G. alla porpora, attesa da tutto l'ambiente antigesuitico romano. Alcuni la dissero avvenuta in pectore senza potere essere pubblicata per la morte di Clemente XIV; altri sostennero invece che il papa sarebbe stato sul punto di nominarlo, ma ne sarebbe stato impedito da considerazioni di opportunità e da intrighi di varia origine. In ogni caso la critica più avvertita, che ha evidenziato l'esistenza in quel periodo d'un "terzo partito" fra giansenisti e zelanti, attribuisce al G. un posto di rilievo in tale schieramento; a conferma si adduce, fra l'altro, il suo equilibratissimo atteggiamento quando fu nominato fra gli esaminatori del processo di beatificazione di Juan de Palafox (il vescovo messicano avversario dei gesuiti), che suscitò allora tante polemiche. Ebbe comunque importanti incarichi in Curia: fu consultore della congregazione dei Riti, e dal luglio 1772 di quella del S. Uffizio, facendosi tanto valere in entrambi gli incarichi che i cardinali prefetti si sarebbero uniformati ai suoi pareri.
Resta da analizzare l'aspetto erudito della figura del G., documentato da oltre 60 pubblicazioni, in due filoni principali, storico-teologico e linguistico-orientalistico (il secondo di maggior rilievo). Come accennato, fin dalla giovinezza i suoi studi si erano indirizzati a lingue antiche e orientali (aveva fama di possederne ben undici, oltre alle principali moderne). Fu anche indotto a specializzarsi nella tibetana dal suo impegno presso gli archivi missionari della congregazione di Propaganda Fide, dove s'era accumulata una grande quantità di materiali sul Tibet (per lo più inviati da missionari cappuccini), cui si aggiunsero i famosi manoscritti tibetani rinvenuti nel 1721 in Tartaria presso le sorgenti del fiume Irtyš, che lo zar Pietro, per divulgarli, aveva fatto pervenire ai più rinomati studiosi occidentali. Il G. lavorò per anni a classificare e tradurre quei fondi, fino a divenire del tutto padrone della lingua e dei dialetti nei quali erano stilati; e per essere d'aiuto ai missionari operanti in quei paesi volle approntare un'opera che fosse non solo un dizionario della lingua, ma anche una raccolta di tutte le cognizioni geografiche, storiche e religiose disponibili relative all'altopiano tibetano e la sua organizzazione politico-monastica, aggiornata alle più recenti scoperte, facendone un utile saggio di glottologia e sociologia comparate. Ne risultò un'opera di grande impegno, che dopo un'edizione ridotta e adespota (Roma 1759) fu pubblicata a Roma nel 1762 dalla tipografia di Propaganda (che usò i caratteri tibetani incisi nel 1733 da A. Fontauti per il cardinale L. Belluga), col titolo Alphabetum Tibetanum missionum apostolicarum commodo editum. Premissa est disquisitio in qua de vario litterarum ac regionis nomine, gentis origine, moribus, superstitione ac manichaeismo fuse disseritur, Beausobrii calumniae in s. Augustinum, aliosque Ecclesiae patres refutantur studio et labore fr. Augustini Antonii GeorgiiEremitae Augustiniani.
Il lavoro, d'indubbio valore per la parte linguistica, fu variamente giudicato, ed è alquanto appesantito da appendici con la traduzione in tibetano delle principali preghiere cristiane (opera del p. Cassiano da Macerata, valido collaboratore cappuccino del G.), dagli atti delle donazioni fatte dai lama ai missionari, e da lunghi stralci dei citati codici del 1721. J.J. Winckelmann, incaricato dal maestro dei Sacri Palazzi di valutare l'opera per l'approvazione, la definì "opus arduum, et a nemine umquam tentatum". L'Amaduzzi, professore di greco alla Sapienza, ne curò un estratto riassuntivo.
Molte altre pubblicazioni del G. meritano d'essere ricordate. Ancora nel campo dell'erudizione linguistica e orientalistica si segnalano: Grammatica Copto-Araba, Romae 1778; Epistola Andreae Christiano Hevidio de variis versionibus Arabicis Sacrae Scripturae, praesertim de Arabico-Samaritana, ibid. 1778; De inscriptionibus Palmirenis quae in Museo Capitolino adservantur interpretandis. Epistola ad eruditissimum virum p. Nicolaum canonicum Fogginium Corsinianae Bibliothecaepraefectum, ibid. 1782; Fragmentum Evangelii s. Ioannis Graeco-Copto-Thebaicum saeculi IV. Additamentum ex vetustissimis membranis lectionum Evangelicarum divinae missae, cod. Diaconici reliquiae et liturgica alia fragmenta veteris Thebaidensium Ecclesiae ante Dioscorum ex Veliterno Museo Borgiano nunc prodeunt in Latinum versa etnotis illustrata opera et studio…, ibid. 1789; Epistolae duae quarum una est A.A. Georgii altera G.C. Adleri, in quibus nonnulla de versionibus Syriacis Novi Testamenti, simplice Philoxeniana et Hierosolimitanaexaminantur, Hafniae 1790 (sull'antichità del codice siriaco della Biblioteca Angelica, che il G. riesce a datare intorno al 730). Tra i lavori teologici meritano menzione: Christotimi Ameristae (uno degli pseudonimi del G.) Adversus epistolasduas ab anonymo censore (il gesuita G.B. Faure) in dissertationem commonitoriam Camilli Blasi de festo Cordis Iesu vulgatas antihaerreticus. Accedit mantissa contra epistolium tertium nuperrecognitum, Romae 1772 (in occasione d'una ennesima querelle con i gesuiti su forme del culto del Sacro Cuore, da loro difese); Iudicium de Alexandri Sardii theogonia per epistolam adHieronimum Ferrium (prefazione a Numinum etHeroum origines del Sardi, Romae 1775); Adnotationes ad omnes locos s.p. Augustini citatos ab Adriano Cardinali in libro "De vera Philosophiaex quatuor Ecclesiae doctoribus", stesso luogo e anno; Monitum ad sacerdotes et clerum S. Sorianae Ecclesiae, quod extat ante breviariumferialeSyriacum ss. Ephrem et Iacob, Romae 1787. Per una bibliografia più ampia (non esaustiva) delle opere del G. si rimanda ai lavori di D.A. Perini, F. Fontani e C. Grigioni.
I contemporanei descrivono il G., pur così dedito alla biblioteca e agli studi eruditi, provvisto di tratti piacevoli di disponibilità, arguzia e socievolezza: presso di lui in S. Agostino si riunivano spesso dotti ed eruditi, ma anche giovani e forestieri di passaggio, che egli consigliava e guidava con piacere. Una testimonianza singolare è quella di Giacomo Casanova, che giunto diciottenne a Roma da Napoli con una commendatizia di L. Carafa per il G., gli si presentò il giorno stesso e frequentò per un certo tempo la sua "conversazione"; nelle Memorie dette poi minuziosamente conto della sua personalità e delle sue abitudini, e del suo entourage. Il G. visse in modo austero e frugale e fu dedito alla carità: con risparmi autorizzati dall'Ordine aveva acquistato un podere a Rimini e fatto costruire delle case ad Albano, i cui redditi destinò in parte alla Biblioteca Angelica e in parte al convento agostiniano di S. Giovanni Evangelista in Rimini, dove risiedeva il fratello Bartolomeo (che ne fu per due volte priore, divenendo poi provinciale), col quale restò sempre in corrispondenza. Nel 1767, morendo, la madre gli lasciò l'usufrutto della casa di San Mauro. Lasciò Roma solo per brevissimi periodi: nel 1748 per un giro esplorativo della Campagna romana, in compagnia del gesuita F.A. Zaccaria; nel 1763 per un viaggio di studio in Umbria, toccando Narni, Amelia e Todi, dove nell'archivio della cattedrale rinvenne un antico lezionario di grande interesse, del quale trasse copia per l'Angelica; un'altra esplorazione effettuò per il Lazio nel 1775. Nel periodo estivo e autunnale soleva concedersi qualche breve vacanza sui colli Albani (Marino, Genzano), oppure in qualcuna delle abbazie che circondano Roma. A San Mauro era tornato brevemente nell'autunno 1749, quando il fratello Giacomo Antonio era stato eletto consigliere della comunità.
Oltre che dell'Arcadia (dove ebbe nome Timagora Adramiteno) fu socio di numerose altre accademie, fra cui la Napoletana di scienze e lettere e l'Etrusca di Cortona, e fu in corrispondenza con quasi tutti i più illustri eruditi del tempo. Fu sempre gracile, ma anche negli ultimi anni, pur incurvato e tremolante, si conservò lucidissimo.
Spirò serenamente a 86 anni la mattina del 4 maggio 1797, a Roma, nel convento adiacente all'Angelica dov'era vissuto, e fu sepolto il giorno successivo nella chiesa di S. Agostino, in una tomba sulla quale l'amico G. Martini fece scolpire un'iscrizione elogiativa; un'altra iscrizione è nell'atrio della Biblioteca Angelica, dov'è conservato anche un suo ritratto.
Fonti e Bibl.: La mole di documenti di e sul G. non consente di renderne conto singolarmente. Vedi, per esempio: Roma, Arch. generale dell'Ordine di S. Agostino, Regesti; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 9799, c. 331; Biblioteca Casanatense, ms. 3177, c. 99rv e passim; San Mauro Pascoli, Archivio parrocchiale, Liber baptismatum 1695-1725, f. 69v; Savignano di Romagna, Archivio notarile, Atti G. Venturucci 1726-27, c. 29r. Vedi inoltre: Novelle letterarie, XXVI [1765], col. 86; n.s., I [1770], coll. 229, 701; VI [1775], col. 824; XIV [1783], coll. 333 ss.; J.F. Ossinger, Bibliotheca Augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1776, p. 394; Lettres interessantesdu pape Clément XIV, II, Paris-Lyon-Rouen 1777, p. 162; F. Fontani, Elogio del rev.mo padre maestro A.A. G. eremita agostiniano, Firenze 1798; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII et XVIII floruerunt, XVIII, Pisis 1799, pp. 11-44; Nouvelles ecclésiastiques, 21 juillet 1799, pp. 63 ss.; F.M. Renazzi, Storia dell'Università degli studi di Roma detta comunemente la Sapienza, IV, Roma 1806, pp. 74 ss., 448; G. Casanova, Storia della mia vita, I, a cura di P. Chiara - F. Roncoroni, Milano 1983, pp. 247-312; A. Theiner, Histoire du pontificat de Clément XIV d'après les documents inédits des Archives secrets du Vatican, I, Paris 1852, p. 358; J. Lanteri, Postremasaecula sex Religionis Augustinianae, III, Tolentini-Romae 1860, pp. 213-219; Id., Eremi Sacrae Augustinianae, I, Romae 1874, pp. 330-332; C. Tonini, La coltura letteraria e scientifica di Rimini, II, Rimini 1884, pp. 500-504; Carlotta (A. Valeri), Casanova a Roma, in Rivista d'Italia, 15 febbr. 1889; E. Celani, La Biblioteca Angelica 1605-1870, Firenze 1911, ad nomen; C. Grigioni, A.A. G., la vita e le opere, in La Romagna, s. 4, IX (1912), 3, pp. 147-240; A.C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 107 n., 116, 333, 335, 359, 402 n.; E. Esteban, De infirmitate rev.mi Vasquez, deque officialibus generalibus Ordinis constitutis illius perdurante infirmitate et post eiusdem obitum, in Analecta Augustiniana, XIII (1929), 1, pp. 116-119; D.A. Perini, Bibliographia Augustiniana cum notis biographicis. Scriptores Itali, II, Florentiae 1931, pp. 114-120; G. Gasperoni, Settecento italiano, I, L'abate Giovan Cristoforo Amaduzzi, Padova 1941, ad indicem; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Città del Vaticano 1945, pp. 147, 149, 155-160, 173, 176, 185, 208, 215, 218-220, 222, 275, 287 s., 304, 357, 369 s., 373; G. Natali, Il Settecento, Milano 1950, pp. 571, 632; E. Appolis, Le "Tièrs Parti" catholique au XVIIIe siècle. Entre jansénistes et zelanti, Paris 1960, pp. 424 ss. e passim; Correspondance Scipione de' Ricci - H. Grégoire, Florence-Paris 1963, pp. 18 ss.; A. Santoni, I giansenisti del Circolo dell'Archetto nei fondi della Biblioteca Angelica di Roma. Bibliografia, Roma 1973; A.M. Giorgetti Vichi, Gli arcadi dal 1690 al 1800, Roma 1977, p. 251; E. Pollini, Conferenza celebrativa di padre A.A. G. nel 180° anniversario della morte, tenuta a San Mauro Pascoli il 13 novembre 1977, Forlì 1978; G. Moroni, Diz. di erudizionestorico-ecclesiastico, XXX, p. 255, e ad indicem; Biographie universelle (Michaud), XVII, pp. 412-417; Biografia universale antica e moderna, XXIV, pp. 362-366; Dictionnaire de théologie catholique, VI, pp. 1375 ss.; Lexikon für Theologie und Kirche, IV, 2, Freiburg 1960, p. 897; Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XX, col. 1450.