Vedi AGORAKRITOS dell'anno: 1958 - 1994
AGORAKRITOS (᾿Αγοράκριτος)
Scultore da Paro, discepolo di Fidia. Fin dall'antichità alcune opere furono contemporaneamente attribuite al discepolo o al maestro, e l'incertezza permane tuttora per le copie che si presumono derivare da quegli originali. Anche per l'opera più famosa di A., la Nemesi di Ramnunte, le fonti sono discordi: Plinio (Nat. hist., xxxvi, 17) la dice opera di A., ed anzi precisa che la stessa era originariamente un'Afrodite creata in gara con Alkamenes, ma poi, avendo Alkamenes riportato la vittoria, A., dato il nome di Nemesi alla sua statua, la vendette al demo attico di Ramnunte. Le altre fonti sono invece concordi nell'attribuire la scultura a Fidia, nonostante l'iscrizione: ᾿Αγοράκριτος Πάριος ἐποίησεν: "A. da Paro fece", che Antigonos di Caristo scoprì sulla statua medesima (Zenob., v, 8, 2). Si può forse concludere che l'opera, di mano di A., fosse poi stata, in tempi recenti, attribuita a Fidia, come artista di fama universale, e che, nel tentativo di risolvere ogni contraddizione, si fosse poi ricorsi alla spiegazione che Fidia permetteva ad A. di firmare parecchie delle sue opere per lo speciale affetto che a lui lo legava (Plin., Nat. hist., xxxvi, 17). La statua, al dire di Pausania (1, 33, 2), era di marmo pario, recava sul capo un diadema decorato con cervi e piccole figure di Nikai, reggeva nella mano sinistra un ramoscello di melo e nella destra una fiale con figure di Etiopi. Pure decorata era la base della statua, con una scena che aveva a protagonista Elena, condotta a Nemesi da Leda, alla presenza di eroi omerici.
Si conserva ancora, al British Museum, un frammento della statua, proveniente dal tempio della Nemesi a Ramnunte: si tratta di una testa femminile colossale, in marmo pario, di cui restano una guancia con l'occhio, metà della fronte e gran parte dei capelli con tracce di attacco della corona metallica. Il solido modellato della guancia, l'ondulazione dei capelli, morbida e sobria, la struttura dell'occhio, richiamano lo stile di Fidia più maturo e trovano diretti confronti con figure femminili del fregio del Partenone.
Un'immagine dell'intera figura ci è forse conservata in uno statere argenteo cipriota (374-354 a. C.), da cui si ricava la convinzione che la dea doveva essere assai simile alla Atena Parthènos fidiaca, ma più animata nel portamento, più ricca nel panneggio. Si è inoltre creduto di poter riconoscere due copie derivate dallo stesso tipo nella Demetra del Museo Vaticano e nella Hera Borghese di Copenaghen.
Della base descritta da Pausania restano più di quaranta frammenti nel museo di Atene, fra cui teste di donne e di giovani in marmo pario, parti di corpi drappeggiati e una testa di cavallo, nonché una parziale riproduzione su di un rilievo neoattico di Stoccolma. Benché nessuna fonte dichiari A. autore di questa base, non sembra improbabile l'attribuzione allo stesso: anche qui è evidente la tradizione del fregio partenonico, ma in una fase leggermente più matura, che ci è chiaramente attestata dai tratti più morbidi dei volti e dalle compiacenze quasi "manieristiche" dei panneggi. La data più probabile sembra dunque potersi stabilire intorno al 420 a. C. La statua di culto della Madre degli dèi, nel Metroon dell'agorà di Atene, è detta da Pausania (1, 3, 5) e da Arriano (Peripl. Pont. Euxin., 9) opera di Fidia, mentre Plinio (Nat. hist., xxxvi, 17) la attribuisce ad A. e questa volta veramente a ragione, in quanto il culto di questa divinità, essendosi installato nell'Agorà solo dopo la peste del 430 a. C., esclude decisamente la partecipazione di Fidia. La dea era rappresentata seduta, recante nella mano un timpano e accompagnata da leoni che ne fiancheggiavano il trono. È un tipo che ritorna con parecchie variazioni in terracotte, statuette e rilievi votivi, di cui notevole, per la sua fedeltà alle descrizioni delle fonti, uno conservato nel museo di Berlino, nonché in una replica ateniese di età romana e nella rielaborazione ellenistica di una statua pergamena.
Infine, apprendiamo ancora da Pausania (ix, 34, 1), che nel santuario di Atena Itonia, presso Cheronea in Beozia, le statue bronzee di Atena Itonia e di Zeus erano opera di Agorakritos. Si è creduto di riconoscere nell'Atena di Villa Albani (Roma), e più probabilmente in quella del Museo Capitolino, una replica della figura della dea.
Basandosi inoltre sul confronto stilistico con i frammenti della base della Nemesi, si è creduto di poter raggruppare intorno alla personalità di A. alcune repliche di originali appartenenti alla seconda metà del sec. V, come il tipo dello Zeus di Dresda, una figura femminile, forse Afrodite, conosciuta in quattro copie, l'Apollo citaredo del Museo dei Conservatori (Roma), una statua femminile di cui una replica è nella collezione DoriaPamphilj a Roma, e qualche raro originale, come una testa di pugile e la statuetta votiva di Lysikleides nel Museo Naz. di Atene.
Non sono infine mancati tentativi, da parte degli studiosi, di definire una presunta partecipazione di A. in alcune parti del fregio e dei frontoni del Partenone, specialmente laddove il trattamento più vibrato dei panneggi e la morbida inquietudine dei gesti potrebbero addirsi ad un maestro di origine ionica.
Fonti antiche su A.: J. Overbeck, Schriftquellen, nn. 829-843.
Bibl: Opere di carattere generale: C. Robert, in Pauly-Wissowa, I, cc. 882-883, s. v.; M. Collignon, Histoire de la Sculpture Grecque, II, Parigi 1897, p. 112 ss.; W. Klein, Geschichte d. griech. Kunst, II, Lipsia 1905, p. 221 ss.; W. Amelung, in Thieme-Becker, I, 1907, p. 124 ss.; Ch. Picard, Manuel d'archéologie grecque, II, 2, Parigi 1939, p. 531 ss.; G. Richter, The Sculpture and Sculptors of the Greeks, New Haven 1950, p. 240 ss. Per la Nemesi di Ramnunte: O. Rossbach, Zur Nemesis des A., in Ath. Mitt., XV, 1890, p. 64 ss.; per lo statere di Cipro: J. Six, in Num. Chronicle, 3a Serie, II, 1882, p. 89 ss., tav. 5; E. Babelon, Catalogue des Monnaies Grecques de la bibliothèque Nationale, II, Parigi 1890-93, p. 143 ss.; G. Richter, op. cit., fig. 634; per il problema delle copie: P. Zancani Montuoro, Repliche romane di una statua fidiaca, in Bull. della Commissione Arch. Com. di Roma, LXI, 1933, p. 25 ss. Per i frammenti della base: S. Papaspiridi, Guide du Musée National, Atene 1927, p. 64 ss.; in particolare: L. Pallat, Die Basis der Nemesis von Rhamnus, in Jahrbuch, IX, 1894, p. 1 ss.; E. Kyellberg, Studien zu den attischen Reliefs des V. Jahrhunderts v. Chr., Upsala 1926, p. 105 ss., tavv. I-IV. Per la Madre degli dei: A. v. Salis, Die Goettermutter des A., in Jahrbuch, XXVIII, 1913, p. 1 ss. Per l'Atena Itonia: A. Furtwängler, Meisterwerke griech. Plastik, Lipsia e Berlino 1893, p. 112. Per le altre attribuzioni: P. Zancani Montuoro, op. cit., p. 55 ss. Sulla partecipazione di A. alle sculture del Partenone: B. Schweitzer, Meister and Parthenon, in Festgabe zur Winckelmannsfeier, Lipsia 1936; E. Buschor, Phidias der Mensch, Monaco 1948, p. 115 ss.; V. Poulsen, Fidias, Stoccolma 1949, p. 63 ss. K. Schefold, A. als Erbe d. Pheidias, in R. Boehringer Freundesgabe, Tubinga 1957, p. 543 ss.