FARNESE, Agnese
Nacque, probabilmente a Roma, intorno alla metà del sec. XV da Gabriele Francesco di Ranuccio e da Isabella di Aldobrandino Orsini - conte di Pitigliano e di Nola - che si erano uniti in matrimonio nel 1442. Nel gennaio del 1475, consolidando i legami che avevano unito suo padre a Siena ed alla famiglia Piccolomini in particolare, sposò Andrea Piccolomini Todeschini (o Tedeschini), portando in dote 3.000 ducati.
Andrea Piccolomini Todeschini era figlio di Laudomia, sorella di Enea Silvio - papa Pio II -, e di Nanni Todeschini (adottato nella famiglia Piccolomini dal pontefice) e fratello di Francesco, poi anche lui innalzato alla cattedra di S. Pietro con il nome di Pio III. Nel 1460 Pio II era riuscito ad ottenere per la sua famiglia la signoria di Castiglione della Pescaia e dell'isola del Giglio, signoria che nel 1464 era passata dal fratello Antonio ad Andrea.
La F., divenuta per matrimonio nipote e cognata dei papi di casa Piccolomini, era anche cugina di Alessandro Farnese, il futuro Paolo III, figlio di Pierluigi, che di suo padre era fratello.
Dall'unione della F. con Andrea Todeschini Piccolomini nacquero sette figli: Giovanni (nato il 9 ott. 1475 e divenuto arcivescovo di Siena e cardinale del titolo di S. Balbina); Montanina (nata ne ll'ottobre 1476 e andata in sposa a Sallustio Bandini); Pierfrancesco, che ereditó dal padre la signoria di Castiglione della Pescaia e dell'isola del Giglio; Alessandro (nato il 1º giugno 1484; un altro bambino omonimo era nato nel 1480 ed evidentemente morto in tenerissima età); Caterina (nata il 20 giugno 1491 e sposata a Lattanzio Tolomei) e Vittoria (nata il 9 ott. 1494).
Alle sue preoccupazioni di madre sono dedicate le quattro lettere che di lei ci restano: scritte tra il marzo 1507 ed il giugno 1509, sono indirizzate al figlio Giovanni, in quel periodo residente a Roma.
I testi, tutti certamente di suo pugno, sono redatti in una elegante scrittura "italica" e dimostrano una grande competenza testuale e grafica da parte dell'autrice, nonché un suo vero e proprio gusto per lo scrivere. La F. infatti - cosa particolare, se non eccezionale, per l'epoca, anche nell'ambito del suo ceto - padroneggiava inequivocabilmente la scrittura e la lingua italiana e doveva possedere inoltre una discreta cultura.
Tutte permeate di amor materno, le lettere ci restituiscono però anche l'immagine di una donna attiva, che dopo la morte del marito (avvenuta alla fine del 1505) svolgeva le funzioni di capofamiglia e tesseva le strategie matrimoniali, indispensabili in una grande casata come quella dei Piccolomini. Oggetto delle missive sono, infatti, le trattative per i matrimoni dei figli Alessandro con Francesca Conti e Pierfrancesco con Francesca Savelli, ambedue romane.
Il ruolo svolto nell'ambito della famiglia dalla F. è dirnostrato anche dal pagamento di saldo da lei effettuato - a nome dei suoi figli ed eredi del defunto marito - il 18 genn. 1509 al Pinturicchio (Bernardino di Betto da Perugia) per le sue opere.
L'artista infatti, su commissione di Andrea Todeschini Piccolomini, aveva eseguito a Siena gli affreschi nella "libreria" Pieccolomini. nel duomo (originariamente voluta da Pio III), il grande affresco - raffigurante l'Incoronazione del pontefice - che è sulla porta della libreria medesima, nonché la pala d'altare per la cappella di S. Andrea nella basilica di S. Francesco a Siena. Proprio uno degli affreschi della libreria (quello dedicato all'incontro tra l'imperatore Federico III e la sua futura sposa Eleonora di Portogallo) ci restituisce inoltre l'immagine della stessa F.: è lei infatti - con ogni probabilità - la donna dal corpetto a righe orizzontali bianche e nere dipinta dal Pinturicchio immediatamente dietro la sposa (V. Lusini, Il duomo di Siena, II, Siena 1939, p. 209).
Sempre al 1509 risale poi l'alliramento - l'iscrizione al ruolo delle imposte - della F. e dei suoi tre figli maschi, per la notevolissima cifra di 25.000 lire (la più alta riscontrata in Siena per quegli anni); ulteriore testimonianza, questa, dell'attiva partecipazione della gentildonna alle sorti ed alla fortuna della sua famiglia.
Ancora al suo ruolo di madre e di esponente di una importante casata protagonista di spicco della vita della Siena del Rinascimento sarebbe legata - secondo la tradizione - la sua morte. La tradizione storiografica, risalente allo storico senese contemporaneo Sigismondo Tizio, vuole infatti che la F. sia morta di dolore, l'8 ott. 1509, a causa delle nozze di sua figlia Vittoria con Borghese Petrucci, figlio del "magnifico" Pandolfo in quegli anni "signore" della città (S. Titius, Historiarum Senensium..., VII, pp. 152-153). Il Petrucci - sempre secondo la tradizione - impose l'unione per imparentarsi con i potenti Todeschini Piccolomini, che erano tra i più notevoli esponenti del Monte del popolo, formazione politica avversa al Monte dei nove da lui capitanato. La F. però, memore dell'odio che aveva sempre provato suo marito per i Petrucci e dell'esilio in cui Andrea si era dovuto rifugiare per sfuggire a Pandolfo, si oppose alle nozze e si rifiutò di parteciparvi fingendosi malata. Quando però il matrimonio fu ugualmente celebrato con la forza, il suo falso malore si trasformò, per il dolore, in una vera malattia e pochi giorni dopo morì.
Probabilmente Sigismondo Tizio nel ricostruire la vicenda si fece influenzare dalla sua grande amicizia e stima per Andrea Todeschini Piccolomini e dalla non meno grande avversione per la tirannide del Petrucci e dopo di lui tutti coloro che si sono occupati della figura della F. si sono costantemente attenuti alla sua patetica narrazione.
Tale versione degli avvenimenti non regge però al riscontro delle fonti storiche. La F. morì infatti veramente nell'ottobre del 1509; al 23 ottobre risale infatti l'atto di divisione dei suoi beni tra i suoi figli ed eredi (Arch. di Stato di Siena, Consorteria Piccolimini, 17, cc. 142v-149v), ma Vittoria si sposò solo nel 1511 - Il 25 febb. 1511 fu stipulato infatti il contratto nuziale, con cui la fanciulla venne data in sposa a Borghese Petrucci dal fratello Pierfiancesco, visto che ormai era orfana di entrambi i genitori (Arch. di Stato di Siena, Gabella dei contratti, 334, c. 34v). Il fratello in seguito divenne uno de' maggiori sostenitori della famiglia Petrucci.
La F. fu sepolta nella cappella della famiglia, dedicata a S. Andrea, nella basilica di S. Francesco, la medesima cappella per cui il Pinturicchio aveva dipinto la pala d'altare da lei pagata (il quadro oggi non esiste più come non esiste il sepolcro della F., distrutti ambedue dal tremendo incendio che nel 1655 danneggiò gravemente la chiesa). Sulla soglia della cappella un'iscrizione continua però a ricordare la gentildonna: "Andreas Pic[colomineus] de Castella eques dignis[simus] sibi et Agneti coniugi posterisque sacellum p[osuit]".
Le lettere scritte dalla F. sono in Arch. di Stato di Siena, Particolari famiglie senesi, b. 148 (Piccolomini) e sono state edite da A. Lisini, A. Farnese Piccolomini, Lettere, Siena 1887. La pubblicazione fu fatta in onore delle nozze tra Carlo Piccolomini Salamoneschi e Isolina Gigli. La trascrizione dei testi è preceduta da brevi notizie sull'autrice - il Lisini riporta la versione tradizionale della sua morte - e sul figlio Giovanni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Gabella dei contratti, 270, c. 16v; 334, c. 34v; Ibid., Biccherna, 1133, cc.412r, 427r, 459v, 503r, 596r, 635v (per la data di nascita dei figli); Ibid., Consorteria Piccolomini, 17, cc. 25r-27v, 96r-117r, 142v-149v; Ibid., Lira, 117, c. 16v; Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, ms. B, III, 12: S. Titius, Historiarum Senensium ab initio urbis Senarum usque ad annum 1528, VII, pp. 152 s.; Documenti per la storia dell'arte senese, III, a cura di G. Milanesi, Siena 1856, p. 14 (ediz. del Notarile antecosimiano 766, fasc. 269, dell'Arch. di Stato di Siena); I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi..., I, Pistoia 1649, pp. 79, 99; G. A. Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena, I, Siena 1755, pp. 241 s.; V. Lusini, Storia della basilica di S. Francesco in Siena, Siena 1894, pp. 143, 246; A. Lisini-A. Liberati, Genealogia dei Piccolomini di Siena, Siena 1900 (Agnese, chiamata erroneamente Giulia, è citata nell'Appendice I manoscritta; questa edizione del volume è in Arch. di Stato di Siena, Consorteria Piccolomini, 202); V. Lusini, Il duomo di Siena, II, Siena 1939, pp. 209, 237; E. Carli, Il museo dell'Opera e la Libreria Piccolomini di Siena, Siena 1946, p. 80; A. A. Strnad, Francesco Todeschini-Piccolomini. Politik und Mäzenatentum im Quattrocento, in Römische historische Mitteilungen, VIII-IX (1964-66), p. 115; A. K. Chiancone Isaacs, Popolo e Monti nella Siena del primo Cinquecento, in Riv. stor. ital., LXXXII (1970), p. 56; C. Ugurgieri della Berardenga, Pio II Piccolomini. Con notizie su Pio III e altri membri della famiglia, Firenze 1973, pp. 504, 543; E. Carli, Il duomo di Siena, Siena 1979, p. 123; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Piccolomini già Todeschini, tav. I; sub voce Farnesi, tav. V.