AGGRESSIVI CHIMICI (I, p. 888)
CHIMICI Per la maggior importanza assunta in questi ultimi anni, in materia di guerra chimica, dalle sostanze aggressive non asfissianti rispetto alle asfissianti, la voce asfissianti, gas (v. in IV, p. 830) è aggiornata sotto il più appropriato esponente aggressivi chimici.
Principali aggressivi chimici. - Fra i principali aggressivi chimici preparati durante questi ultimi anni, ma di cui solamente ora si comincia a parlare, si devono ricordare soprattutto l'azoto- iprite e il fluofosfato di isopropile. Il primo ha proprietà molto simili all'iprite: è, quindi, un aggressivo tossico-vescicante; il secondo oltre che tossico è un potentissimo miotico. Dal punto di vista fisiologico quest'ultimo, nel campo degli aggressivi, rappresenta una novità e fa parte di una serie di composti aventi tutti la proprietà di restringere fortemente la pupilla, rendendo difficoltosa la visione degli oggetti.
Oltre gli aggressivi sopra citati, vanno ricordate un certo numero di sostanze orticanti, così chiamate perché producono vescicazioni dolorosissime, senza però possedere l'elevata tossicità dell'iprite: tali la dicloroformossima, le ossime e gli isonitrosi derivati del cloroacetone e cloroacetofenone.
Rimangono poi alcuni aggressivi, di non accertata efficacia in campo, aventi una specifica azione sull'organo dell'equilibrio: i cosiddetti aggressivi labirintici. Principali gli eteri dicloro e dibromo metilici e particolarmente l'acido 3-acetoamino-4-ossifenilarsinico.
Azotoiprite. - Dal punto di vista chimico è una ammina alogenata e più precisamente la β, β′, β″-triclorotrietanolammina
Si ottiene facilmente (con rendimento del 92%) riscaldando per 3 ore a 55° C. il cloridrato di trietanolammina con cloruro di tionile, usando come solvente il benzolo. La base libera si ha per semplice trattamento del cloridrato con alcali, a bassa temperatura. Recentemente in Italia A. Contardi ha reso il metodo più pratico, facendo agire direttamente sul cloridrato di trietanolammina la quantità esattamente calcolata di cloruro di tionile, eliminando il solvente. Si sono soppressi in tal modo inutili passaggi e distillazione a pressione ridotta; per masse sufficientemente grandi la reazione procede da sola, essendo esotermica. Dal prodotto di reazione, per trattamento con alcali, si ottiene l'azotoiprite già allo stato di notevole purezza.
L'azotoiprite (II) si presenta allo stato puro come un olio incolore, di odore non sgradevole di frutta, di densità 1,294 a 9° C. È poco stabile all'umidità e alla luce: il prodotto acquista in breve tempo un colore più o meno scuro. Si conserva abbastanza bene con recipienti di vetro e di alluminio.
L'acqua, lentamente a temperatura ordinaria, più celermente a caldo la idrolizza parzialmente con formazione del cloridrato della β, β′ dicloroetil-β″-ossietilammina (I); gli alcali caustici intaccano più profondamente la molecola fino alla 3-ossietilmorfolina (III), sostanza completamente priva di azione tossica:
Dal punto di vista fisiologico, l'azotoiprite si comporta come l'iprite. La grande somiglianza della struttura molecolare si riflette nella quasi identica azione biologica: produzione di dolorosissime vescicazioni con necrosi dei tessuti e forte tossicità per inalazione e per riassorbimento cutaneo.
Fluorofosfonato di isopropile. - Fa parte di una numerosa serie di composti derivati dall'acido fluorofosforico. La loro formula generale è:
(R = metile, propile, butile, isopropile, ecc.).
W. Lange e G. Krueger nel 1932 prepararono per la prima volta gli esteri metilico ed etilico, ma solamente dopo il 1941 si prepararono (Istituto chimico dell'università di Cambridge) diversi fluofosfonati alchilici e si studiarono a fondo le particolari proprietà di cui erano dotati. Dall'esame dei molti composti preparati è risultato che gli effetti fisiologici sono maggiori quando l'acido fluofosfonico è esterificato con un alcool secondario (isopropilico, butilico secondario, cicloesanolo, ecc.). Il più attivo del gruppo, dal punto di vista bellico, è il fluofosfonato diisopropilico (D. F. P.).
Per la preparazione di queste sostanze si sono seguiti essenzialmente due metodi: a) azione dell'ossidiclorofluoruro di fosforo sugli alcooli; b) clorurazione dei fosfati acidi dialchilici seguita da fluorurazione.
Per la preparazione su scala industriale del fluofosfonato diisopropilico, sia in Inghilterra sia in America, si è adottato il secondo sistema. L'intero processo, compresa la preparazione del fosfato acido diisopropilico, consiste nell'aggiungere al tricloruro di fosforo dell'alcool isoprolico sciolto in tetracloruro di carbonio, senza raffreddamento esterno. Il prodotto grezzo (ancora in tetracloruro di carbonio) viene clorurato e poi fatto bollire con fluoruro di sodio. Dopo filtrazione e distillazione del solvente, si ottiene il fluofosfonato diisopropilico, che successivamente viene purificato per distillazione.
Le reazioni, con i relativi rendimenti, si possono così riassumere:
Il fluofosfonato diisopropilico è fortemente tossico per inalazione: una permanenza di 10 minuti in una atmosfera di una parte di vapore di aggressivo per 10.000 d'aria, provoca la morte di tutti gli animali d'esperimento (morte che si verifica circa 20 minuti dopo l'uscita dell'animale dall'ambiente inquinato). L'azione più importante però è quella di provocare, anche a dosi non tossiche, disturbi nell'accomodamento visivo e miosi intensa: è infatti sufficiente una permanenza di pochi minuti in una atmosfera di una parte di vapore di aggressivo per un milione di parti di aria, per rendere molto difficile la lettura e praticamente nulla la visione degli oggetti nella penombra. Questo stato dura alcuni giorni.
Dicloroformossima. - La dicloroformossima od ossima del cloruro di carbonile, è il prototipo delle sostanze orticanti. La sua formula è:
Fu preparata per la prima volta da W. Prandtl e K. Sennerwald per riduzione del tricloronitrosometano con idrogeno solforato:
La dicloroformossima si presenta sotto forma di piccoli cristalli incolori prismatici, a punto di fusione 39°-40° C, facilmente solubili in acqua e nei comuni solventi organici e dotati di odore sgradevole e penetrante. La sostanza ha scarsa stabilità: anche se conservata in recipienti di vetro si decompone in pochi mesi. Gli acidi diluiti e, lentamente, l'acqua stessa la idrolizzano con formazione di anidride carbonica e cloridrato di idrossilammina.
L'alto costo di produzione della dicloroformossima e la sua scarsa stabilità sono fattori negativi per un aggressivo chimico. Nonostante le sue elevatissime proprietà orticanti, non si prevede perciò, almeno per ora, il suo impiego in guerra.
Capacità aggressive. - Le sostanze descritte sono tali che i comuni mezzi di protezione individuale e collettiva risultino impotenti? Sembra si debba rispondere negativamente a questa domanda. Infatti il carbone attivo trattiene tanto i vapori dell'azotoiprite, come anche le infinitesime quantità di fluofosfonati necessarie per determinare miosi.
Non si devono sminuire tuttavia le capacità aggressive di queste sostanze. L'azotoiprite, al pari dell'iprite, è uno dei principali aggresivi conosciuti; ben difficilmente uomini ed animali potrebbero salvarsi in campo aperto se venisse lanciata, sotto forma di pioggia, da formazioni aeree. In previsione di attacchi di tal genere, il combattente in Italia era dotato di teli leggerissimi, resistenti per un determinato tempo all'iprite, con i quali doveva rapidamente coprirsi il corpo ed il capo, stando il più possibile rannicchiato a terra. Questo mezzo di difesa è senza dubbio più pratico dei pesanti e complicati vestiti anti-iprite, ma non offre che una ben modesta ed insufficiente garanzia di difesa.
Nella guerra chimica la rapidità è inoltre un fattore essenziale; un ritardo, anche modesto, nell'indossare la maschera può causare la morte. I fluofosfonati alchilici hanno un potere tossico paragonabile all'acido cianidrico; un lancio da aerei di questa sostanza nebulizzata, come pure quella prevista di acido cianidrico, che nonostante la sua elevata tensione di vapore si è dimostrato in prove campali straordinariamente efficace, troverebbe sicuramente molti impreparati e la mortalità di conseguenza potrebbe essere elevata. L'effetto sarebbe anche maggiore nelle città, dove la popolazione è spesso sprovvista di maschere antigas ed i normali ricoveri non sono ermetici ed a rigenerazione d'aria.
La regolamentazione italiana prima della seconda Guerra mondiale prevedeva per l'impiego dei gas asfissianti la nebulizzazione mediante tiri d'artiglieria e irrorazioni da aerei. Il servizio chimico degli S. U. per ottenere una rapidissima concentrazione di gas letali ha realizzato il mortaio da pollici 4,2 che può lanciare 30 granate a gas al minuto ciò che non permetterebbe al nemico di far uso della maschera.
Difesa e bonifica antigas. -Durante la seconda Guerra mondiale gli aggressivi chimici non ebbero applicazione, meno per rispetto al patto internazionale antigas, e più per timore di schiacciante ritorsione avversaria; timore nutrito particolarmente in Germania dove poco s'era potuto preparare, specie nel campo della protezione individuale antigas. I mezzi di difesa antigas sono: individuali (maschere, autoprotettori, indumenti protettivi); collettivi (ricoveri); bonifica (di luoghi, di cose, umana).
Le maschere non sono sostanzialmente mutate dal tipo descritto in XXII, p. 489. Gli autoprotettori sono apparecchi a circolazione chiusa che assicurano la respirazione indipendentemente dall'ambiente. Possono essere a riserva o a produzione di ossigeno, a seconda che si tratti di erogazione da bombolette o di generazione da sostanze reagenti con l'anidride carbonica e il vapore acqueo prodotti dalla respirazione; durata di funzionamento: 1-2 ore. Gl'indumenti protettivi consistono in vestiarî di tessuto gommato per protezione dall'iprite e derivati, completi di cappuccio, calzari, guantoni. La sopportabilità di essi è limitata per la respirazione cutanea difficoltosa e per la temperatura cui assoggettano chi li indossa. I ricoveri possono essere ermetici, utilizzanti l'aria contenuta nel locale; filtranti, nei quali viene immessa aria che ha attraversato alcuni filtri; a rigenerazione dell'aria esistente nell'ambiente con sottrazione di anidride carbonica e rifornimento di ossigeno. La bonifica consiste sostanzialmente nella neutralizzazione degli aggressivi mediante risanamento di terreno, locali, cose, persone infettate. Può essere: fisica (uso di agenti atmosferici o del fuoco), meccanica (con impiego di acqua o asportazione del terreno infetto), chimica (con impiego di sostanze ossidanti). Si dànno qui di seguito alcuni particolari sui criterî di riconoscimento e di bonifica in relazione a taluni dei più importanti aggressivi chimici.
Fosgene. - Si può riconoscere dall'odore caratteristico di fieno muffito. Chimicamente si può riconoscere a mezzo di cartine imbevute di metilamminobenzaldeide e difenilammina. In presenza anche di tracce di fosgene nell'aria, la cartina da bianca acquista in pochi secondi una colorazione giallo arancio. La reazione è però positiva anche con cloro e acido cloridrico. Cartine anche più sensibili della precedente ed inoltre specifiche per il fosgene sono quelle al nitrosodimetilamminofenolo. In presenza di fosgene virano dal bianco al verde. La sensibilità è di mgr. 0,8 di fosgene per mc. di aria.
La bonifica degli oggetti avviene rapidamente. Essendo l'aggressivo gassoso a temperatura ordinaria, dopo pochi minuti d'esposizione all'aria, l'oggetto risulta bonificato.
Come prima cura per i colpiti da fosgene, occorre sottrarli all'ambiente inquinato, cercando di evitare al più possibile ogni brusco movimento che può causare danni molto gravi. Il colpito va tenuto al caldo, coprendolo opportunamente. Sono indicate le inalazioni di ossigeno, mentre è da evitare in modo assoluto la respirazione artificiale. Utili sono il salasso precoce, nel caso soprattutto di asfissia blu, le iniezioni di canfora, stricnina, sparteina.
Iprite. - Si riconosce dal suo particolare odore di senape. Chimicamente per il suo riconoscimento si può usare il reattivo di Jablich (acido selenioso sciolto in acido solforico diluito). Si ha una sospensione rosso arancio o un precipitato giallo di selenio metallico. La sensibilità è di 5 mgr. di iprite per mc. di aria.
Reattivi più specifici di questo sono il cloruro di palladio in soluzione acquosa al 0,05% e il cloruro d'oro al 0,1%. In presenza di iprite si ha un intorbidamento colloidale colorato in giallo. La reazione si può effettuare anche su carta da filtro: in questo caso si ha una macchia gialla con una soluzione di palladio al 0,2% e una macchia rosso-bruna con una soluzione di cloruro d'oro al 10%.
La bonifica degli oggetti ipritati viene effettuata di solito con cloruro di calce. La reazione è fortemente esotermica. Per bonificare carte, stampati, ecc. si può esporre questo materiale per più giorni all'azione della ammoniaca gassosa in ambiente chiuso.
Per la bonifica umana è necessario anzitutto asportare meccanicamente le gocce di iprite dalla cute per mezzo di ovatta, carta da filtro ecc., facendo attenzione a non ingrandire la parte colpita. Si applica poi sulla parte una soluzione diluita di ipoclorito di sodio. Si possono pure usare altri ossidanti quali la clorammina, lo steridrolo, ecc. Ottimo è anche un buon lavaggio con acqua calda e sapone. Se la parte colpita interessa tutto il corpo si può fare un bagno intero in una soluzione di permanganato di potassio al 4‰. Gli occhi devono essere lavati con una soluzione di bicarbonato di sodio al 2,25%.
Lewisite. - Sebbene non usato in guerra, è uno dei composti arsenicali più temibili. Ha odore di geranio. Si può riconoscere aggiungendo ad una soluzione dell'aggressivo alcune gocce di soluzione di nitrato mercuroso acida per acido nitrico. In presenza di lewisite si ha un precipitato bianco. La bonifica avviene naturalmente all'aperto in breve tempo e può essere accelerata con soluzioni acquose alcaline.
Le lesioni cutanee provocate dalla lewisite sono simili a quelle provocate dall'iprite ma, oltre a ciò, la lewisite, causa l'arsenico, possiede una elevatissima azione tossica. La dose letale è di 0,02 cc. di aggressivo per cmq. e per kg. di peso corporeo. Basterebbe cioè 1,4 cc. di lewisite spalmata sulla cute di un uomo del peso normale di 70 kg. per provocarne la morte. Recentemente (1945) in Inghilterra contro l'avvelenamento da lewisite si è adottato il BAL (v. in questa App.).
Applicazioni terapeutiche.- Ricerche recenti, compiute soprattutto in America, hanno mostrato che l'azotoiprite e i composti strutturalmente simili, quali la metil-bis (cloroetil)-ammina, esercitano la loro azione tossica elettivamente su cellule a più spiccata attività proliferativa (elementi emopoietici, neoplastici). Tali risultati hanno incoraggiato l'uso di queste sostanze nella terapia di certe neoplasie, del linfogranuloma maligno e delle leucemie. I risultati ottenuti sembrano talora soddisfacenti. Anche il fluofosfonato di diisopropile, a concentrazioni opportune, si è dimostrato un prezioso farmaco. Le sue proprietà farmacologiche sono paragonabili a quelle della fisostigmina e in terapia è già stato introdotto nella cura della miostenia grave e del glaucoma.
Bibl.: A. Lustig, Fisiologia e chimica dei gas di combattimento, Milano 1931; J. P. Mason e D. Gasch, Triclorotriethylamine, in Journ. Am. Chem. Soc., LX (1938), pp. 2816-17; M. Milone, Azione orticante delle cloro ossime, in Annali di chimica applicata, XXIX (1939), p. 360; A. Contardi, Contributo allo studio della β, β′, β″, triclorotrietanolammina, in La chimica e l'industria, luglio 1947; H. Mc Combie e B. C. Saunders, Alkyl Fluorophosphonates, in Nature, 9 marzo 1946, p. 287; M. Sartori, Chimica delle sostanze aggressive, 2ª edizione Milano 1939; R. Peters, B. A. L. (British anti-Lewsite), in Nature, 1945, numero 156, p. 616.