AGGIRAMENTO (fr. mouvement tournant; sp. envolvimiento; ted. Umgehung; ingl. flnk movement)
Operazione diretta a condurre le proprie forze, o una conveniente aliquota di esse, ad agire contro le comunicazioni a tergo dello schieramento delle forze mobili o delle difese fisse nemiche, senza aver urtato in precedenza nello schieramento o nelle difese medesime.
L'espressione è usata in senso più largo di quello suggerito dall'etimologia, perché la configurazione del teatro di operazioni può esser tale che, per aggirare, non occorra fare nessun giro, ma avanzare in linea retta.
Si fa distinzione tra aggiramento e avvolgimento, intendendosi denotare, con quest'ultima espressione, quell'operazione intesa ad estendere nel senso frontale una delle ali del proprio schieramento già a contatto con quello nemico, fino a superare la corrispondente ala avversaria, e quindi a volgere, con un movimento di conversione, la parte di schieramento che sopravanza (e perciò non trova più resistenza di fronte a sé), contro le comunicazioni del nemico.
Avvolgimento, e non aggiramento, si verifica anche quando, operato lo sfondamento della fronte avversaria, la massa di manovra, scavalcando la massa di rottura, tende contro le comunicazioni di uno dei due tronconi in cui risulta spezzata la fronte nemica.
L'avvolgimento quindi presuppone l'avvenuto contatto delle masse contrapposte; l'aggiramento invece parte più da lontano, può far sentire i suoi effetti prima che avvenga il contatto, e può anche essere atto iniziale di una campagna di guerra.
Una così netta distinzione è però soltanto teorica, perché, in pratica, possono darsi casi nei quali l'avvenuto contatto, o anche l'azione tattica in corso avanzato di svolgimento, non escludano la possibilità di aggiramento strategico.
Un esercito aggirato è in condizioni critiche, perché è privato dei rifornimenti in uomini, viveri, munizioni e materiali di ogni specie, che gli sono indispensabili per vivere e per combattere.
È di Napoleone (Mémoires) il detto: "Le secret le plus important de la guerre consiste à se rendre maître des communications". Perciò la prima preoccupazione di chi stabilisce uno schieramento, o una linea di difese fisse, è quella di appoggiare le ali dell'uno o dell'altra ad ostacoli naturali (monti impervî, mari, grandi fiumi, stati limitrofi neutrali, ecc.) o artificiali (fortificazioni, inondazioni, ecc.), destinati ad impedire eventuali aggiramenti, obbligando così il nemico, che intenda avanzare, ad urtare necessariamente nello schieramento o nelle difese stesse.
La scelta degli appoggi d'ala non è sempre facile, perché talora non si trovano ostacoli adatti, senza estendere eccessivamente la propria fronte, altre volte l'ostacolo prescelto non si palesa tale di fronte alla genialità del comando avversario e alla capacità manovriera delle truppe agli ordini di lui (passaggio del Gran S. Bernardo, 1800) o a meno scrupoloso apprezzamento delle limitazioni create dai trattati (violazione della neutralità belga, 1914).
In ogni modo l'aggiramento ha scarse probabilità di buon successo, se non costituisce una sorpresa per il nemico.
Se questa manca, esso può quasi sempre correre efficacemente ai ripari. Se invece riesce, è possibile conseguire grandi risultati con forze relativamente esigue, anche per la depressione morale e il panico che assale le truppe, di qualsiasi entità, quando si sentano il nemico alle spalle.
L'aggiramento è dunque atto di manovra per eccellenza; secondo alcuni, anzi, ne costituisce l'essenza, perché un'operazione che si svolga esclusivamente con azioni frontali esclude la manovra nel senso classico dell'espressione.
È operazione tuttavia che può riuscire pericolosa, poiché chi aggira corre spesso il rischio di essere aggirato, se prima non organizza le linee di comunicazione delle forze che compiono la manovra, in modo che, per direzione e per distanza dalla massa principale nemica, esse siano al sicuro da ogni offesa.
Se l'aggiramento, poi, è eseguito non dall'intero esercito, ma da una parte di esso, l'operazione ha carattere di diversione, e ne presenta tutti gl'inconvenienti, principalissimo quello di distrarre forze che potrebhero riuscire più utili, se impiegate a momento opportuno nel punto decisivo, cioè quello prescelto per l'azione a massa di tutte le forze disponibili.
Occorre perciò, prima di adottare una tale decisione, vagliarne anzitutto la convenienza, ponderare quindi la quantità di forze da destinare all'operazione, in relazione a quelle dell'avversario, ed esaminare specialmente la possibilità che questo avrebbe di eseguire, fra le due aliquote in cui abbiamo diviso le nostre forze, una manovra per linee interne con la propria massa riunita.
Ed infine, poiché in ogni caso, come si è osservato, la sorpresa è elemento essenziale di buon successo per una tale operazione, occorre altresì vagliare attentamente quali prohabilitä si possano avere di tenere celato il movimento aggirante, almeno fino a quando il nemico non sia più in tempo per correre ai ripari, o cambiando le proprie linee di comunicazione, o proteggendole, sia con un apposito distaccamento, sia con una conversione della propria fronte.
Queste considerazioni inducono molti a relegare gli aggiramenti nel limbo dei ricordi storici, perché la guerra futura ne esclude, secondo essi, la possibilità. Essi ritengono che in avvenire le guerre saranno combattute da coalizioni di popoli in armi, coalizioni alle quali nessuno degli stati di un medesimo continente potrà sottrarsi dal partecipare.
La fronte di uno schieramento, perciò, non si potrà concepire se non come una linea continua che tagli per tutta la sua larghezza, dall'uno all'altro mare, un intero continente; lungo essa si fronteggeranno gli eserciti delle due coalizioni, disposti, in ciascuno dei due campi, a materiale contatto fra loro, o separati da stati la cui neutralità è garantita da accordi internazionali. Le linee di comunicazione non saranno più costituite dai sottili cordoni ombelicali d'altri tempi, ma dal fascio di tutte le strade ordinarie, ferroviarie e fluviali, che solcano quel continente nella direzione normale alla fronte unica. Un cambiamento di linee di comunicazione sarà quindi, secondo costoro, operazione impossibile, perché il fatto che un esercito utilizza tutte quelle che esistono, esclude che ve ne siano altre contro le quali esso potrebbe cambiare quelle che abbandona.
Data la mole degli eserciti in campo, la loro mobilitazione e radunata sarà necessariamente molto lenta per tutti i contendenti; la precedenza che uno qualsiasi di essi potrà conseguire sull'avversario non potrà essere se non di pochi giorni, e per di più ne beneficerà esclusivamente un'aliquota dell'esercito, e cioè le truppe di primo impiego, che non si lanceranno, se non in casi particolarissimi, ad un'impresa di così vasto raggio, come un aggiramento, destinata a separarle per lungo spazio di tempo e di terreno dai loro naturali rincalzi, e cioè dalle truppe che stanno ancora compiendo la propria mobilitazione.
E anche in quei casi particolarissimi di cui è cenno sopra, l'operazione apparirebbe sempre molto arrischiata, perché queste truppe di primo impiego saranno altresì quelle sulle quali farà assegnamento la copertura: per conseguenza la loro destinazione ad altro compito lascerebbe aperta al nemico la strada verso le fonti di vita dell'esercito, se non, forse, anche della nazione.
Ancora: il successo dell'aggiramento è affidato in gran parte alla sorpresa; è cosa probabile che, con tutti i moderni mezzi d'informazione e di comunicazione, movimenti di truppe così ingenti, e quindi anche così lenti, possano rimanere occulti?
Dato che, per quanto si è detto più sopra circa la probabile estensione degli schieramenti futuri, questi appoggeranno quasi sempre un'ala (se non forse ambedue) ad un mare, nel maggior numero dei casi prevedibili, per eseguire un aggiramento, bisognerà prendere in considerazione operazioni di sbarco. Ora l'attuazione e la protezione di un convoglio, che trasporti anche poche divisioni, richiedono un numero di navi onerarie e da battaglia tale da assorbire tutta la potenzialità marittima di uno stato, e presuppongono l'avvenuta conquista del dominio del mare, quale in pratica non si potrà mai conseguire, per l'impossibilità di eliminare in modo assoluto la minaccia dei sottomarini e altri mezzi insidiosi del nemico. Inoltre, a sbarco compiuto, le truppe che l'hanno effettuato, potranno trovarsi in condizioni poco liete per la vulnerabilità che qualsiasi testa di sbarco offre ad un difensore manovriero, e per la precarietà di una linea di comunicazione marittima continuamente insidiata.
E infine, la novissima arma del cielo, le cui possibilità non sono ancora state sperimentate in guerra se non in modo imperfetto, e che è in grado di agire sulle linee di comunicazione dell'avversario, sorvolando i suoi schieramenti, non renderà forse inutile il faticoso e aleatorio meccanismo dell'aggiramento?
A queste obiezioni rispondono altri che nell'attuale incertezza circa la situazione politica generale e, conseguentemente, circa le necessità e le possibilità militari di ogni singola nazione, è forse temerario avanzare previsioni troppo rigide su quello che sarà la guerra futura. Merita certo considerazione il presupposto che ogni grande guerra prende le mosse, quanto a metodi e concetti, da quella che è stata l'ultima guerra che l'ha preceduta; ma è altresì da domandarsi se i popoli saranno ancora disposti, per l'avvenire, a compiere i grandi sacrifizî di vite umane che hanno caratterizzato l'ultimo conflitto, o non piuttosto chiederanno ai mezzi meccanici un concorso sempre maggiore e tale che consenta di ridurre al minimo l'impiego dell'elemento umano. In tal caso si avranno, almeno in un primo tempo, eserciti più piccoli, che, non potendo occupare materialmente fronti così estese come quelle della guerra del 1914-18, dovranno necessariamente proteggere con la manovra le lacune che presenteranno gli schieramenti, e si adopreranno in pari tempo ad approfittare di tali lacune per ricercare, con la manovra, risoluzione al conflitto. E il progresso dei mezzi meccanici da una parte, la diminuita mole degli eserciti dall'altra, opportunamente sfruttati, consentiranno forse di assicurare agli eserciti stessi la mobilità indispensabile per eseguire tali manovre nel campo strategico, non meno che nel campo tattico.
Escludere quindi a priori la possibilità di aggiramenti non pare, in questo momento, opportuno.
Inoltre le guerre non si combattono soltanto sul suolo europeo, ma anche nelle colonie e in altri continenti, dove le condizioni geografiche, demografiche, ecc. imprimono alle operazioni un carattere ben diverso e tale, molte volte, che gli aggiramenti debbono essere presi in seria considerazione.
Nello studio delle linee di comunicazione, non bisogna limitarsi a quelle che si svolgono per via di terra, e che altro non sono se non la prosecuzione e la ramificazione sui continenti delle grandi strade marittime non meno importanti, perché rari sono gli stati i quali possano trarre dal proprio territorio tutte le risorse che loro occorrono.
Ora, le linee di navigazione non sono così vincolate a percorsi fissi come le strade terrestri; cambiando il loro punto di approdo, è possibile dare un diverso orientamento a tutta la rete continentale che da esse procede.
In altro ordine d' idee, l'aggiramento delle truppe di copertura, il conseguente arretramento per grande spazio di territorio delle teste di sbarco della radunata (che occorrerebbe alla lor volta proteggere con una nuova copertura affrettatamente improvvisata), l'abbandono che ne deriverebbe di un buon tratto del suolo nazionale in mano al nemico ecc., tutto questo, all'inizio di una campagna, costituirebbe un successo materiale e morale tale che non potrebbe non influire fortemente sull'ulteriore corso degli avvenimenti; e perciò molte volte può convenire correre il rischio che l'aggiramento comporta, pur di correrlo razionalmente.
Per quanto riguarda la sorpresa, occorre non confondere la sorpresa tattica con la sorpresa strategica: quest'ultima va intesa in più largo significato, e può conseguirsi con i più svariati provvedimenti, anche, ad esempio, d'indole organica, come approntamento di unità di seconda linea in numero superiore e in tempo minore di quelli previsti dall'avversario. Ma, anche rimanendo nel campo degli spostamenti sul teatro d'operazioni, è vero, per quanto più sopra si è osservato, che è difficile tenere celati grandi movimenti di truppe; ma non è detto che le truppe a ciò destinate debbano costituire sempre ingenti trasporti; e di più, per sorprendere, ciò che interessa non è la segretezza intesa in senso assoluto, cioè estesa a tutta la durata del movimento, ma relativa soltanto ad un tempo tale che il nemico, quando si accorga della minaccia, non sia più in tempo a pararla.
Circa gli sbarchi è incontestabile che essi costituiscono operazioni aleatorie e di dubbio rendimento, e ciò per tutte le ragioni addotte dai loro oppositori; ma, in guerra, non bisogna mai generalizzare. Possono verificarsi talora condizioni specialissime (schiacciante superiorità della marina da guerra, assicurata sin dall'inizio ad uno degli avversarî; mari interni di cui è più facile conseguire il dominio; estensione del conflitto ad altri continenti ecc.), in cui tale operazione si presenti come redditizia e opportuna, se non forse addirittura necessaria. Nella guerra del 1914-18, per esempio, l'azione del corpo interalleato in Macedonia concorse efficacemente alla vittoria dell'Intesa, perché determinò la rottura della fronte bulgara, lasciando scoperte le spalle dello schieramento degl'Imperi centrali sulle fronti italiana e occidentale.
Quanto all'arma aerea, essa può senza dubbio ostacolare la buona riuscita degli aggiramenti, perché offre possibilità, fin qui ignorate, di ricognizione lontana, e quindi, segnalando in tempo il movimento, può mandare a vuoto la sorpresa. Essa è anche in grado, specialmente in zone di montagna, agendo con il bombardamento, di mettere temporaneamente in critiche condizioni di funzionamento una porzione più o meno grande delle linee di comunicazione. Ma, allo stato attuale della tecnica, e per quanto si può prevedere anche spingendo lo sguardo in un avvenire piuttosto lontano, non si concepisce come l'aviazione possa conseguire i risultati che si propone un aggiramento; non foss'altro per il fatto che gli aerei, dopo aver eseguito un'azione, devono prontamente far ritorno alle proprie basi, mentre, per interrompere efficacemente le linee di comunicazione nemiche, bisogna stabilirsi saldamente sulle medesime.
Fra le due correnti estreme ora esposte sta la corrente delle opinioni medie, che si possono così sintetizzare:
1. Ogni generalizzazione, anche in questo campo, è arbitraria e teorica: in pratica si giudicherà caso per caso circa la possibilità e la convenienza di aggiramenti strategici.
2. In linea di massima pare tuttavia si possa esprimere il parere che, in una guerra futura, non sono più possibili aggiramenti con la totalità delle forze operanti, ma solo quelli eseguiti con un'aliquota delle forze stesse, mentre il rimanente minaccia frontalmente l'esercito nemico.
3. Chi decide l'aggiramento, deve essere ben sicuro di possedere, sull'avversario, grande superiorità materiale e morale.
Bibl.: Oltre la corrispondenza di Napoleone, e gli scritti di grandi strateghi come von Moltke (Militärische Werke, Berlino 1892-1912), si veda: K. v. Clausewitz, Vom Kriege, 4ª ed., Berlino 1880; F. Foch, Des principes de la guerre, Parigi 1921; Culmann, Stratégie, Parigi 1924; Der Weltkrieg 1914-18, Berlino 1925-28 (Reichsarchiv); Les armées françaises dans la grande guerre, Parigi 1925-28.