AGGERE
Agger, come termine militare, designava presso i Romani specialmente l'argine che si costruiva per l'attacco delle piazzeforti. Esso era già noto all'ingegneria militare assai progredita degli Assiri, ì quali usavano spingere verso le mura delle fortezze nemiche argini, spesso coperti da tavolati, sui quali facevano avanzare le macchine d'assedio e le truppe d'assalto (fig.1, e cfr. Meissner, Babylonien und Assyrien, I, p. 110). Ad argini di circonvallazione e d'assalto usati dagli eserciti orientali si accenna pure nella Bibbia; (v. anche, per l'assedio di Gerusalemme per opera dei Babilonesi, Giuseppe Flavio, Antiq. Iud., X, 131). I Greci (che lo dissero χῶμα) ne derivarono forse l'uso dagli Assiri e dai Persiani (v. Erodoto, I, 168, per l'aggere con il quale il persiano Arpago prese Teo). Gli Spartani lo usarono all'assedio di Platea nel 429, e vi lavorarono 70 giorni, usando legname del Citerone, terra e sassi (Tucidide, II, 75). Con il perfezionarsi delle macchine da guerra nel sec. IV a. C., questo pesante lavoro fu intrapreso solo in casi eccezionali: p. es., da Dionigi a Motye, posta su un'isola, da Filippo contro Bisanzio, da Alessandro a Tiro, Gaza e altrove. I Romani chiamavano agger anche il vallo difensivo in terra a rinforzo delle mura lapidee, come l'agger servianus, che difendeva Roma nel punto più esposto della cinta, a settentrione del Quirinale, Viminale ed Esquilino. Constava di un largo fosso, di un muro e di un argine, sostenuto all'interno da un muro più basso; la costruzione ne era attribuita al re Servio e fu abbandonato e ridotto a giardini e abitazioni sotto l'impero (v. Boni, in Notizie degli scavi, 1910, p. 495; Richter, Topographie d. Stadt Rom, 2ª ed., Monaco 1901, p. 42). Ma agger era specialmente l'argine d'attacco, che ebbe grande importanza nell'arte ossidionale romana, e che conosciamo soprattutto da Cesare, che l'usò largamente (molti aggeres anche all'assedio di Gerusalemme nel 70: Gius. Flavio, B. Iud., V, passim, e parecchi in quello di Iotapata: ibid., III, 317). Si cominciava a costruire ad una certa distanza dalle mura da battere, fuori del tiro nemico, e si usava di preferenza legname, più facilmente trasportabile; strati di tronchi incrociati sui fianchi, e fascine e terra e pietre nel mezzo. Così era però facilmente incendiabile. Eccezionalmente, a Marsiglia, l'esercito di Cesare, non avendo più legname per ricostruire l'argine incendiato, lo costruì con due muraglie laterali di mattoni. Fatto livellare il terreno da uomini protetti da una testudo, lavorando al riparo di plutei e vineae, l'argine veniva portato avanti e alzato, pare, alle molte fino a raggiungere o superare il coronamento delle mura nemiche (cfr. Livio, XLIII, 19, per un argine di Perseo; Cesare ad Avarico e a Marsiglia 80 piedi, De bello gallico, VII, 24; De bello civili, II,1), e si facevano avanzare su di esso torri con macchine per battere le mura. Molto si è discusso sulla larghezza di 330 piedi dell'agger di Cesare ad Avarico; una siffatta massa sembra a molti inconcepibile, e intendono invece che si tratti della larghezza di un complesso risultante da due argini laterali normali alle mura e uno trasversale parallelo alle mura (terrasse-viaduc e terrasse-cavalier dello Stoffel, fig. 3). Così pure alcuni ritengono che l'agger fosse forato da gallerie per l'accostamento al coperto delle truppe (Rüstow), altri (ed è questa l'opinione più probabile) che fosse invece compatto. Una rappresentazione dell'agger si vuol vedere anche in un bassorilievo della colonna traiana di cui diamo la riproduzione (fig. 2).
Bibl.: Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, I, p. 140; Droysen, in Hermann, Lehrbuch d. griech. Antiquitäten, II, ii, Friburgo 1889, p. 205 seg.; Liebenam, art. Festungskrieg, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., e la letteratura ivi citata; Kromayer-Veith, Heerwesen und Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, pp. 443 e 565; per Cesare la minuta discussione in T. Rice Holmes, Caesar's Conquest of Gaul, 2ª ed., Oxford 1911, p. 599.