GRECO, Agesilao
Nacque a Caltagirone il 17 genn. 1866 da Salvatore e Carolina Di Filippo, primo di due fratelli.
Il padre, vicino alle posizioni di F. Crispi, si batté per la causa della libertà e dell'indipendenza nazionale sin dal 1860 e, anche negli anni successivi, seguì G. Garibaldi nella maggior parte delle sue imprese. L'infanzia e l'adolescenza del G. trascorsero così in un clima di patriottismo e nazionalismo che segnò tutta la sua vita.
Sino a dodici anni studiò nella città natale, poi entrò in collegio a Catania, dove rimase quasi sei anni. Qui, pur non sfigurando negli studi, dette prova soprattutto di eccezionali capacità fisiche, misurandosi in diverse discipline e cominciando a tirare di scherma. Subito dopo, anche su sollecitazione del padre, si arruolò come volontario nella compagnia d'istruzione presso il 15° reggimento artiglieria di fortezza a Castel Sant'Angelo in Roma. Partito per l'Africa, ai primi di marzo del 1886 lo raggiunse l'invito a partecipare a un corso di scherma per militari impartito a Roma dall'appena costituita Scuola magistrale, diretta dal maestro M. Parise; il G., risultato primo del corso, venne affidato a C. Pessina, uno fra i più dotati schermidori dell'epoca.
La sua prima apparizione in pubblico ebbe luogo a Firenze, al principio del 1887, in un torneo in cui vinse due medaglie d'oro (spada e sciabola) e due premi speciali. Da allora fu conteso, perché si esibisse, da una parte all'altra della penisola.
Di media statura (era alto m 1,70), snello, le sue vittorie erano legate soprattutto alla straordinaria agilità e alla forza fisica. Il G., infatti, si sottoponeva ogni giorno a massacranti forme di allenamento, puntando in particolare sul sollevamento pesi, di cui, all'epoca, fu uno dei massimi cultori. Dotato di grande capacità di concentrazione e di una "muscolatura lunga e potente era capace sia di azioni velocissime", sia di improvvise "contrazioni statiche". Mantenne, inoltre, per tutta la vita, "un gioco articolato amplissimo, che gli permetteva di eseguire azioni fluide e morbide, capaci di scatti improvvisi a partire dalla più completa immobilità. Nulla in lui era lasciato al caso" (Tomasetig, p. 45).
Nel 1888 il G. vinse il torneo nazionale di sciabola di Catania riportando il successo al primo assalto su uno dei suoi più grandi rivali, E. Pini. Nel 1889 ottenne il primo posto al torneo di fioretto e sciabola di Roma e, a Parigi, sconfisse il campione francese L. Mérignac. Nel 1891 trionfò ancora ai tornei nazionali di fioretto di Roma e Firenze. Nel frattempo aveva aperto a Roma la sua Accademia d'armi che, dopo varie sedi, si installò, infine, presso il Circolo delle forze armate di palazzo Barberini.
Nel 1892 vinse il torneo internazionale di fioretto e ottenne una serie di vittorie di grande prestigio a Parigi; si recò quindi a Londra per alcune esibizioni, e conseguì il diploma di maestro di scherma civile. Nel 1893 divenne maestro presso la Scuola magistrale di Roma e vinse a Bruxelles contro le più affermate lame del Belgio e della Francia.
Era oramai considerato il miglior schermidore a livello mondiale. "Stilisticamente statuario - ha scritto di lui C. Verratti nel Corriere della sera del 18 ott. 1963 -, era uno specialista delle "azioni semplici" e nessuno al mondo tirava la "botta dritta" meglio di lui, con la stessa potenza e la stessa limpidezza. Uno dei suoi colpi strepitosi era il "disarmo" dell'avversario. Anche nei tornei a cavallo era fuori della portata degli altri".
Alla fine del 1893 si recò all'Esposizione universale di Chicago, insieme con Pini e Pessina, riportando anche lì straordinari successi in tutte le specialità in cui si cimentò. Nel 1895 vinse ancora il torneo internazionale di Venezia e partecipò anche ai tornei di Roma e di Napoli con esito brillante. Nel frattempo la sua accesa rivalità con Pini sfociò in un duello alla pistola in cui quest'ultimo fu leggermente ferito.
Il 20 giugno 1898 salpò alla volta di Buenos Aires, dove, acclamato dai tanti italiani emigrati, batté con facilità tutti i suoi sfidanti. Tornato in Italia nel 1901, riprese poco dopo la via dell'Argentina, chiamatovi personalmente dal presidente della Repubblica J. Roca, che gli offrì la direzione della Scuola di guerra per spada da terreno. Nel maggio 1904 sposò a Buenos Aires Valentina Díaz de Castillo, da cui ebbe due figli, Agesilao e Fanny.
Di nuovo in Italia alla fine del 1908, decise di non tirare più in pubblico. L'anno seguente dette vita alla Federazione italiana di scherma, la cui presidenza onoraria fu affidata al duca Emanuele Filiberto d'Aosta.
Nel 1912 pubblicò a Roma il trattato La spada e la sua disciplina d'arte, primo del genere in Italia, nel quale, nel compendiare tanti anni di esperienza individuale, auspicava che "l'arte della scherma", nelle sue forme tradizionali, entrasse "nel vasto campo della educazione fisica moderna" (p. 7). Nel 1930, con una prefazione di G. Cruillas, diede alle stampe La spada nella sua realtà (Roma) in cui, integrando la sua precedente pubblicazione, invitava ad abbandonare "quelle forme di acrobatismo ostili allo scopo educativo" e a tornare alle origini, "quando la scherma era non rappresentazione scenica, ma difesa pratica e certa" (p. 6). Nel 1933 usciva il volume La scherma della sciabola in Italia ed un primato da riconquistare (ibid.). Nel 1951 pubblicò, infine, il trattato La scherma di sciabola nella concezione delle due difese (Napoli), nel quale enunciava il suo nuovo studio sulla scherma con l'arma bitagliente.
Nel 1937, in occasione dei suoi cinquanta anni di attività, si tenne a Roma una solenne manifestazione: nell'occasione gli venne conferita una medaglia d'oro sia dal ministero dell'Educazione nazionale, sia dal CONI. Nel febbraio 1940 fu nominato direttore tecnico dell'Accademia di scherma della Gioventù italiana del littorio, incarico che tenne per tre anni. Nel 1954 il governo francese gli conferì la Legion d'onore per le sue benemerenze e l'attività svolta in Francia, mentre nel 1956 fu la Sicilia a tributargli grandi onori: in particolare Caltagirone, sua città natale, gli dedicò il nuovo stadio.
Il G. morì a Roma il 17 ott. 1963.
Dalla critica più avvertita il G. è stato giustamente definito "l'anello di congiunzione tra il vecchio mondo e il nuovo, rappresentante di una scherma che si avvia a diventare disciplina olimpica, ma rappresentante altresì di quel mondo delle sale d'armi viste come cenacoli ai quali si accedeva con uno spirito di quasi religioso timore, retti da un caposcuola il cui nome e le cui gesta avevano sovente il fascino della inaccessibilità e della leggenda" (Mariani, pp. 23 s.).
Il G. avviò alla carriera schermistica il fratello Aurelio, nato a Catania il 22 marzo 1879. Questi, dopo aver partecipato a tornei e campionati nazionali e internazionali conseguendo ottimi risultati soprattutto nel fioretto, fondò nel 1909 a Roma l'Accademia d'armi a lui intitolata. Nel 1922 si ritirò dall'attività agonistica per dedicarsi all'insegnamento negli istituti di magistero per l'educazione fisica e poi nell'Opera nazionale balilla. Grande promotore della spada da terreno (nel 1907 aveva pubblicato a Roma il trattato La spada e la sua applicazione) e di manifestazioni artistiche legate all'esercizio schermistico, morì a Roma il 19 apr. 1954
Fonti e Bibl.: Alcuni riferimenti presenti nel testo è stato possibile reperire grazie alla cortese disponibilità di R. Musumeci-Greco, discendente del G.; per gli anni dell'attività agonistica è indispensabile la consultazione, ad annos, dei quotidiani sportivi dell'epoca, in particolare La Gazzetta dello sport e Il Littoriale, ma utili riferimenti si trovano anche in testate di carattere nazionale, come Corriere della sera, Il Secolo, La Stampa, Il Mattino, Il Messaggero, L'Illustrazione italiana. Si vedano inoltre: Cravache [G. Beni], I trent'anni di A. G.: tornei, avventure, duelli, vertenze, Roma 1926; Storia degli sport, a cura di A. Franzoni, II, Milano 1936, pp. 211 s.; A. Tarsia in Curia, Lotte e vittorie d'armi d'A. G., Napoli 1937; F.T. Marinetti, A. G. giaguaro dell'italianità, estr. da Origini, I (1937), 5; S. Jacomuzzi, Gli sport, I, Torino 1965, pp. 412 s.; N. Nadi, Con la maschera e senza, in R. Ferralasco Nadi, Nedo Nadi l'alfiere dello sport delle tre armi nel mondo, Genova 1964, pp. 221-224; S. Favre, Civiltà, arte, sport, Roma 1969, pp. 374, 460; Greco: uomini e maestri d'armi, a cura di L. Gonzales, Roma 1983, pp. 39-70, 133-140 (contiene: G. Tomasetig, A. G. tra mito e realtà, pp. 43-60); Federazione italiana scherma, Scherma azzurra, con introd. di F. Mariani, Roma 1984, pp. 23 s.; A. Galante Garrone, I miei maggiori, Milano 1984, pp. 240 s.