COLONNA, Agapito
Figlio di Giovanni di Oddone del ramo di Palestrina della famiglia, e di una Orsini, nacque probabilmente intorno al 1260. Sposò Mabilia Savelli, che apparteneva alla famiglia di Onorio IV ed era forse sorella di quest'ultimo. Mabilia era vedova, a detta del Novellino, secondo il quale fu lei a proporre il matrimonio al C. "grande et alto cittadino quasi di prima schiatta de la chasa". È probabile che il matrimonio sia avvenuto intorno al 1279, anno in cui lo zio del C., il cardinale Giacomo Colonna, fu nominato esecutore testamentario del futuro Onorio IV.
Il C. è testimoniato per la prima volta come titolare di un ufficio pontificio nell'aprile del 1290, quando operò come vicario del padre, che era rettore della Marca: Giovanni aveva lasciato la regione perché nominato senatore di Roma. In quel periodo, specialmente durante il pontificato di Niccolò IV, i Colonna ricevettero numerosi incarichi nell'amministrazione delle province della Chiesa. Il C. ricoprì l'ufficio almeno fino alla primavera - e probabilmente fino all'estate - del 1291; era infatti ancqra vicario nella Marca nel mese di aprile, ma a giugno era stato sostituito. Sembra che abbia svolto il suo incarico con grande impegno: ricevette anche istruzioni dirette del pontefice, come nel novembre 1290, quando Niccolò IV gli ordinò di mobilitare gli abitanti della Marca per invadere la Romagna al fine di liberare il rettore di quest'ultima provincia, Stefano, fratello del Colonna.
Nella seconda metà del 1293 fu nominato senatore di Roma, insieme con Orso Orsini. Quando, poco dopo l'assunzione della carica, l'Orsini morì e i suoi eredi si rifiutarono di consegnare al C. il sigillo e le insegne, egli si dimise. Nello stesso anno fu nominato, insieme con Bertoldo Orsini e Luca di Pandolfo Savelli, comandante delle truppe con le quali il Collegio dei cardinali intendeva opporsi all'annessione della valle del lago di Bolseria da parte del Comune di Orvieto; non sembra, tuttavia, che le truppe venissero impiegate. In quel medesimo periodo (agosto 1293) il C., insieme con i fratelli Stefano e Giacomo detto Sciarra, stipulò un trattato di mutua assistenza con due membri della famiglia dei Prefetti di Vico, Manfredi e Pietro. Nel marzo del 1294, in occasione della visita di Carlo II d'Angiò ai cardinali riuniti in conclave a Perugia, il sovrano, che cercava di farsi amici i cardinali di casa Colonna, investì di alcuni feudi siti nel Regno il C. e i suoi fratelli Stefano e Sciarra.
Durante il pontificato di Bonifacio VIII un'aspra rivalità divise la famiglia del papa dai Colonna, soprattutto a causa dell'espansione territoriale dei Caetani in Campagna. Quando nel maggio del 1297 il pontefice condannò tutti i membri del ramo di Palestrina della famiglia, a causa dell'assalto compiuto da Stefano Colonna ad un convoglio che trasportava denaro dei Caetani, il C. fu tra i colpiti dal provvedimento e venne privato di tutti i suoi diritti e proprietà (bolla Lapis abscissus del 23 maggio 1297). Successivamente partecipò ai combattimenti che ebbero luogo in Campagna quando Bonifacio VIII indisse la crociata contro i Colonna; ma nell'ottobre del 1298 fu tra coloro che, vestiti di un sacco e col capo coperto di cenere, si recarono a Rieti per chiedere perdono al pontefice. Nello stesso periodo egli cedette al nipote del papa, Pietro (II) Caetani i propri diritti su Ninfa.
Dopo la sottomissione, il C. fuggì da Tivoli (facendo perdere, in tal modo, la cauzione al suo garante) e si recò in Romagna: per questo motivo egli venne nuovamente condannato dal pontefice. Secondo una relazione aragonese del novembre 1299, si era trasferito a Genova e forse, di lì, si recò in Sicilia. Stando ad un racconto dei Rerum memorandarum,(II, 3) del Petrarca, il C. avrebbe visitato Roma nel 1300 travestito da pellegrino e in quella occasione avrebbe concepito un figlio; chiamata dal papa, la moglie si sarebbe difesa con arguzia, affermando che "circumspiciens unum viro meo simillimum notavi, placuit oculis meis ille". Nello stesso periodo fu rotto, per ordine del papa, il fidanzamento tra il figlio del C. Giordano e Teodora, figlia di Niccolò dei Conti. Il C. morì a Palermo, o presso questa città, poco prima della metà del febbraio 1302, e fu sepolto nella locale chiesa francescana. Il più tardo racconto, secondo cui gli sarebbe stato rifiutato il sacramento della penitenza anche in articulo mortis, dietro ordine del papa, non è probabilmente attendibile.
Oltre al figlio già ricordato, Giordano, il C. ne ebbe un altro di nome Pietro, che deteneva un certo numero di benefici ecclesiastici e lasciò almeno una figlia. La condanna del C. da parte di Bonifacio VIII fu annullata da Benedetto XI (23 dic. 1303). La notorietà del C. e di sua moglie è attestata dalle storie. che li riguardano raccolte nel Novellino e nei Rerum memorandarum.
Fonti e Bibl.: F. Petrarca, Rerum memorandarum, Bernae 1604, pp. 125 s.; Il Novellino, a cura di G. Biagi, Firenze 1880, pp. 145-150; Les registres de Benoit XI, a cura di G. Grandiean, Paris 1883, n. 1135; Les registres de Boniface VIII, a cura di A. Thomas,-M. Faucon,-G. Digard, Paris 1884-1935, nn. 2166, 2273, 2351, 2389, 2390, 3410, 3788, 4114, 4472, 4473; Les registres de Nicolas IV, a cura di E. Langlois, Paris 1886-1893, nn. 7271, 7288, 7290, 7294-7303, 7320, 7571; H. Finke, Aus den Tagen Bonifaz VIII. ..., Münster 1902, pp. XLI s.;Id., Acta Aragonensia, I, BerlinLeipzig 1908, pp. 73 s.; Regesta chartarum, a cura di G. Caetani, I, Perugia 1925, pp. 69, 146; A. Coppi, Mem. colonnesi, Roma 1855, p. 75; L. Mohler, Die Kardinäle Jakob und Peter Colonna..., Paderborn 1914, ad Indicem; R. Neumann, Die Colonna und ihre Politik..., Langensalza 1916, ad Indicem; E. Dupré Theseider, Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia, Bologna 1952, ad Indicem; F. Gregorovius, Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter, II, Basel 1954, pp. 513, 527; D. Waley, The Papal State in the Thirteenth Century, London 1961, pp. 314, 316.