AGALBURSA di Bas
Figlia di Poncio di Cervera e di Almodi, sorella di Raimondo Berengario IV, conte di Barcellona, andò sposa nel 1157 al giudice d'Arborea, Barisone, intitolato re di Sardegna, con l'appoggio dei Genovesi, da Federico Barbarossa. Già ammogliato con Pellegrina de Lacon, dalla quale aveva avuto tre figli, Pietro, Ispella e Susanna, il giudice la ripudiò per poter sposare Agalbursa. L'attività di questa nel giudicato d'Arborea, nel quale aveva ottenuto come dono di nozze le tre "corti" di Bidoni, San Teodoro e Oiratili, fu contrastata dalla prima moglie, Pellegrina, alla quale si unì il figlio Pietro. A. fu, tuttavia, sempre vicina al marito; sottoscrisse l'obbligazione contratta da Barisone nei riguardi della Repubblica di Genova, che lo aveva efficacemente aiutato nei suoi sforzi per ottenere la sovranità sull'isola. Con questa convenzione, che era un vero trattato di alleanza (14 sett. 1164), Barisone si obbligava a versare forti somme, anche annualmente (la sistemazione dei suoi debiti verso il Comune e privati cittadini è in altri atti), s'impegnava a partecipare coi suoi uomini e mezzi alla guerra contro Pisa, assumendo su di sé la metà delle spese di guerra; cedeva a Genova castelli e terre del giudicato e conferiva ampi privilegi all'attività dei mercanti genovesi nella città di Oristano e in tutti i suoi domini. A., a sua volta, prometteva di mantenere fede agli impegni del marito, anche nel caso di vedovanza. Le promesse non poterono essere mantenute, perché alla morte di Barisone il giudicato d'Arborea cadde sotto il potere di Pietro, primogenito di Pellegrina, che, appoggiato dai Pisani ed erede legittimo di Barisone, spodestò Agalbursa (1185). Questa chiese allora, per ricuperare il territorio perduto, l'aiuto di Genova e della Catalogna. Ma Pietro riuscì a conservare il potere e a consolidarlo, soprattutto dopo la morte di A., avvenuta ai primi del 1192.
Alcuni anni innanzi, attraverso la donazione della chiesa di San Nicola di Gurgo fatta ai benedettini di Monte Cassino (1182), A. e Barisone avevano favorito l'estensione dell'attività monastica nel giudicato d'Arborea.
Fonti e Bibl.: P. lola, Codex diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, docc. 64, 75-76, 98, 110-111, 113, 117-118, 138 del sec. XII; D. Scano, Codice diplomatico delle relazioni tra la S. Sede e la Sardegna, I, Cagliari 1940, p. X e doc. 22; E. Besta, La Sardegna medievale, I, Palermo 1907, pp. 121, 130, 143, 152 ss.; E. Besta-A. Solmi, I condaghi di S. Maria di Bonarcado e di S. Nicola di Trullas, Milano 1937, scheda 157, p. 178; D. Scano, Serie cronologica dei Giudici sardi, in Archivio stor. sardo, XXI (1939), fasc. 3-4, p. 66; S. Sobreques i Vidal, Els barons de Catalunya, Barcelona 1957, pp. 42 ss.