Vedi AFRODISIADE dell'anno: 1973 - 1994
AFRODISIADE (v. vol. I, p. 109 e S 1970, p. 9)
L'esplorazione dell'antica A. di Caria è proseguita negli ultimi vent'anni con campagne annuali di scavi, ricerche, studi, restauri.
La maggiore opera, intrapresa tra il 1966 e il 1972, è stato lo scavo del grande teatro sul lato orientale dell'acropoli, seguito da varî saggi sul versante O della stessa collina artificiale (o höyük). Ventisette gradini dell’ima cavea sono stati scoperti in ottima condizione, mentre quelli della summa cavea, anche se ben conservati, mostrano restauri e lacune. La scena, inclusi il proskènion e il logèion, risulta interessantissima in quanto ha restituito ricchi ed eccezionali ritrovamenti di sculture e di epigrafi, di primaria importanza per la storia dell'edificio come per quella della città.
Secondo l'iscrizione sull'architrave del logèion, quella parte del teatro e il proskènion furono dedicati da G. Giulio Zoilos, «liberto del figlio del divino Cesare», cioè Ottaviano. La dedica è datata ante 27 a.C., e Zoilos, conosciuto dalla splendida serie di rilievi scoperti nei primi anni degli scavi in corso, sembra essere stato originario di Α.: era forse uno schiavo di Cesare ereditato da Ottaviano. La scena del teatro, tuttavia, ebbe una nuova sistemazione e così anche la parte inferiore della cavea. Due altre iscrizioni, sul pulpitum e sulla conistra, dichiarano che la trasformazione fu completata da Tiberio Claudio Zelos durante il regno di Antonino Pio. L'obiettivo era naturalmente di convertire questo edificio, come altri teatri del mondo greco ellenistico, in un'area dove combattimenti gladiatorii e giochi con animali potevano essere eseguiti senza pericolo per gli spettatori. Due o tre file di gradini furono tolti dall'ima cavea per dare profondità all'orchestra e per far posto alla conistra; un tribunale fu creato al centro della cavea, e probabilmente il complesso del logèion-proskènion fu rialzato da una posizione inferiore, mentre un pulpitum fu aggiunto a questo e collegato alla cavea. Sotto il pulpitum, fu sistemata una serie di corridoi o viae venatorum. L'edificio della scena formava un insieme di sei camere a volta, delle quali quattro si aprivano sui corridoi del proskènion, mentre due comunicavano col passaggio centrale a volta, o porta regia, che divideva il complesso in due.
L'aspetto originario del teatro e della scena non era molto diverso da quello del teatro di Priene, ma le trasformazioni del tardo II sec., come i restauri e i cambiamenti intrapresi dopo i terremoti del tardo IV sec., nascondono varî elementi della fase d'origine. I seri danni di questi terremoti e le conseguenti riparazioni sono evidenti in diversi monumenti della città. Nel caso del teatro, tutte le volte delle camere della scena furono rifatte, e le due pàrodoi furono trasformate con alcune aggiunte. Una grande camera a volta fu costruita p.es. nella pàrodos Ν bloccandone il passaggio.
Nel II e III sec., il muro Ν dell'edificio della scena, alto 5 e lungo 15 m, venne ricoperto con una serie impressionante di iscrizioni. Questi documenti, importantissimi per la storia della città, includono decreti e lettere di personalità politiche e imperatori, databili dall'epoca tardo-repubblicana fino alla metà del III sec. (come Gordiano III: v. S 1970, p. 14). Una gran parte del senatus consultum de Aphrodisiensibus è conservata su questo muro. Alcuni frammenti di questo documento erano già conosciuti, perché trovati riadoperati nelle mura costruite dopo il terremoto del IV secolo. Il nome di Zoilos figura di nuovo in una lettera di Ottaviano in termini laudativi e affettuosi, e non è impossibile desumere da un'altra lettera agli Efesii che Cesare passò per Α.: è accertato in ogni modo che egli dedicò nella città una statua d'oro raffigurante Eros e Afrodite.
Nella prima metà del VII sec., un altro catastrofico terremoto fece crollare diversi monumenti. Vari problemi, in particolare la mancanza di sicurezza della regione, forse la pestilenza o la minaccia d'invasioni persiane, obbligarono la città a riempire l'orchestra del teatro, già pieno di ruderi caduti dalla frontescena e dalla cavea, e a trasformare tutta la collina dell'acropoli in una fortezza. Un recinto murario con torri a intervalli fu sistemato tutto intorno, anche dietro la scena, bloccandola completamente e rovinando le parti superiori del teatro.
Molte sculture ed elementi architettonici che decoravano la scaenae frons sono stati scoperti negli scavi del pulpitum e dell'orchestra, tra i quali una bella statua del Dèmos della città, una bellissima variante del Discoforo di Policleto, diversi ritratti (includendo due figure di pugili del sec., una delle quali firmata da Polinice), eleganti acroterî e varie figure di Nike, delle quali due facevano certamente parte della decorazione del tardo I sec. a.C.
Com'è stato precedentemente osservato, i terremoti del sec. determinarono in A. non solo distruzioni, ma anche gravi problemi di altro tipo: p.es., ebbero un effetto disastroso sulle acque sotterranee, provocando inondazioni, specialmente nelle zone più basse della città. L'agorà, situata direttamente a Ν dell'acropoli, fu allagata cosicché, in attesa che i magistrati trovassero una soluzione al problema, fu necessario sistemare un'altra piazza pubblica.
Essa fu creata dietro la scena del teatro: consisteva in un'area quadrangolare con portici sui quattro lati, donde il nome di tetràstoon dato al complesso, menzionato in un'iscrizione trovata nelle vicinanze, che ricorda la dedica del complesso stesso a opera del governatore Taziano, sotto Giuliano, e poi Teodosio. Le colonne corinzie e le basi che compongono i portici provengono certamente da altri edifici.
Un secondo complesso termale fu collegato col tetrastòon. Queste terme, situate a SE e O del teatro, presso il versante S dell'acropoli, sono state parzialmente messe in luce e, anche se trasformate nel periodo bizantino, includono varî elementi tra i quali un calidarium, a pianta circolare con nicchie arcuate, un apodyterium, forse un sudatorium, e una sala imperiale. Fu proprio questa sala a essere collegata col tetrastòon nel tardo IV sec., attraverso l’oecus a N: qui era posta probabilmente la statua dell'imperatore, all'estremità d'una basilica a tre navate separate con due file di colonne corinzie di marmo blu grigio. Tolta la statua, fu aperta una porta nel muro Ν dell’oecus, che era inquadrato da due pilastri decorati a spirali d'acanto con amorini e animali, congiunti da un arco che recava un motivo decorativo analogo. Diverse botteghe furono sistemate nelle navate laterali. Sembra che le colonne fossero unite con archi di mattoni, mentre la navata centrale era a cielo aperto con un bel pavimento di marmo. Gran parte delle colonne e i due pilastri sono stati recentemente restaurati.
L'esplorazione della fase preistorica di Α., sia sul lato O dell'acropoli, sia sulla collina detta Pekmez (a E del teatro), è proseguita fino al 1974. Il sito è stato probabilmente occupato dal Tardo Neolitico, poi, dopo uno iato, di nuovo abitato dal Tardo Calcolitico e nelle varie fasi dell'Età del Bronzo e del Ferro (c.a 4360-546 a.C.). I ruderi suggeriscono uno o due villaggi di carattere agricolo. La ceramica e gli oggetti di scavo rivelano contatti con le zone egee e anatoliche vicine come Hacılar, Beycesultan, Kum Tepe, Kusura, Troia e Kuruçay. Un certo numero di piccoli «idoli» trovati in questo contesto preistorico parrebbe indicare la presenza in loco del culto primitivo di una divinità che probabilmente si trasformò in una dea della natura e della fertilità e poi in Afrodite.
L'evidenza per i periodi arcaico e classico consiste per ora in ceramica e ritrovamenti diversi, sia nelle vicinanze dell'acropoli, sia nella zona del Tempio di Afrodite. È probabile che A. fosse allora essenzialmente un santuario; si sviluppò in un centro urbano durante l'ellenismo tardo, nel secondo secolo a.C., al tempo degli interventi di Roma in Asia Minore.
La fase arcaica del Tempio di Afrodite è stata ricercata con varî saggi (v. s 1970, p. 9) e recentemente esaminata con un inventario minuzioso e un'analisi di tutti i frammenti per una pubblicazione definitiva dell'edificio. Sembra proprio che gli elementi architettonici del santuario arcaico siano stati ritagliati o eliminati nella fase seguente. La presenza di un mosaico ellenistico nella zona del prònaos è ancora da chiarire, ma sembra certo che il tempio del I sec. a.C. fu realizzato in due periodi: la cella e il prònaos furono eseguiti nella prima metà del secolo, e la perìstasis fu aggiunta in seguito, probabilmente sotto Augusto. La conversione del tempio in una basilica cristiana rende evidentemente difficile l'analisi della sua struttura originaria; tuttavia è certo che molti elementi furono distrutti o riadoperati durante almeno due periodi della storia della basilica.
La più ricca e forse la più importante scoperta di questi ultimi anni è stata certamente quella del complesso dedicato al culto di Afrodite e di Augusto, collegato con la dinastia giulio-claudia: il cosiddetto Sebastèion (nome suggerito dall'iscrizione CIG 2839 trovata ad A.) consisteva in una via processionale pavimentata di 14 m di larghezza inquadrata fra due portici paralleli, lunghi 80 m. A O, questi portici finivano in un pròpylon dal quale si scendeva sulla via principale NS. All'altra estremità, verso E, una scalinata, in parte sistemata dopo il terremoto del tardo IV sec., portava a un podio dove s'innalzava il tempio che dominava il complesso.
I portici, anche se non precisamente simili, presentavano l'aspetto quasi teatrale di una specie di scaenae frons ed erano composti da tre ordini sovrapposti di mezze colonne. Il primo piano era di ordine dorico, il secondo e il terzo, meno alti, rispettivamente ionico e corinzio. Un'abbondanza di rilievi figurati e di elementi decorativi, trovati in posizione di crollo davanti o dietro i portici, erano inseriti tra le colonne del secondo e del terzo piano. Nel portico S, i rilievi del secondo piano rappresentavano scene mitologiche, la nascita di Eros, Apollo e la Pitia a Delfi, Io e Argo, le tre Grazie, Leda e il cigno, Dioniso infante e Nysa, Achille e Pentesilea - tra molti altri - mentre quelli del piano superiore riproducevano scene con imperatori o prìncipi della famiglia imperiale, come Augusto, Germanico, Claudio e Agrippina, Lucio e Gaio Cesare, Nerone, alcuni in atto di incoronare trofei. Non mancano anche altri soggetti mitologici rari, come la liberazione di Prometeo da parte di Ercole, Enea che fugge da Troia, Posidone con Anfitrite, Ares e alcune fatiche di Ercole. Parecchi rilievi furono probabilmente martellati al principio del periodo cristiano. Uno dei rilievi imperiali, particolarmente interessante, rappresenta Claudio che atterra la personificazione della Britannia, un altro raffigura Nerone che tiene prigioniera una donna, l'Armenia: i due rilievi, come alcuni altri, hanno iscrizioni su basi separate. Il nome di Nerone e anche le figure dell'imperatore, come quelle di altri membri della famiglia neroniana (p.es. Poppea) su altre lastre, furono mutilati a causa della damnatio memoriae.
Il portico Ν invece, molto più danneggiato dell'altro, era decorato al secondo piano con rilievi rappresentanti varî popoli o èthne conquistati da Augusto. Queste allegorie erano rappresentate da statue poste, con effetto trompe l'oeil, su basi decorate con ghirlande sostenute da una maschera centrale di Pan, Satiri o altri personaggi, ed erano identificate da iscrizioni al di sopra delle basi: fra i nomi di popoli si trovano i Bessi, i Daci, i Giudei, gli Egiziani, gli Arabi. Del terzo ordine sono conservati soltanto due rilievi rappresentanti figure cosmiche come Hemera e Okeanos, identificate da iscrizioni su basi separate. Un terzo rilievo, il solo con figure imperiali proveniente dal terzo ordine, mostra il giovane Nerone in abiti militari, incoronato dalla madre Agrippina: fu trovato seppellito intenzionalmente nel portico.
Le iscrizioni degli architravi dei due portici suggeriscono che due famiglie diverse, ma senza dubbio alleate, avessero edificato queste due strutture del Sebastèion, sotto Claudio e Nerone, verso la metà del I secolo. Il pròpylon, dedicato dalla stessa famiglia che aveva offerto il portico N, aveva una facciata a edicola su due piani, unita ai portici alle sue estremità; nelle nicchie erano poste statue di gran parte della famiglia dei Giulii o dei Claudii, delle quali rimangono varî frammenti e diverse basi iscritte.
Il tempio, che dominava il complesso E, purtroppo fu quasi completamente distrutto nel periodo bizantino, anche se la sua krepìs e parte dello stilobate sono parzialmente riconoscibili. Tuttavia diversi elementi architettonici, talvolta con iscrizioni, mostrano che il tempio era di stile corinzio e forse già iniziato sotto Tiberio.
Il Sebastèion fu danneggiato da terremoti e persino inondato dopo il cataclisma della seconda metà del IV secolo.
Per rimediare all'allagamento, una complicatissima rete di tubazioni e canali fu sistemata vicino al tempio e sulla via processionale, nascosta dai gradini davanti al tempio stesso e dal lastricato marmoreo. Il pròpylon fu anch'esso munito di condotte e qualche gradino della scala che conduceva alla strada principale fu soppresso quando il livello della strada venne per forza di cose rialzato. Tra il V e il VII sec., il Sebastèion fu semiabbandonato o utilizzato forse come mercato. Il tremendo terremoto del VII sec. ne determinò il crollo finale; molti frammenti architettonici e scultorei, specialmente del portico N, furono asportati e riadoperati nelle mura di fortificazione erette sull'acropoli.
Dal 1977 in poi, scavi e restauri si sono svolti nella parte S della doppia agorà di Α., detta Portico di Tiberio, durante il cui principato sarebbe iniziata, secondo l'evidenza epigrafica, la costruzione del quadriportico che circonda la piazza. L'angolo NE e parte del colonnato N, già esplorati da G. Jacopi nel 1937, sono stati completamente rimessi in luce e lo scavo prosegue su tutta la lunghezza del portico N. Tutti gli elementi architettonici, basi, capitelli e architravi sono stati studiati di nuovo e più di una ventina di colonne sono state parzialmente o integralmente rialzate. Anche il portico O, contiguo alle Terme di Adriano e scavato da P. Gaudin nel 1904-1905, è stato meticolosamente riesaminato, lo scavo completato, e quattordici colonne di nuovo erette sulle basi. Le differenze nello stile dei capitelli ionici sembrano indicare un restauro del portico O nel II sec., forse dopo un terremoto. Sul lato opposto della piazza, gli scavi all'angolo SE del portico S, accanto alla Porta dell'Agorà (v. sotto), proprio all'ombra dell'acropoli, hanno dimostrato che in questa zona, sebbene uno dei vomitoria del teatro salisse di lì alla cavea superiore, il colonnato era tuttavia di un'epoca più tarda (almeno del V sec.). Si può supporre o che questa parte del portico non fosse stata mai completata nel I sec., o che i terremoti del IV sec. avessero creato danni tali da rendere necessari drastici restauri su questo lato.
D'altronde, questi stessi sismi avevano prodotto l'allagamento sopra menzionato a proposito del tetrastòon, gli effetti dei quali sono evidenti nell'edificio che chiude il Portico di Tiberio sul suo lato orientale, la cosiddetta Porta dell'Agorà. Questo edificio monumentale, databile, su base epigrafica, verso la metà del II sec., presentava un'imponente facciata con edicole su due piani e nicchie ornate di statue; due proiezioni o torri, a Ν e a S, erano abilmente collegate con i colonnati dei portici. Sotto le torri, due sottopassaggi a volta consentivano l'ingresso alla piazza. Non è ancora sicuro quale genere di sistemazione presentasse la parte posteriore o lato orientale del complesso, ma non c'è dubbio che tutta la Porta dell'Agorà fu completamente distrutta dal terremoto del VII secolo. L'edificio aveva però già subito importanti restauri dopo i terremoti del IV sec., quando gli Afrodi siensi, cercando di controllare le inondazioni delle acque che provenivano da E, trasformarono la facciata O della porta in un nymphaeum. Questi cambiamenti sono evidenziati non solo dai ritrovamenti e da altri indizi, ma anche da quattro epigrammi del V sec. scolpiti sull'edificio. Un gran bacino fu edificato davanti alla facciata dell'agorà per far confluire le acque che attraversavano la porta stessa in tubazioni fittili, passando tra le nicchie, per poi essere evacuate verso O.
La decorazione scultorea e architettonica della Porta dell'Agorà era splendida: includeva statue-ritratto e almeno una statua imperiale colossale (probabilmente di Antonino Pio) insieme a basi iscritte di altri due imperatori, Nerva e Adriano. Un'interessantissima serie di rilievi era caduta davanti al bacino, nelle cui mura furono probabilmente riadoperati: rappresentano scene molto originali di Centauromachia, Gigantomachia e Amazzonomachia; una battaglia fra Dioniso, Pan e Amazzoni e un incontro fra Afrodite e Anchise (?) sono i soggetti di altri due rilievi.
Saggi limitati sono stati intrapresi nelle Terme di Adriano; si è anche scoperta una grande basilica all'angolo SO del Portico di Tiberio, che si allungava per più di 100 m verso S e fu forse costruita, nella sua prima fase, nel tardo I secolo: divenne tuttavia più importante nella seconda metà del III sec., quando ricevette una nuova decorazione. Questi lavori dipesero probabilmente dal fatto che, dopo il 250, A. divenne prima la metropolis di una provincia comune della Caria e della Frigia, poi della sola Caria. L'evidenza di questa ipotesi è confermata da almeno due testimonianze epigrafiche: una grande quantità di frammenti dell'editto de pretiis di Diocleziano, e parte di un editto di svalutazione della moneta romana (301). Erano senza dubbio esposti qui, perché sono stati trovati all'ingresso della basilica: cosa logica, dato che A. era il centro amministrativo della provincia. Peraltro, molti rilievi che decoravano come balaustrate il secondo piano dell'ala E della basilica sono decorati con scene mitologiche. Varî personaggi, identificati tramite iscrizioni, ricordano le leggende della fondazione di Α.: Semiramide, Ninos e Gordios sono rappresentati al modo romano davanti a un altare. La presenza di Ninos dimostra la veridicità della testimonianza di Stefano di Bisanzio che chiamò A. pure col nome Ninòe derivante da Ninos. La presenza di Gordios, re mitico della Frigia, si spiega ipotizzando che la basilica sia stata allargata e decorata nel periodo in cui la città divenne capitale della provincia unita di Caria-Frigia.
Sono proseguiti anche scavi ed esplorazioni di cinque residenze private localizzate in diversi punti dell'antica città, che tuttavia hanno dovuto essere limitati per via dei problemi di esproprio. Tutti questi complessi sono del periodo tardo-romano e bizantino, ma avevano degli antecedenti; erano decorati con bei pavimenti di mosaico a figure o disegni geometrici e, in certi casi, con affreschi parietali.
Un progressivo programma di restauro ha caratterizzato il lavoro della missione archeologica americana negli ultimi anni: possiamo enumerare, fra i complessi monumentali ripristinati, il teatro, le terme del teatro, il tetràstoon, il Portico di Tiberio, il Sebastèion e finalmente il Tetràpylon, la porta decorativa posta nella seconda metà del II sec. a E del témenos di Afrodite: di tale porta è stata eseguita l'anastilosi.
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(K.T. Erim)