AFRICA ORIENTALE ITALIANA
. A seguito della conquista italiana dell'Etiopia (per le vicende che condussero alla conquista e per la descrizione delle operazioni militari, v. italia: Storia, App.; italo-etiopica, guerra, App.), i territorî e le genti che appartenevano al cessato impero di Etiopia vennero posti sotto la sovranità piena ed intera del Regno d'Italia. Il re d'Italia assunse per sé e per i suoi successori anche il titolo di imperatore. (Per i provvedimenti legislativi che sanzionarono quanto detto, v. appresso). Tutto l'insieme del paese forma ora con l'Eritrea e la Somalia un blocco unico, cui si dà il nome dl Africa Orientale Italiana. Questa è divisa in cinque governi, oltre al governatorato di Addis Abeba (v. appresso). Area e popolazione di queste suddivisioni sono esposte in cifre di grossolana approssimazione, basate su una valutazione provvisoria, nella seguente tabella:
L'Africa Orientale possiede indubbiamente una sua unità morfologica derivante dal fatto che il rilievo orografico è costituito da forme tabulari, tipiche di tutta l'Africa (eccetto la regione dell'Atlante), cioè da estesissimi altipiani, sollevati peraltro qui ad altezze maggiori che nel resto del continente, con orli periferici sovente rialzati e scendenti all'esterno con scarpate ripide, rotte e spezzettate da valli; altipiani profondamente dissecati dall'erosione fluviale, sormontati spesso da potenti espansioni di materiali vulcanici antichi e rotti poi da fratture e dislocazioni tettoniche. La più cospicua di esse, la cosiddetta fossa dei laghi (dal Rodolfo allo Zuai) continuata dall'Auasc (Hawash) e dal Mar Rosso, distingue le due maggiori regioni naturali, l'Etiopia e la Somalia, che in tempi geologici lontani erano unite, risultandone così un'individualità fisica più manifesta della regione considerata.
Sulle particolarità orografiche e morfologiche le numerose ricognizioni di varie specie, i rilievi topografici ed aerei fatti durante e dopo la guerra italo-etiopica hanno fornito parecchi nuovi dati particolareggiati, non tali tuttavia da consentire di comporre sin d'ora un nuovo quadro di insieme: si rimanda perciò alle voci etiopia, XIV, p. 459, eritrea, XIV, p-220, dancalia, XII, p. 282, e somalia, XXXIII, p. 99. Si può avvertire che le recenti esplorazioni del Semien sembrano confermare che il massiccio più elevato, il Ras Dasciàn o Ancuà, il più alto dell'Africa Orientale Italiana, si aderge a quote maggiori di quelle finora accolte, poiché le sue vette più eccelse superano i 5000 m. Nuovi elementi si sono anche acquisiti circa l'orografia della regione ad oriente di Harar, che risulta molto più tormentata e complessa di quanto prima non apparisse.
Geologia. - Durante il Paleozoico e il Triassico, l'intero paese era emerso a far parte del continente di Gondwana (XVII, p. 534; v. anche paleogeografia, XVII, p. 534). Lo costituivano rocce sedimentarie ed eruttive, corrugate e metamorfosate in età imprecisabile ma probabilmente antica (pre-paleozoico), che ritroviamo oggi nell'imbasamento cristallino. Varî i tipi litologici e la direzione del corrugamento: gneiss, micascisti, rocce verdi nell'Eritrea; nel Tigreè per lo più filladi debolmente metamorfiche, con vaste intercalazioni di calcari e puddinghe nel hararino; nel Uollega (Wallegà, Wållaggā) nuovamente graniti e rocce ad alto metamorfismo; nella Somalia graniti e graniti gneissici. La direzione di scistosità disegna un circo, convesso a sud-est, dall'Eritrea al Tigrè; nella Somalia meridionale corre da nord a sud. I graniti dell'Eritrea e del Tigrè, in masse batolitiche spesso imponenti, allineate nel senso del corrugamento, sono manifestazioni posteriori agli scisti, entro i quali si sono intrusi a volte metamorfosandoli; nel hararino sono stati osservati gli stessi rapporti, con diffusi fenomeni d'iniezione. Da riferire ai graniti sono probabilmente i filoni quarzosi talora auriferi. Sarebbe però prematuro ascrivere ad un solo ciclo magmatico tutti i graniti dell'A. O. I., mancandoci qualsiasi schema stratigrafico per il basamento cristallino. Lo stesso dicasi per le fasi di corrugamento.
Col Triassico ha inizio lo smembramento del continente di Gondwana. Gli sforzi orogenici che lo determinano non producono spostamenti verticali in blocco, bensì depressioni allungate ineguali da punto a punto: da ultimo vere fosse. Nel Triassico inferiore movimenti iniziali hanno condotto il mare fino al Madagascar: ma di questi non abbiamo traccia nell'Africa Orientale Italiana. Invece troviamo nella somalia meridionale depositi arenacei litorali e lagunari del Triassico superiore: le arenarie di Lugh, con avanzi di pesci e molluschi. L'ingressione marina si propaga rapidamente, e raggiunge la massima estensione nell'oolite medio (Kimmeridgiano). I corrispondenti depositi, trasgressivi sulla superficie di troncatura degli scisti (dovuta al primo ciclo erosivo del Paleozoico-Triassico) e di spessore variabile (originariamente 1000-1400 m.) comprendono: alla base arenarie marino-litorali, subordinatamente subaeree, che rappresenterebbero l'estensione di quelle di Lugh; quindi calcari, indicanti l'avvento di condizioni decisamente marine. I calcari sono meno estesi delle arenarie cui fanno passaggio lateralmente verso l'interno (Tigrè sud-occidentale). Le arenarie dette "di Adigrat" o "inferiori", sono prive di fossili (salvo i ricordati avanzi a Lugh, e resti di pesci, Lepidotus, presso Harar), e prevalentemente quarzose, a cemento caolinico o ferruginoso, dalle tinte vivaci. I calcari ("di Antalo" [Ḥenṭalo] nel Tigrè, "calcari di Lugarima" nello Scioa, "di Bihendula" nella Somalia Britannica, "serie di Bardera" nella Somalia meridionale), indicano generalmente mare basso, per quanto talora (verso est) così aperto da ospitare ammoniti; o viceversa condizioni salmastre (facies a Cirena del Tigrè, verso il margine occidentale dell'area marina). Stratigraficamente, comprendono l'Oolite inferiore e medio: l'Oolite inferiore sembra mancare al Tigrè, in rapporto alla provenienza da est dell'invasione marina. La sommersione kimmeridgiana si estendeva all'Arabia meridionale, emergendo il Ḥaḍramūt (Ḥaḍramōt) e le isole di Socotra e Abd-el-Kuri (porzione meridionale della Farsia di Stefanini).
Nel Portlandiano s'inizia un moto di regressione, testimoniato dall'invasione di depositi arenacei simili a quelli sottostanti o equivalenti ai calcari: sono le arenarie superiori o a "sopracalcaree", di età probabilmente via via più recente verso est: in complesso, dal Portlandiano a tutto il Cretacico. Nel hararino un'intercalazione calcarea contiene fossili marini del Cretacico medio. In conseguenza del ritiro del mare, la distribuzione arenaria-calcare nel Cretacico è sensibilmente diversa che nel Kimmeridgiano: mentre in questo le arenarie erano limitate al margine occidentale (Amara, Seloà-Avergallé, ecc.), nel Cretacico i calcari si ritirano alla Somalia. Verso oriente (Somalia Britannica orientale) dove il moto di regressione praticamente non si è avvertito, la sedimentazione calcarea è, secondo ogni apparenza, continua dall'Oolite inferiore al Cretacico superiore. Si hanno anzi prove dell'estendersi del mare da questa parte, restando sommersa la Farsia. Talora al contatto fra arenarie superiori e calcari si riconosce un lieve rimaneggiamento ed erosione dei secondi (hararino, Somalia britannica). In tesi generale l'età delle formazioni sedimentarie deposte durante la trasgressione sarà via via più recente verso ovest, mentre saranno invece più recenti verso est i depositi della regressione. Così i calcari, prevalentemente lusitaniano-kimmeridgiani nel Tigrè, potranno estendersi dall'Oolite inferiore al Titonico e al Cretacico inferiore più a est. Analogamente per le arenarie.
Se in complesso dal Portlandiano il mare tende a ritirarsi entro gli attuali confini, ciò non avviene senza pause: nell'Eocene il mare si estende e ricopre con depositi calcarei, nella Somalia Italiana settentrionale e nella Somalia Britannica, le arenarie litorali o subaeree del Cretacico. Ma già nell'Eocene medio si sviluppano di nuovo facies subcontinentali regressive arenaceo-gessose, con pesci d'acqua dolce e ostracodi. Alla fin dell'Eocene la penisola somala doveva possedere già, nelle grandi linee l'attuale configurazione: poiché l'Oligocene-Miocene, in facies di arenarie e calcari teneri, è presente in lembi lungo la costa del Mar Rosso nord-somala, non più sull'altipiano. Lo smembramento della Gondwana, manifestantesi ora non soltanto con l'assottigliarsi del Sial e la conseguente invasione marina, ma addirittura con la lacerazione di esso fino all'infrastruttura basica, doveva quindi aver già disarticolato non soltanto il Deccan dalla costa africana, ma anche l'Arabia dalla Somalia. Inoltre si erano maturati i magmi basici del substrato continentale, che nel Deccan si espandono nell'Eocene, mentre nell'Africa Orientale Italiana, per il graduale spostarsi a ovest delle lacerazioni e sprofondamenti, compariranno alquanto più tardi.
Ma prima degli espandimenti vulcanici, l'emersione iniziata, nel Tigrè e nello Scioa, nel Portlandiano aveva preparato il campo ad un secondo ciclo erosivo: la superficie del paese, sia degli scisti che del mantello sedimentario, è ora penepianata, e in certe parti (Eritrea, Tigrè) si copre di una particolare crosta di alterazione a tipo lateritico. Gli espandimenti vulcanici riversano su di essa una potente pila di colate, dapproma basiche, quindi con intercalazioni acide ("serie di Ascianghi" e di "Magdala"), con continuità di emissione. Sede preferita del fenomeno è l'altipiano abissino e galla, mentre la Somalia ne è rimasta pressoché esente. L'età dei trappi si può desumere da depositi lacustri-continentali in essi intercalati, che contengono al Lago Rodolfo una faunetta di mammiferi miocenica, all'Amba Alagi Melanopsis.
Questi dati integrano il già vecchio ritrovamento di una pianta (Nicolia aegyptiaca Ung.) in analoghi depositi dello Scioa. Ascriveremo dunque al Paleogenico (?)-Miocene le vulcaniti della serie stratoide.
Intanto l'evoluzione tettonica continua: la fossa del Mar Rosso è accennata forse già prima del termine degli espandimenti stratoidi, e ospita i sedimenti del mare miocenico (?)-pliocenico ("erie di Aden"). Verso la stessa epoca, fra il Miocene e il Pliocene o nel Pliocene inferiore, subentra un terzo ciclo erosivo, che conduce a una superficie di spianamento, però non totale, come le due precedenti. Nell'ultima fase di diastrofismi, il paese, e quindi la superficie ricordata, sono ulteriormente frammentati in blocchi, alcuni dei quali affondano più o meno in basso (Afar, doccia orografica dei laghi Galla, mediopiano degli Azebù Galla, alta valle del Mareb) e sono alluvionati o ricoperti da vulcaniti recenti (lave dell'Auasc [Ḥawāsh], "serie vulcanica di Aden"). Anche sull'altipiano non mancano fenomeni vulcanici equivalenti: probabilmente le montagne trachitiche di Dembeguinà, Axum, Adua, Senafè, e i vulcani basici che hanno sbarrato e trasformato in lago la conca, tettonica, del Tana. Le condizioni altimetriche attuali si può ammettere siano state raggiunte durante l'ultimo periodo di diastrofismi (Pliocene e specialmente Postpliocene); mentre durante gli espandimenti stratoidi il paese dovette via via abbassarsi parallelamente all'emissione dei materiali endogeni, restandone così invariato il livello medio, non troppo alto sul mare. Ciò è teoricamente probabile; e in linea di fatto spiegherebbe i caratteri delle flore (Nicolia, flora di Celgà) contenute nei depositi intercalati verso la sommità dei trappi.
Per i depositi continentali plio-pleistocenici (lacustre, lateriti, ciottolame, ecc.), v. etiopia, eritrea, somalia.
Clima e idrografia. - Una coordinazione di dati interessanti, per quanto provvisorî, si ha per il clima e l'idrografia. La seguente tabella raccoglie i dati principali per alcune località più importanti.
Gli elementi della tabella annessa, integrati da altri, sono espressi graficamente nelle due cartine annesse. Da quella delle temperature si rileva che i fattori preponderanti sono tre: la latitudine, la presenza del Mar Rosso e del Golfo di Aden, che funzionano da caldaie, la presenza del compatto massiccio di alteterre, entro il quale vi è un'area, tagliata al centro dal 10° parallelo, con temperature medie annue di 16°. Da quella della piovosità risultano pure evidente l'influenza del rilievo, non soltanto nel massiccio etiopico, ma anche in Somalia, e in quella della latitudine; si rileva poi la presenza di una zona meno piovosa (al disotto di 1 metro) in corrispondenza della fossa dei laghi.
I corsi d'acqua dell'Africa Orientale si possono raggruppare, prescindendo dai banchi interni, in tre versanti.
Sul versante occidentale, o del Nilo, il più noto dei corsi di acqua provenienti dall'altipiano è l'Abai (Abbāy; Nilo Azzurro). Il suo bacino, a monte del confine sudanese, è stato calcolato in 178.700 kmq. dei quali 17.150, cioè circa un decimo, spettano al bacino imbrifero del Lago Tana.
La media piovosità sull'intero bacino è stata calcolata in 1370 millimetri circa. Il dislivello dal Lago Tana (1830 m.) a Fazogl, confine col Sudan, è di circa 1300 m. (su una distanza di 875 km.), ma di essi circa 600 sono rappresentati da salti e rapide in un primo tratto, di circa 75 km. dopo l'uscita dal lago. Le portate medie (in mc/sec.) all'uscita dal lago e a Roseires (a 441 m. di alt.) sono indicate dal prospetto a piè di pagina.
Gli affluenti dell'Abai nel bacino montano traversano in genere l'altipiano con pendenze limitate, poi incidono nell'ultimo tratto gole profonde e strette per raggiungere il fiume principale. I maggiori sono a sinistra l'Uacit e il Didessa (Ḍiḍḍēssā) di gran lunga il più importante; a destra il Belas o Balas, pressoché sconosciuto, il Dinder e il Raad entrambi appartenenti al territorio italiano solo nel corso superiore. Per il Lago Tana, v. XXXIII, p. 220.
A sud dell'Abai la maggior parte delle acque dell'altipiano etiopico occidentale sono raccolte dal Sobat, di cui il ramo principale è l'Upeno Saint-Bon, formato a sua volta da due corsi d' acqua, il Baro e il Birbir. L'area del bacino, a monte di Gambela, è di circa 26.000 kmq.; la media piovosità sale a 1750 mm., perché su questo bacino ricade il centro di massima piovosità della regione etiopica. A Gambela il fiume è largo un centinaio di metri, corre ancora impetuoso in un alveo ingombro di rocce e massi, ma più a valle si fa più ampio e più tranquillo. La portata media a Gambela si calcola a 375 mc. al secondo. Due affluenti di sinistra, il Ghelo e l'Acobo, il secondo dei quali segna per lungo tratto il confine col Sudan, sono pressoché sconosciuti.
A nord dell'Abai i corsi d'acqua dell'ovest apparterrebbero teoricamente al bacino dell'Atbara, ma molti inaridiscono e si perdono prima di raggiungere il fiume principale. Questo è formato da due rami, l'Angareb e il Gandua, che tuttavia si congiungono fuori del territorio italiano: al primo, assai ricco d'acque nella parte alta, compete, entro i nostri confini, un bacino di 14.300 kmq., al secondo uno di 6740. Il Tacazzè (Takkazè)-Setit, che raccoglie, accresciuto a destra dallo Tsellarí e dal Mai Ueri, quasi tutte le acque del Tigrè, nel tronco superiore corre profondamente incassato tra rive rivestite di bosco o cespuglieto; ha letto roccioso, talora angusto, talora ampio alcune centinaia di metri: uscito dalla regione montana, va perdendo acque e nei mesi di siccità ha anzi solo acqua subalvea, ma a poca profondità. Il suo bacino è ampio circa 68.000 kmq.; la precipitazione media sul bacino si calcola a 930 mm. La portata media alla confluenza col Mai Ueri si calcola a 243 mc. al secondo.
Il Mareb-Gasc, asciutto in pianura per molti mesi dell'anno, pur conservando corrente subalvea, ha un bacino di 21.630 kmq. a monte di Tessenei, dove il deflusso annuo è di appena 1974 milioni di mc. e la portata media 63 mc. al secondo. V. gasc, XVI, p. 425.
Dei tributarî del Mar Rosso il più lungo è il Barca.
Dei torrenti che scendono dal margine dell'altipiano alla depressione dancala, i due maggiori sono il Golima e l'Erertì, che hanno acqua perenne nel corso superiore, ma la perdono rapidamente appena scesi in basso per evaporazione e filtrazione nel subalveo. Scarsissime notizie si hanno sull'Auasc (Ḥawāsh) che si forma nella conca di Addis Alem, e presto si insinua nella depressione che prosegue la fossa dei laghi; esso ha acqua corrente tutto l'anno nel corso superiore e medio, ma si perde nella zona acquitrinosa dell'Aussa. Il suo bacino si può calcolare a circa 66.000 kmq.; la portata media alla quota di 300 m. si calcola a 172 mc. al secondo.
Per i due grandi fiumi del versante dell'Oceano Indiano, il Giuba e l'Uebi Scebeli, v. XVII, p. 293, e XXXIV, p. 605.
Il più importante bacino interno è quello dell'Omo, tributario del Lago Rodolfo, del quale tuttavia si hanno poche notizie sicure. Esso si forma in una regione ad alta piovosità ed è accresciuto da numerosi affluenti, tra i quali, a destra, il Gimma, il Gojeb, il Dincia; a valle di quest'ultimo è un fiume ampio e tranquillo, con rare e piccole rapide. L'area del suo bacino è di 67.500 kmq.; la precipitazione media sul bacino è di 1275 mm.; la portata media alla foce si calcola a 320 mc.
I laghi della fossa etiopica formano tre distinti bacini idrografici. Il più settentrionale è costituito da cinque laghi: Zuai (alt. m. 1848; area 410 kmq.), Langana (Seveta; alt. 1585 m.; area 200 kmq.), Abaita (Hora; alt. m. 1573; area 230 kmq.); Sciala (Lamina; alt. 1567 m.; area 450 kmq.) e Ausa (Awasa; alt. m. 1708; area 150 kmq.); il bacino imbrifero complessivo è di circa 16.120 kmq. Lo Zuai solo in periodi di piena deversa il supero delle acque nell'Abaita, col quale il Langana è invece in comunicazione permanente; l'Abaita a sua volta deversa il supero nello Sciala.
Il bacino centrale è quello dei laghi Margherita (alt. m. 1285; area 1170 kmq.) e Ruspoli (Ciamò; alt. m. 1233; area 550 kmq.); il primo riceve numerosi immissarî (Bilatte, Uaiò, Galana) e scarica le sue acque di piena nel Ruspoli per mezzo dell'alveo dello Ualo. L'area totale del bacino imbrifero è di circa 19.200 kmq.
Il bacino più meridionale è quello del Lago Stefania (alt. 518 m.; area 1170 kmq.) che ha rive incerte e variabili, specie a nord, dove il suo grande immissario, il Sagan, si espande in una vasta zona palustre. L'area del bacino imbrifero è di 21.000 kmq. circa.
Popolazioni. - Come si è veduto altrove (v. etiopia, XIV, p. 476), i tre ceppi linguistici principali dell'Africa Orientale Italiana sono quello nilotico, quello cuscitico e quello semitico. Le ricerche degli italiani Cerulli, Conti Rossini, Moreno e altri, hanno, anche in questi ultimi anni, recato nuovi elementi di conoscenze, ma un quadro linguistico definitivo non è ancora possibile. I linguaggi cuscitici sono i più diffusi, essendo parlati da oltre 4.500.000 persone, all'incirca così divise: Galla 2.500.000; Somali, 1.280.000; Dancali, 70.000; Sahò, 40.000; Sidama, 550.000; Begia (sottogruppo settentrionale del cuscitico), 70.000. Nel computo non sono compresi gli Agau, che molto frequentemente, nell'uso esterno, parlano il tigrè o il tigrino. I linguaggi semitici sono parlati da circa 2.600.000 persone. Restano circa 500.000 persone, delle quali la maggior parte parla probabilmente linguaggi nilotici. Di linguaggi bantu va citato il bravano, che si parla a Brava e dintorni da circa 20.000 persone.
Quanto alle religioni, si calcolano circa 4.230.000 Islamici, 3 milioni di copti (monofisiti), 320.000 pagani, circa 30.000 cattolici (esclusi gli Europei), circa 30.000 Ebrei (Falascià).
Centri principali. - Nessuna rilevazione statistica si è potuta fare finora per il complesso dell'Africa Orientale Italiana, neppur limitatamente ai centri principali. Vi sono sei città che superano i 25.000 ab. o si avvicinano a questa cifra: Addis Abeba, con circa 90.000 ab. dei quali 6800 Europei; Asmara, con 91.000 ab. (nel comune) dei quali oltre 50.000 Italiani; Harar con circa 40.000 ab., Dire Daua con 30.000, Mogadiscio con 30.000 (dei quali 2500 Arabi e 350 Indiani) e Massaua con 15.000.
Una quindicina di centri indigeni sembra si avvicinino a 5000 ab., pure avendo il carattere di villaggi, perché costituiti in gran parte da capanne, eccezion fatta per le costruzioni europee. Essi sono: Addi Ugri (4500 ab.), Adua (6000 ab.), Axum, Gondar (5-6000 ab.), Macallè, Dessiè (7000 ab.), Debra Tabor, Debra Marcos, Ancober, Gambela, Giggiga, Merca (8000 ab.), Brava (6000 ab.), Chisimaio. A questi deve aggiungersi il Villaggio Duca degli Abruzzi, di fondazione italiana, che ha oltre 5000 abitanti indigeni stabili. In molti altri centri indigeni la popolazione è fluttuante.
Comunicazioni. - Il problema più grave che si è imposto all'Italia dopo l'occupazione è stato quello delle comunicazioni. L'Africa orientale Italiana ha finora un modesto sviluppo ferroviario, mentre nei territorî dell'antico impero etiopico mancava anche una rete stradale; solo negli ultimi anni si venivano costruendo tronchi di piste camionabili. La principale ferrovia, la Gibuti-Addis Abeba, iniziata nel 1896 e terminata solo nel 1929, lunga 783 km. (dei quali 693 in territorio già etiopico, oggi italiano) è a un solo binario, con scartamento di 1 metro e raggio minimo di curva di circa 100 metri; il percorso si compie oggi, coi treni più rapidi, in 32-36 ore. Ma la sua attrezzatura, in macchine e vagoni, sufficiente ai traffici dell'Etiopia, si è rivelata insufficientissima allo sviluppo commerciale dell'A. O. I. e l'Italia, che partecipa al capitale azionario della compagnia e vi è rappresentata da due delegati (accordo italo-francese del gennaio 1935), sta studiando i necessarî miglioramenti.
La ferrovia eritrea congiunge Massaua con Asmara (120 km.), donde un tronco prosegue per Cheren, Agordat e Biscia (km. 230); ha scartamento di 1 metro nel primo tronco, di 0,95 nel secondo. La ferrovia della Somalia comprende per ora il solo tronco Mogadiscio-Afgoi-Adalei, con diramazione per il Villaggio Duca degli Abruzzi, in tutto 114 km. Il complesso delle ferrovie dell'A. O. I. misura pertanto attualmente 1157 km.
Il programma avvenire comprende, oltre al miglioramento della linea Addis Abeba-Gibuti, il prolungamento della linea eritrea fino a Tessenei, con eventuale allacciamento a Cassala alla rete sudanese; il prolungamento della linea somala in direzione di Iet o di Lugh; la costruzione di una linea da Assab fino ai piedi del ciglione dell'altipiano (circa 400 km.) donde una teleferica salirebbe a Dessiè.
Ma in un primo tempo è sembrato soprattutto necessario dotare l'Etiopia di strade automobilistiche. Un primo programma organico comprende la costruzione di 4580 km. di strade, destinate a costituire l'ossatura stradale dell'Etiopia; di esse circa 3000 km. sono già ultimati o in corso; i lavori sono accentrati nel servizio speciale AO. dell'Azienda autonoma della strada. L'arteria principale è rappresentata dalla Via Imperiale, Asmara-Adigrat-Macallè-Dessiè-Debra Brehan-Addis Abeba, già interamente compiuta, pavimentata e percorsa da servizî automobilistici pubblici (1110 km. in 3 giorni). Le altre strade sono: 1. Asmara-Adua-Debarech-Gondar-Gorgorà, già ultimata (640 km.); 2. Om Ager (antico confine eritreo)-Gondar; 3. Gondar-Debra Tabor-Magdala-Dessiè; 4. Debra Tabor-Debra Marcos-Addis Abeba; 5. Assab-Sardò-Millè-Dessiè (sarà ultimata nel 1938; 530 km.); 6. Addis Abeba-Uolchit-Gimma, 353 km., quasi ultimata, con prosecuzione per Gore e Gambela); 7. Addis Alem-Lechemti-Ghimbi (in avanzata costruzione); 8. Addis Abeba-Moggio-Irgalem-Neghelli-Dolo-Lugh Ferrandi con diramazione a Irgalem per Iavello, Mega e Moiale (confine col Kenya). La Addis Abeba-Neghelli-Lugh sarà la principale via di allacciamento fra Etiopia e Somalia; ma alle comunicazioni fra le due regioni provvede anche la grande strada che scende per la valle del Fafan, da Giggiga a Sassabaneh, Gabredarre, Ferfer, fìno a Bulo Burti sullo Uebi Scebeli (interamente pavimentata da Gabredarre a Bulo Burti); inoltre la Irgalem-Ghigner-Ferfer e varie camionabili di guerra riattate. Per la rete somala, v. somalia, XXXII, p. 99. Harar è congiunta da una buona rotabile a Dire Daua sulla ferrovia di Gibuti, da un'altra a Giggica; si sta migliorando la camionabile che allaccia Giggiga alla Somalia Britannica (Burao e Hargheisa) per provvedere al collegamento con Zeila e Berbera.
In Eritrea sono state costruite le strade Massaua-Decamerè-Asmara e Asmara-Agordat-Barentù-Tessenei.
Massaua è stata inoltre congiunta ad Asmara con una teleferica lunga km. 74,5 (la più lunga del mondo) con 10 stazioni intermedie e una potenzialità di traffico giornaliero di 600 tonn. nei due sensi; il costo dei trasporti è di circa lire 0,5 per quintale-chilometro.
Per le comunicazioni con l'estero, poiché le vie dell'ovest, verso il Nilo, sono per ora di scarsissima utilizzazione, si è imposto il problema portuario. Come la ferrovia, così anche il porto di Gibuti è ormai inadeguato al traffico. Si sono pertanto attuati, o sono in corso di attuazione, cinque ordini di provvedimenti: 1. grandiosi lavori, in massima parte già eseguiti, per accrescere l'efficienza e l'attrezzatura del porto di Massaua, divenuto ormai il maggiore del Mar Rosso; 2. costruzione del porto di Assab, che sarà dotato, in un primo tempo, di un lungo molo e di 2 chilometri di banchine convenientemente attrezzate; 3. ampliamento e attrezzatura del porto di Mogadiscio; 4. sistemazione del porto di Merca; 5. accordi con la Gran Bretagna per l'utilizzazione dei porti di Zeila e Berbera da allacciarsi con camionabili alla regione di Harar.
I trasporti aerei e i collegamenti con la madrepatria si effettuano mediante la linea Roma-Bengasi-Khartum-Asmara-Dire Daua-Addis Abeba (quadrisettimanale) e le linee di allacciamento Asmara-Assab-Dire Daua-Mogadiscio (bisettimanale), Asmara-Assab-Gibuti-Dire Daua-Addis Abeba (bisettimanale) e Asmara-Gondar. Posta e viaggiatori giungono in due giorni da Roma all'Asmara, in tre a Addis Abeba, in quattro a Mogadiscio.
Si stanno allestendo numerosi aeroscali per l'estensione della rete nell'interno dell'Africa Orientale Italiana.
Prospettive economiche. - L'avvaloramento economico dell'A. O. I. avviene secondo un piano predisposto nelle sue linee generali (v. oltre), e attraverso gli organi dell'economia corporativa preesistenti nella madrepatria, che hanno dato vita a consulte tecnico-corporative operanti sotto la vigilanza del Ministero dell'Africa Italiana. Compito di queste consulte è il controllo, la disciplina e l'inquadramento di tutte le iniziative economiche e commerciali.
a) Ricerche minerarie. - La distribuzione dei giacimenti minerarî finora segnalati nell'A. O. I. è indicata dall'annessa cartina. In passato l'unico prodotto di largo smercio era il sale, raccolto soprattutto nella Dancalia (Piano del sale e altre zone) e distribuito mediante trasporti carovanieri in tutto l'altipiano, dove era oggetto di vivace scambio, tanto che cubi e parallelepipedi di sale servivano da moneta spicciola. Ma l'attivazione delle saline eritree, di quelle di Gibuti, di Zeila, di Dante in Somalia, che estraggono il sale dalle acque marine, hanno diminuito molto l'importanza di quel traffico. (Per i sali potassici della Dancalia v. questa voce; per l'oro e altri prodotti minerarî eritrei v. eritrea, XIV, p. 220).
L'esplorazione sistematica del sottosuolo etiopico può essere ora solamente iniziata e richiederà senza dubbio un lungo tempo. Tra i prodotti finora noti i più importanti sono l'oro e il platino. L'oro si trova in sede primaria negli scisti cristallini, in giacimenti di tipo filoniano di quarzo aurifero, nettamente distinti dalla roccia incassante, soprattutto nello Uollegà (Walleggà) e nel territorio dei Beni Sciangul (valli del Didessa e del Baro); in sede secondaria nelle alluvioni fluviali, in quelle stesse regioni, ed anche in altre, dove gli indigeni si occupano già da tempo remoto della raccolta con sistemi primitivi di lavaggio. L'estrazione dell'oro, per la quale già sotto il regime negusita si erano affidate concessioni a talune società con capitali stranieri o misti, viene ora ripresa sopra tutto nello Uollegà. Il platino si trova pure nello Uollegà e precisamente nella valle del Birbir; è contenuto in una roccia, la dunite, nella quale è disseminato in minuti granelli. Il giacimento finora sfruttato, quello di Jubdo, era stato scoperto da un italiano, A. Prasso, al quale si doveva anche la costituzione della prima società concessionaria, poi trasformatasi. L'estrazione datava dal 1925 e negli anni di massimo sfruttamento (1932-33) era arrivata a dare fino a 250 kg. di metallo; poi era decaduta. La miniera è stata ora riattivata e la produzione è di nuovo in aumento; nel 1937 essa ha raggiunto una produzione di oltre 100 kg.
Per la ricerca di altri minerali metallici (ferro, piombo, rame) e di carbone si sono costituite l'Azienda Miniere Africa Orientale (AMAO), la Società anonima mineraria dell'A. O. I. (SAMAO) con capitali italiani e tedeschi; la Compagnia etiopico-mineraria (COMINA) che ha iniziato prospezioni nella regione fra il 17° lat. e il confine meridionale, specialmente nel bacino dell'Omo; inoltre opera in Etiopia una sezione dell'AMMI. Le ricerche di petrolio sono affidate all'AGIP, che ha avviato esplorazioni nell'Hararino. Sono allo studio progetti per lo sfruttamento delle risorse idriche, in primo luogo di quelle del lago Zuai. Per il lago Tana v. XXXIII, p. 220.
b) Agricoltura e allevamento. - Le prime inchieste agrologiche ed agronomiche avviate specialmente nella regione di Gondar e del lago Tana, nella regione circostante ad Addis Abeba, nell'Hararino e nel Gimma, cominciano a dare risultati preliminari. In un primo tempo sembra conveniente orientare l'attività agricola verso talune colture europee: cereali (soprattutto riso), legumi, frutta (banane), e verso un certo numero di colture industriali, come caffè, cotone, canna da zucchero, semi oleaginosi, piante da cellulosa e da caucciù. Il caffè era già in passato il principale articolo di esportazione, sia come prodotto spontaneo (il cosiddetto caffè abissino), sia come prodotto da piantagioni (caffè harari); alcune grandi aziende erano sorte, tanto per il caffè quanto per il cotone (Azienda agraria dell'ex negus; Società anonima belga delle piantagioni di caffè di Bacacsa; Società cotoniere francesi, greche e giapponesi). Oggi la produzione del caffè è in incremento e il prodotto si smercia già largamente in Italia; per la cotonicoltura speciali missioni hanno determinato le aree che sin da ora si presentano più propizie. L'agricoltura indigena viene stimolata e migliorata nei suoi primitivi sistemi, soprattutto per quanto concerne i prodotti alimentari fondamentali (dura, orzo, taf, ecc.).
Per quanto riguarda l'allevamento del bestiame, l'attività si orienta principalmente verso due campi: la lotta contro la peste bovina che attualmente arreca danni enormi all'ingente patrimonio (stimato all'ingrosso a 7 milioni di capi) e lo sviluppo e miglioramento dell'allevamento ovino, i cui prodotti (lana e pelli) possono servire a integrare il fabbisogno della madrepatria.
c) Industria e commercio. - L'industria indigena etiopica, limitatissima, veniva e viene esercitata come attività domestica, oppure da classi speciali di artigiani. Alcuni stabilimenti industriali si erano impiantati negli ultimi anni ad Addis Abeba e dintorni, per soddisfare ai crescenti bisogni della capitale. Le possibilità di sviluppo della grande industria moderna sono subordinate ai risultati delle ricerche minerarie (soprattutto per quanto riguarda i combustibili, il ferro, ecc.), alla convenienza di grandi impianti idroelettrici, alla creazione della rete delle comunicazioni. Le iniziative al riguardo sono devolute alla Confederazione dell'industria, che ha già costituito 17 compagnie, tra le quali la Compagnia per il cotone d' Etiopia, la Compagnia fibre tessili vegetali d' Etiopia, la Compagnia italiana semi e frutti oleosi, la Compagnia italiana studî e allevamenti zootecnici, la Compagnia per le pelli gregge d'Etiopia, la Compagnia per le essenze legnose d'Etiopia, la Compagnia nazionale imprese elettriche d' Etiopia e la già citata COMINA.
Il traffico interno si effettuava a mezzo di mercati, situati in località particolarmente favorite come nodi stradali o punti di convergenza naturale; dopo l'occupazione italiana essi si sono in genere considerevolmente ravvivati. Tiene il primato il mercato di Addis Abeba. Tra i più importanti si citano inoltre quelli di Adua, Gondar, Socota, Cobbò e Dessiè nell'Etiopia settentrionale, quelli di Ancober e Debra Brehan nello Scioa, quelli di Sardò e Divita nell'Aussa, quelli di Lechemti, Gore, Gambela, Gimma nell'ovest, quelli di Irgalem, Burgi, Iavello, Neghelli nel sud, quelli di Magalo e Ghigner negli Arussi, quelli di Dire Daua, Harar e Giggiga nell'Hararino, quelli di Lugh, Bardera, Baidoa in Somalia, ecc. È probabile che la creazione della nuova rete di strade automobilistiche sposterà taluni mercati, e accrescerà l'importanza di quelli che si trovano sulle arterie principali.
Quanto al commercio estero, si calcolava che negli ultimi anni prima dell'occupazione italiana circa il 75% si effettuasse per la via di Gibuti (il restante era ripartito per il 15% verso l'Eritrea, per l'8% circa verso il Sudan, il 2% verso la Somalia Britannica, la Somalia Italiana, il Kenya). Il traffico di Gibuti può pertanto fornire un'idea del commercio etiopico; alcuni dati di esso, per le merci principali, sono esposti nella seguente tabella:
Dopo l'occupazione italiana è prevedibile un incremento del traffico verso Massaua, del quale si veggono già chiari segni, e, poi, l'avviamento di correnti verso Assab, e dal sud verso Mogadiscio e gli sbocchi della Somalia meridionale. Per i trasporti automobilistici pubblici e per i servizî alberghieri si sono costituiti appositi enti per iniziativa degl'istituti metropolitani ENIT e CIT.
d) Colonizzazione. - Le possibilità di effettuare su una parte dell'Africa Orientale Italiana una colonizzazione demografica sembrano sempre meglio concretarsi, in base alle indagini sulle condizioni igienico-sanitarie e ai risultati delle campagne militari. Le zone situate fra 1500 e 2500 metri sono quelle che più si prestano, pur variando le condizioni a seconda della latitudine, delle caratteristiche climatiche, ecc. Gli studî fatti presso il Ministero dell'Africa Italiana prevedono varî tipi di colonizzazione. 1. Anzitutto una colonizzazione effettuata a mezzo di un organismo speciale (simile all'Ente per la colonizzazione della Cirenaica) con la creazione di villaggi agricoli italiani in regioni opportunamente scelte ed esclusivamente riservate ai Bianchi; 2. concessioni di proprietà di piccola e media estensione a coloni provvisti di modesto capitale, delle quali si hanno già taluni esempî (Asba Littoria; Olettà); 3. grandi concessioni affidate a società a forma corporativa, in zone dove le condizioni climatiche non consentono lo stanziamento permanente di numerosi Europei; 4. concessione di terreni per coltivazioni industriali da effettuarsi in associazione con gl'indigeni; 5. aiuto e sorveglianza ai contadini indigeni per mezzo di servizî tecnici appositamente organizzati con personale italiano.
e) Piano sessennale di avvaloramento economico. - Conclusione. - Il decr. legge 21 giugno 1937 prevede il coordinamento di tutti gli sforzi dello stato per la prima attrezzatura economica dell'Impero in un piano sessennale, con lo stanziamento di 12 miliardi devoluti ad opere pubbliche straordinarie. Di essi circa 7.730.000 per opere stradali, 670 milioni per opere portuali, 1.900.000 per opere edilizie, 490 milioni per opere militari, 550 milioni per opere igieniche, il resto per opere minerarie, idrauliche e idroelettriche, di colonizzazione agraria e di bonifica, per impianti telegrafici, ecc.
La finalità suprema è quella di raggiungere l'autonomia economica dell'Impero attraverso il funzionamento di organi corporativi e di attuare le maggiori possibilità nel senso d'una integrazione delle più urgenti necessità della madrepatria in materie prime.
Ordinamento.
Governo e amministrazione. - L'Africa Orientale Italiana risulta dalla fusione delle due preesistenti colonie dell'Eritrea e della Somalia italiana con l'impero d'Etiopia, stabilita subito dopo la fuga del negus da Addis Abeba e l'occupazione di questa città da parte delle forze italiane, previo solenne annunzio datone al popolo dal Duce, dal r. decr. 9 maggio 1936, n. 754, poi convertiti nella legge 18 maggio 1936, n. 867 e dal decreto 1° giugno 1936, n. 1019, poi convertito in legge 11 gennaio 1937, n. 285. Però, entrando a far parte della nuova colonia, tanto l'Eritrea, quanto la Somalia si sono accresciute di territorî prima etiopici: l'Eritrea, del territorio del Tigrè compreso fra la linea Mareb-Belesa-Muna e la linea Tacazzé-Tsellarí-lago Ascianghi e di quello della Dancalia, dal bassopiano a est del lago Ascianghi al limite meridionale dell'Aussa, e la Somalia del territorio degli Ogaden, compreso tra la frontiera della Somalia Britannica, il fiume Dacata, l'Uebi Gestro, il Ganale Doria.
L'Africa Orientale Italiana costituisce una colonia composta di cinque colonie minori corrispondenti ai cinque governi nei quali è divisa; l'impero d'Etiopia non è una colonia, ma il raggruppamento storico-politico di tre colonie semplici (governi dell'Amara, dei Galla e Sidamo e dell'Harar) e di un territorio con organizzazione di tipo municipale (governatorato di Addis Abeba), che formano direttamente parte della colonia complessiva. A capo di questa è il governatore generale viceré d'Etiopia, che rappresenta il re imperatore e dipende direttamente dal ministro dell'Africa Italiana; ha un gabinetto e una segreteria particolare e sono ai suoi ordini il vicegovernatore generale, che lo coadiuva e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento, il capo di Stato maggiore, le direzioni superiori di governo e altri uffici. Presso il governo generale esistono il consiglio generale e la consulta per l'Africa Orientale, nonché altri corpi consultivi minori. L'ordinamento dei cinque governi nei quali è divisa l'A. O. è uniforme. A capo di ciascuno è un governatore, che dipende dal governatore generale, ma corrisponde direttamente col ministro, ha una segreteria particolare, ha alla sua dipendenza il segretario generale, il comandante delle truppe e le direzioni di governo ed è assistito da un consiglio di governo. Ogni governo gi divide in commissariati, residenze e viceresidenze; i capoluoghi di commissariato con popolazione superiore ai diecimila abitanti e i capoluoghi di governo possono essere sedi di municipî retti da podestà, che sono normalmente funzionarî dell'amministrazione coloniale.
Il governo dell'Eritrea, ha per capoluogo Asmara e comprende tutta l'antica Colonia Eritrea accresciuta del Tigrè e della massima parte della Dancalia; raccoglie pertanto la quasi totalità delle genti tigrine e dancale e possiede anche una sua individualità economica, come regione di convergenza degli sbocchi di un vasto retroterra verso il Mar Rosso. È diviso in dodici commissariati (Asmara, Massaua, Adi Ugri, Adi Caiè, Agordat, Cheren, Assab, Adua, Adigrat, Abbi Addi, Macallè e Homalà).
Il governo dell'Amara ha per capoluogo Gondar e raccoglie la massa delle popolazioni amariche di religione cristiana monofisita. È il territorio destinato ad accogliere la parte maggiore della colonizzazione italiana. È diviso in sei commissariati (Gondar, Debra Tabor, Debarech, Dessiè, Debra Marcos, Debra Brehan).
Il governo dell'Harar ha per capoluogo Harar e comprende l'Hararghiè, il paese Arussi e una striscia della Dancalia; raccoglie la massa principale delle popolazioni cuscitiche di religione islamica; comprende regioni che si prestano anche al popolamento italiano. È diviso in sette commissariati (Harar, Giggiga, Dire Daua, Asba Littoria, Tiggiò, Goba e Ghigner).
Il governo dei Galla e Sidamo, con capoluogo Gimma, comprende le regioni poste a sud dell'ansa dell'Abai e ad ovest della fossa dei laghi, abitate da genti cuscitiche (Galla e Sidamo) rimaste più pure e appartate, in parte ancora pagane. È diviso in 12 commissariati (Gimma, Iavello, Irgalem, Gardulla, Soddo, Anderaccià, Magi, Baco, Gore, Lechemti, Saio, Silti).
Il governo della Somalia con capoluogo Mogadiscio comprende l'antica colonia della Somalia, accresciuta dell'Ogaden e di parte del Bale, abbracciando tutti i territorî abitati da Somali. È diviso in nove commissariati (Mogadiscio, Chisimaio, Merca, Baidoa, Bulo Burti, Rocca Littorio, Gardò, Dolo, Gabredarre).
Forze armate. - Dopo la fine vittoriosa della guerra italo-etiopica, nel consiglio dei ministri del 12 settembre 1936 fu approvato l'ordinamento delle forze armate dell'Africa Orientale Italiana, i cui lineamenti si possono così sintetizzare: a) 1 Stato maggiore dal quale dipendono gl'ispettorati dell'artiglieria, del genio, delle Camicie nere e il direttore superiore dei servizî. b) 1 comando truppe del governatorato di Addis Abeba, alle dirette dipendenze del viceré; c) 5 comandi truppe dei governi dell'Eritrea (Asmara), dell'Amara (Gondar), dei Galla e Sidamo (Gimma), dell'Harar (Harar) e della Somalia (Mogadiscio); d) le truppe d'Africa (metropolitane), dipendenti o dal viceré o dai governatori; e) le truppe coloniali (indigene).
Fanno parte delle truppe del governatorato di Addis Abeba: 1 divisione "Granatieri di Savoia" (2 reggimenti fanteria, 1 reggimento artiglieria), 1 reparto speciale Camicie nere, 1 reggimento genio.
Le truppe dislocate nei cinque governi ammontano complessivamente a: 5 legioni Camicie nere, 7 compagnie di artiglieria (di presidio nei varî centri fortificati), 4 gruppi di artiglieria motorizzata, 2 batterie Camicie nere per la difesa costiera (Somalia ed Eritrea), reparti del genio, 16 brigate indigene, servizî.
I battaglioni che compongono le legioni camicie nere sono motorizzati (2 compagnie autocarrate, 1 compagnia autoblinde e 1 compagnia carri veloci). La brigata indigena è composta da 4 battaglioni (3 compagnie fucilieri e una compagnia mitraglieri), 1 batteria da 65/17 e 2 batterie mortai da 81, 1 compagnia genio; in alcune brigate uno dei battaglioni è sostituito da un gruppo di cavalleria su due squadroni.
In totale le forze terrestri dell'Africa Orientale Italiana ammontano a: 2500 ufficiali, 1600 sottufficiali, 21.000 nazionali e 43.000 indigeni.
Per la marina è stato istituito 1 Comando superiore navale del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano con sede a Mogadiscio dal quale dipendono le basi navali di Massaua ed Assab nel Mar Rosso e le basi eventuali di Hafun e di Chisimaio nell'Oceano Indiano. Il numero delle unità navali a disposizione del Comando superiore navale varia a seconda della situazione del momento.
Per l'aeronautica è stato istituito 1 Comando superiore dell'aviazione dell'Africa Orientale Italiana con sede ad Addis Abeba, dal quale dipende una massa di 300 apparecchi con 600 piloti.
Culti. - Chiesa copta. - Come si è detto (v. XIV, p. 485), uno dei canoni redatti in arabo e falsamente attribuiti al concilio di Nicea, ma accolti dalla chiesa copta, vieta l'elezione di un etiopico a metropolita e pone il katholikós degli Etiopici sotto la giurisdizione della cattedra di San Marco, cioè del patriarcato alessandrino copto (residente al Cairo). Ma tentativi per sottrarre l'Etiopia a questa soggezione religiosa vennero compiuti più volte. Il negus Giovanni IV ottenne dal patriarcato che, essendo l'Etiopia ingrandita, fossero nominati quattro vescovi; non è improbabile che egli aspirasse a ottenere che questi, a loro volta, fossero autorizzati a eleggere un vero e proprio patriarca, o almeno un metropolita nazionale. Ma ciò non avvenne; e di questi vescovi, uno, Matteo (Mattewos), rimasto fedele a Menelik da cui era stato inviato nello Scioa, divenne metropolita e prese parte al colpo di stato che sbalzò dal trono il līǵǵ Iyāsu, mentre un altro era nel campo del negus Mika'ēl. Morto Matteo, il 4 dicembre 1926, si manifestò nell'elemento modernista e nazionalista una forte tendenza mirante a ottenere che a capo della chiesa fosse nominato un etiopico: tendenza contrastata non solo, com'era naturale, dal patriarcato copto, ma anche da una parte del clero, tradizionalista. Il ras Tafari diede comunicazione al patriarcato copto della morte dell'abuna; ma le notizie che venivano dall'Etiopia sollevarono i sospetti del patriarcato, e così la nomina del nuovo abuna venne differita. Pertanto, nella cerimonia d'incoronazione di Tafari a negus, la corona, benedetta dall'ečagē, fu posta sul capo di Tafari dalla stessa imperatrice Zauditu. Non è senza significato che nello stesso torno di tempo il patriarcato greco-ortodosso di Alessandria nominasse un "vescovo degli aksumiti", che fu bene accolto in Addis Abeba, dove il 15 dicembre 1928 (ricorrendo la festa di S. Frumenzio) celebrò un solenne pontificale alla presenza dell'imperatrice e del reggente. Pochi giorni prima, gli stessi sovrani e l'ečagē Gabra Manfas Qeddus avevano partecipato alla cerimonia della benedizione e posa della prima pietra della chiesa armena di S. Giorgio in Addis Abeba. Accadeva cioè qualche cosa di simile a ciò che era avvenuto quando, sotto Giovanni IV e Menelik, ai tentativi di penetrazione russa in Abissinia si era dato un colorito religioso, asserendo un'inesistente colleganza tra la chiesa ortodossa russa e la chiesa etiopica.
Ma ben presto vennero iniziate con il patriarcato copto trattative, che nel maggio 1929 furono concluse con un accordo, in base al quale, mentre la nomina del metropolita rimaneva nelle mani del patriarca (ma doveva cadere su persona gradita agli Etiopici) si concedeva altresì l'elezione di cinque vescovi indigeni. Tra i quattro candidati proposti dal patriarca, la scelta cadde, di comune accordo, sull'arciprete o egumeno (gommoṣ) Sīdārūs el-Anṭūnī, che assunse come abuna il nome di Cirillo; il 1° giugno vennero altresì consacrati quattro vescovi, scelti fra gli ecclesiastici inviati a trattare con il patriarca, i quali assunsero i nomi di Abramo, Isacco, Michele e Pietro. Il quinto vescovo fu, col nome di Severo, lo stesso ečagē, il quale ricevette la consacrazione dal patriarca copto Giovanni, durante la visita da costui fatta in Addis Abeba, nel gennaio 1930. Intanto il governo italiano, fin dal giugno 1929, otteneva che fosse affermata l'indipendenza del clero copto della Colonia Eritrea dal metropolita etiopico; e il 21 settembre venivano ordinati al Cairo, presente il ministro d'Italia, 18 sacerdoti eritrei. Al cerimoniale per l'incoronazione del negus Tafari a imperatore (Ḫāyla Sellāsē) parteciparono i cinque vescovi, tra i quali l'ečagē Severo in qualità di vescovo, mentre i diritti del monastero di Debra Libānos vennero esercitati dal rettore di quel monastero.
Anche circa i conventi etiopici in Gerusalemme (Der es-Sulṭan e Debra Gannat) fu emanato dal reggente Tafari un editto, ufficialmente nell'anno etiopico 1918 (1925-26); ma l'editto sembra essere stato pubblicato soltanto dopo varî anni. La regola, approvata dal clero etiopico, sottoponeva i monaci alla giurisdizione dei loro superiori e del governo etiopico, con divieto di ricorrere ad altri giudici. I monaci nativi della Colonia Eritrea potevano, secondo questa regola, essere ricevuti nel convento, ma solo con l'autorizzazione del governo etiopico e quando il loro passaporto fosse stato vistato dal console etiopico ad Asmara; entrati in convento, diventavano sudditi etiopici ed era fatto loro divieto, per tutto il tempo della loro permanenza, di rivolgersi ai loro consoli.
Riflessi religiosi hanno anche i due bandi relativi agli usi funebri e alla commemorazione funebre (tarkār) emanati da Ḫāyla Sellāsē I nel 1933, in seguito alla morte della principessa Zannaba-Warq, figlia dell'imperatore e sposa del dağğazmac Ḫāyla Sellāsē figlio del ras Gugsā Ar'ayā. Vi s'imponeva, tra l'altro, di sostituire al banchetto commemorativo, il 40° giorno dopo la morte, un'elemosina.
La sovranità italiana è stata riconosciuta dal clero etiopico, a cominciare dall'abuna Cirillo. Questi nel giugno e luglio 1937 si recò in Italia; al ritorno, si trattenne in Egitto, dove volle rientrare in convento. Il 27 novembre 1937, prelati e dignitarî di tutte le chiese e conventi dell'Impero si riunivano in concilio ad Addis Abeba, per procedere alla riorganizzazione della chiesa. Il concilio decideva di eleggere un metropolita indigeno e di provvedere alle sedi episcopali rimaste vacanti; a metropolita veniva eletto l'abuna Abramo, già vescovo di Gondar; contemporaneamente si eleggevano altri quattro vescovi, tra cui Takla Hāymānot, che da poco era stato investito delle funzioni di ečagē. Il 1° dicembre il metropolita, i vescovi e il clero venivano ricevuti in udienza solenne dal viceré maresciallo Graziani, che approvò le nomine e ascoltò la lettura di un indirizzo esprimente la fedeltà del clero etiopico e la gratitudine sua e del popolo per l'avvenuta riorganizzazione della chiesa etiopica.
Chiesa cattolica. - La nuova organizzazione politica e amministrativa dell'Africa Orientale Italiana rendeva necessaria anche una nuova ripartizione delle giurisdizioni ecclesiastiche. Pertanto, con le misure adottate dalla Santa Sede il 25 marzo 1937, la gerarchia cattolica comprende: i vicariati apostolici di Addis Abeba, dell'Eritrea (residenza: Asmara), di Harar (già dei Galla), di Gimma (già prefettura apostolica del Kaffa) e di Mogadiscio; e le prefetture apostoliche, tutte di nuova istituzione, di Dessiè, di Gondar, di Neghelli e del Tigrè (residenza in Adigrat).
Finanze. - Secondo le disposizioni del r. decr. legge 1° giugno 1936, n. 1019, le entrate di bilancio dell'A. O. I. vengono classificate astraendo dalle divisioni territoriali, mentre le spese sono distinte per governi. Nello stabilire le previsioni per il 1937-38 e per il 1938-39 (per il 1936-37 si è provveduto con crediti straordinarî) si è tenuto conto dei preesistenti bilanci dell'Eritrea e della Somalia, oltre che della particolare situazione dei singoli territorî, nei quali un sistema fiscale razionale potrà organizzarsi solo gradualmente. Per le ferrovie è previsto un bilancio speciale. I servizî stradali sono stati affidati all'Azienda autonoma statale della strada.
La maggior parte dell'entrata ha carattere straordinario ed è data dal contributo dello stato; tra le entrate ordinarie il primo posto è tenuto poi dai diritti doganali e solo a grande distanza seguono i tributi diretti, i proventi postali e il gettito dei monopolî. Tra le spese (in milioni di lire) prevalgono di gran lunga quelle per i servizî militari.
Col r. decr. 2 luglio 1936, n. 1371, la lira fu dichiarata unica moneta a corso legale nell'A. O. I. Il tallero di Maria Teresa (contenente gr. 23,40 di argento fino, e coniato in Italia in seguito alla cessione da parte della zecca austriaca ottenuta nel 1935) avrebbe dovuto quindi ridursi da allora a semplice moneta di conto. In realtà però seguitò ad essere considerato intercambiabile con la lira e con successivi decreti ne fu stabilito il corso in L. 5, 8,50, 10,50, 13,50, e di nuovo 10,50 alla fine del 1937. Si era venuto così determinando un regime di doppia moneta e, dato il valore intrinseco del tallero oltre che le particolari caratteristiche dell'economia etiopica (baratto, tesaurizzazione, ecc.), il cambio della lira in talleri era divenuto sempre più sfavorevole per la prima (le quotazioni reali furono poi sempre superiori a quelle ufficiali). Il decr. min. 5 gennaio 1938, entrato in vigore il 7 febbraio, ha quindi provveduto a sganciare la lira dal tallero, facendo cessare le quotazioni di quest'ultimo. Si stima che alla fine del 1937 fossero in circolazione circa 50 milioni di talleri.
Alla cessata Banca di Etiopia si è sostituita, subito dopo l'occupazione, una filiale della Banca d'Italia in Addis Abeba. Altre filiali della stessa e del Banco di Roma sono state e saranno presto impiantate nei centri principali.
Ordinamento giudiziario. - L'ordinamento giudiziario dell'Eritrea, stabilito dal r. decreto 20 giugno 1935, n. 1649 e l'ordinamento giudiziario della Somalia stabilito dal decreto di pari data n. 1638, ora modificati in seguito all'inclusione delle due colonie nell'Africa Orientale Italiana, distinguono, rispetto alla determinazione delle autorità chiamate ad amministrare la giustizia, da un lato cittadini metropolitani e stranieri appartenenti a stati civili e dall'altro sudditi coloniali e assimilati; i primi sono, di regola, assoggettati al giudizio di organi dell'ordine giudiziario e i secondi, di regola, a quello dei capi indigeni, dei cadi (giudici musulmani) e delle autorità amministrative. Anche nelle altre parti dell'A. O. I., secondo il disposto del r. decreto 1° giugno 1936, n. 1019, l'esercizio della giustizia è affidato alla magistratura ordinaria e a quella militare, ai funzionarî politico-amministrativi, ai cadi e ai capi locali, con l'assistenza di assessori scelti fra i cittadini e i sudditi coloniali. Col r. decreto 21 agosto 1936, n. 2010, sono stati istituiti in Addis Abeba un tribunale civile e penale, uno dei cui giudici è incaricato di esercitare le funzioni di pretore, una Corte d'assise (altra Corte è stata creata in Harar) e una Corte d'appello che ha giurisdizione su tutta l'Africa Orientale Italiana.
Diritto. - Per il diritto vigente in A. O. I. v. colonia (App.).
Per i precedenti diritti dell'Etiopia v. etiopici, diritti (App.).
Bibl.: E. Migliorini, Elenco di scritti d'interesse geografico relativi all'A. O. I. pubblicati negli anni 1935 e 1936, in Boll. R. Soc. Geogr. Ital., 1937; C. Conti Rossini, Bibliografia etiopica (1927-giugno 1936), in Aevum, 1936; R. Ufficio geologico, Bibliografia geologica italiana per gli anni 1915-1933: Africa Orientale Italiana, Roma 1936; id., Bibliografia geologica italiana per l'anno 1934. Possedimenti e colonie, Roma 1936; A. Fantoli, Bibl. meteor. e geofisica dell'Impero etiopico, Eritrea e Somalia, Rass. econ. delle Colonie, 1936; C. Manetti, Il contributo ital. all'esplorazione e allo studio dell'Etiopia. Guida bibl. dell'Etiopia, Roma 1936.
R. Società Geografica Italiana, L'Africa Orientale, Bologna 1935 (in collaborazione Att. Mori, G. Dainelli, R. Almagià, C. Zoli); Istituto Centrale di statistica, VII Censimento generale della popolazione (21 aprile 1931), vol. V, Colonie e possedimenti, Roma 1935; C. Conti Rossini, Italia ed Etiopia dal trattato d'Uccialli alla battaglia di Adua, ivi 1935; C. Manetti, Etiopia economica, Firenze 1936; M. Visentini, Notizie idrografiche sull'A. O. I., ed. a cura del Ministero dei lavori pubblici. Servizio idrografico, Roma 1936; A. Pollera, Le popolazioni indigene dell'Eritrea, Bologna 1936; E. Cerulli, Studi etiopici, vol. I, La lingua e la storia di Harar, Roma 1936; G. Sottochiesa, La religione in Etiopia, Torino 1936; E. Ghersi, L'organizzazione politica dell'Etiopia, Padova 1937; L'Africa Orientale Italiana e il conflitto italo-etiopico, studi e documenti raccolti e ordinati da T. Sillani, 2ª ed., Roma 1936; C. Cesari, L'Abissinia nella vita e nella storia, Padova 1936; De Castro Lincoln, Etiopia, terra, uomini e cose, Milano 1936; A. Mori, Eritrea, Etiopia, Somalia, in Terra e Nazioni, ivi 1936; Angelo V. Pellegrineschi, Etiopia. Aspetti economici, Messina 1936; I. Baldrati, La colonizzazione bianca sull'altipiano etiopico, in I Georgofili, Firenze 1936; V. Rivera, Prospettive agricole dell'Impero Etiopico, Roma 1936; G. Pini, Problemi dell'Impero. Le vie di comunicazione, in Annali dei Lavori pubblici, 1936; V. Novarese e C. Crema, Conoscenze attuali sull'Etiopia, in Atti dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, 1937; C. Zoli, La conquista dell'Impero, Bologna 1937; L'Impero, scritti raccolti da T. Sillani, con prefazione di P. Badoglio (estr. dalla Rassegna italiana, ottobre-dicembre 1937).
Quanto di nuovo è contenuto nel paragrafo Geologia è dovuto agli studî eseguiti nel Tigrè da E. Mincci e da G. Merla (1936), nell'Amara dalla Missione Dainelli (1937), nell'Hararino dalla missione dell'A. G. I. P. (1936-37). Altre ricerche sono in corso, di cui non sono ancora noti i risultati. Cfr. G. Stefanini, Saggio di una carta geologica dell'Eritrea, della Somalia e dell'Etiopia (A.O.I.) alla scala di 1 : 200.000 (2ª ed.), a cura del Consiglio naz. delle ricerche, Com. naz. per la geologia, Firenze 1936; G. Dainelli, Le condizioni fisiche dell'Africa Orientale, in R. Soc. geogr. ital., L'Africa Orientale, Bologna 1935; G. Merla, Il rilevamento geologico del Tigrai, in Atti del III Congresso Studî coloniali, Firenze 1937; M. Gortani e A. Bianchi, Osservazioni geologiche e petrografiche nella regione di Harrar, in Boll. Soc. geol. it., LVI, Roma 1937.
V. inoltre Atti del II Congresso di Studi coloniali, Firenze 1936, nella Rassegna economica dell'Africa Italiana (già Rass. econ. delle colonie) che dal 1937 è l'organo ufficiale delle Consulte tecnico-corporative e dei Consigli coloniali dell'Economia corporativa, e nel periodico Materie prime d'Italia e dell'Impero.
Carte. - Non si possono menzionare qui le levate parziali fatte durante la guerra italo-etipica né i rilievi aerofotogrammetrici. V.: R. Bianchi d'Espinosa, La cartografia in Africa Orientale, in Boll. R. Soc. geogr. ital., 1936. Tra le carte generali: Ist. Geogr. Militare, Carta dell'Africa Orientale 1 : 1 milione in 8 fogli (tipo della carta internazionale al milionesimo); id., Africa Orientale 1 : 3 milioni (un foglio); Touring Club Italiano, Africa Orientale italiana in 37 fogli alla scala 1 : 1.000.000; Ministero delle Colonie, Servizio cartografico, Africa Orientale, Carta dimostrativa fisico-politica di A. Dardano, scala 1 : 2.000.000 in 4 fogli; Carte internat. du monde au 1.000.000, Fogli Nord A 36, 37; B 36; C 36; Sud A 36, 37; Touring Club Italiano, Africa Orient. Italiana, 1 : 5 milioni.